Ci proviamo. Senza tesserini da allenatore in tasca né diplomi ottenuti a Coverciano. Ci proviamo perché a pallone ci abbiamo giocato (tanto) e di pallone ne abbiamo visto (troppo) per non tentare un’analisi sui motivi per i quali la Juventus non ha ancora ufficialmente vinto questo anomalo campionato, nel quale le avversarie si sono di volta in volta autoeliminate.
Ieri sera sembrava tutto pronto: il pareggio dell’Inter consentiva alla Juve di poter vincere matematicamente lo scudetto, bastava uscire dal Friuli con in tre punti in saccoccia. E invece? Niente, nada, nil: solita Juve. In tanti pensavano che Sarri avrebbe potuto migliorare il gioco di Allegri, nessuno riteneva possibile peggiorarlo. Il vate di Figline è riuscito, ad oggi, in questa mission impossible. Vincerà, perché vincerà, ma per demeriti altrui, non certo per meriti propri. E questo, per la Juventus, è uno smacco esiziale.

Modulo
Nei tre anni partenopei, Sarri ha giocato con un 4-3-3 che ha incantato l’Italia e l’Europa. “Era una squadra simmetrica, a differenza della Juventus”, si è subito giustificato il mister bianconero, quando gli hanno fatto notare che di quel gioco sublime e spumeggiante non ci fosse traccia nella Juve di Dybala e CR7. Va, però, considerato che il calcio espresso a Napoli è stato un unicum, visto che sia prima, quando allenava l’Empoli, che dopo, quando ha vinto una Europa League con il Chelsea, Sarri non ha mai impostato la propria squadra in maniera simile a quel Napoli: ad Empoli giocava col trequartista dietro due punte, a Londra aveva Hazard che giocava in maniera opposta a Insigne e Callejon e non aveva un giocatore capace di interpretare le due fasi come Hamsik.
Nella Juventus ha tentato tante strade: 4-3-3, poi tre quartista, persino 4-4-2. Alla fine è giunto a tre giornate dalla fine e ancora non è riuscito a dare una fisionomia alla sua squadra.

Tattica
Qual è la tattica di questa Juve? Palleggio e possesso palla? Oppure rapide verticalizzazioni? Imbucate centrali o gioco sulle fasce? Tutto e niente, verrebbe da dire. Di per sé non sarebbe un problema: saper cambiare tattica in base alle esigenze della partita o della stagione è certamente un punto di forza. Il problema è che la Juve non decide quando cambiare tattica, lo fa autonomamente… e spesso sbaglia. E’ come se a un certo punto la squadra smettesse di seguire il canovaccio stabilito prima della partita e cominciasse a lavorare d’istinto. Per carità, quando hai fuoriclasse come Cristiano Ronaldo, Dybala, Douglas Costa e Higuain in attacco, puoi permetterti di abbandonarti al loro istinto. In Italia, però: oltre le Alpi, l’istinto può non bastare più. E allora che si fa?

Atletica
La Juventus corre poco. Secondo le statistiche della Lega Serie A, c’è un solo juventino nella top 15 dei chilometri percorsi in media a partita: Miralem Pjanic. Gli interisti, per fare un esempio, sono tre. Se allarghiamo il discorso alla top 30, a Pjanic dobbiamo aggiungere il solo Rodrigo Bentancur. Il deludente Napoli di questa stagione ne ha tre. L’Atalanta ha nove giocatori che corrono più di 10 km a partita di media, la Juventus sette. A ciò si aggiunga che l’Atalanta corre meglio: ha ben quattro giocatori nella top 30 dei palloni recuperati, la Juventus ha il solo De Ligt. La Dea ha portato 1990 attacchi alla porta avversaria, la Vecchia Signora - che pure può vantare un attacco di soli fuoriclasse – ne ha portati 1842: centocinquanta in meno, una media di oltre quattro in meno a partita. Il Napoli, che ha solo sei giocatori oltre i 10 chilometri di media a partita, ha prodotto circa cento attacchi in più rispetto ai bianconeri.
Concludendo, la Juve corre poco e, quando corre quanto gli avversari, recupera meno palloni, vince meno contrasti e attacca meno la porta avversaria.

Soluzioni?
Ci avventuriamo alla ricerca di soluzioni per le problematiche analizzate, specificando una volta di più che non abbiamo patentini da mostrare né esperienze di calcio ad alti livelli. Siamo appassionati calciofili e stamane, peccando d’immodestia, tentiamo di dire la nostra sull’argomento principale dibattuto dagli sportivi italiani dopo la sconfitta bianconera in quel di Udine.

Modulo: questa Juve, con questi uomini, non può fare un 4-3-3 spumeggiante senza investire sulle “catene”. Se non su entrambe, almeno su una delle due. Se non si vuole discutere l’attacco, allora bisogna discutere mezzali e terzini. Visto che l’anno prossimo Higuain non ci sarà, bisognerà pensare anche a un acquisto in attacco. Serve uno che non abbia bisogno di toccare troppo la palla: tra Dybala, Cristiano Ronaldo e Douglas Costa, ce ne sono già troppi.

Tattica: la Juve vincerà lo scudetto, ma il vero obiettivo rimane la Champions. E in Champions si vince decidendo una tattica precisa: il Barcelona del tiki taka, il Liverpool del gegenpressing e delle verticalizzazioni rapide, i compassati Bayern Monaco e Real Madrid. Sarri decida quale modello sia più aderente alla sua Juventus, hic et nunc. Il futuro è oggi. Per il domani, la tattica sarà una conseguenza del modulo scelto e del calciomercato prossimo venturo. O almeno lo vogliamo sperare: altrimenti i problemi palesatisi in questa stagione ritorneranno prepotentemente nella prossima.

Atletica: bisogna capire se i calciatori bianconeri non possano o non vogliano correre di più. Se il sacrificio atletico non è contemplato nelle loro teste o nei loro muscoli. Di sicuro, non è possibile continuare così: la scelta del modulo e della tattica devono tener conto soprattutto dell’aspetto atletico, visto che quello tecnico è fuori discussione in quanto la Juventus è indubbiamente una squadra zeppa di gente che sa giocare col pallone tra i piedi.