La memoria è uno dei problemi più grandi che abbiamo.
La stessa memoria della nostra storia viene spesso ridotta ad un teatrino politico nel quale confluiscono discorsi e tematiche confuse e prive di ogni logica. Il tutto naturalmente, per confondere, e consegnare ad ogni costo l'aureola di non colpevolezza che taluni cercano di ottenere basandosi su analogie non confacenti a ritratti storici e sociali  rispondenti alla vera  scena dei fatti  realmente avvenuti.
Avviene di frequente che, parlando di deportazioni e di Ebrei, ci si imbatta in considerazioni storiche sul comunismo, e gli stermini fatti nei Gulag sovietici.
Per prima cosa, uno sterminio, non giustifica l'altro. Quando l'uomo uccide un altro uomo, con metodologia e prassi politica, commette un'atrocità senza appello. E questo riguarda sia i campi di concentramento Nazi-fascisti, che i Gulag sovietici. Se Hitler e tutti coloro che lo seguivano in questa barbarie erano assassini senza alcuna remora morale, altrettanto si può dire di Stalin e dei suoi accoliti.
Ma ci sono differenze! In primo luogo di carattere geografico e di proporzione sociale. 

I fatti avvenuti in Unione Sovietica, sono avvenuti in un luogo lontano da noi, e non ci partecipammo con la nostra storia, e nemmeno fummo attivamente implicati. Era una situazione che il popolo sovietico subìva e che ci lasciava, purtroppo, testimoni inerti e senza possibilità di alcun intervento. Testimoni poi, nemmeno troppo. Le atrocità commesse dal regime di Stalin le abbiamo conosciute con ampio ritardo. Quindi spesso si confonde la storia con la geografia.
Il Nazismo e il Fascismo sono state invece piaghe attive della nostra storia. E non solo ne siamo stati testimoni, ma ne siamo stati protagonisti, sia nel bene che nel male.
La senatrice Segre raccontava nella trasmissione andata in onda Venerdì 27 c.m. che insieme ai militari tedeschi c'erano anche tanti italiani, tutti votati alla distruzione di un popolo e di "persone". Si trattava dei "Repubblichini", fascisti senza alcuna volontà di ammettere che il regime stava crollando, e che compivano i loro atti di persecuzione contro i semiti, in  forza della loro superiorità "ariana". Il prototipo di ariano, nella nostra immaginazione, si può riferire a chi è alto, biondo e magari ha gli occhi azzurri. Questi italiani piccoli, bassi e tutti scuri non si capiva che avevano di ariano. Ma l'ideologia perversava, e la capacità di picchiare e ridurre in schiavitù uomini, donne e bambini era per loro un dovere di fedeltà ai "valori" del Fascismo. 
Nel binario 21 della stazione di Milano venivano caricati a forza centinaia di persone, non tutte ebree, perché tra loro c'erano anche italiani che avevano voluto ribellarsi a quelle idee perverse, gitani, omosessuali e disabili. Sì, perché anche la disabilità era un aspetto da combattere con la purificazione della "razza"! 
Ma quel che è peggio, è la coscienza della spoliazione dei beni di tutti gli ebrei. Gli ebrei erano benestanti, possedevano denaro, oro, pietre preziose ed altre ricchezze. Bisognava prendergli tutto. Persino i denti d'oro! Quindi oltre che assassini, questi sciacalli si  possono definire  anche ladri.
E qui era più facile che rubare le caramelle ad un bambino. Anzi, li si usava (i bambini) per estorcere di più, per fare consegnare le cose che avevano addosso, prima che venissero spogliati nei campi di concentramento. Questi deportati, al momento dell'arresto, cercavano di portare con sé tutti i valori che potevano mettere via, nasconendoli nei vestiti, o camuffandoli negli abiti dei bambini. Ma venivano perquisiti, e poi dopo la loro deportazione dalle abitazioni, queste venivano trafugate e spesso occupate per uso personale.
Molti venivano imprigionati nelle carceri di Milano, a San Vittore, dove venivano rinchiusi in celle anguste, sepatare dai carcerati comuni. Ed i carcerati erano gli unici che cercavano di dare conforto e umanità a queste persone, sapendo che erano lì senza un'accusa vera. Solo la colpa di essere nati. Le celle che adoperavano erano senza un bagno, solo un secchio per i bisogni. Lavarsi non se ne parlava. Quando venivano caricati sui treni, in vagoni angusti e destinati al bestiame, venivano condotti con botte, calci, sputi e non facevano distinzione tra adulti, vecchi o bambini. E spesso, chi si ribellava o solo si attardava, veniva ucciso. Anche in quelle carrozze, buie e senza comodità, compreso i letti, c'era sempre il secchio. 
Quando arrivavano al campo di concentramento, dopo una settimana di viaggio allucinante, venivano separati. Chi andava subito a morire e chi andava a lavorare nelle fabbriche di armi ed utensili vari, utili per la guerra del "Führer". 
Prima di essere condotti alle camere a gas, venivano denudati, come se andassero a fare la doccia. Gli prendevano tutto, dagli abiti ai capelli quindi, prima di mettere i cadaveri nei forni crematori, recuperavano anche i denti d'oro! 

Sono stato ad Auschwitz, oggi si chiama Oswieçim, come Birchenau, oggi Brzezinka.
Si trovano a pochi chilometri da Cracovia, bellissima città della Polonia. Auschwitz e Birchenau distano tra loro solo tre chilometri. Quel famoso arco in metallo con la scritta "Arbeit macht frei" ti dà il benvenuto nel luogo degli orrori. Il lavoro rende liberi!
Chi? Quelli morti a milioni per la pazzia dell'uomo? Ci sono ancora i fili spinati, ed in alcune teche si raccolgono capelli, abiti, e tante scarpe, comprese quelle che erano nei piedi di tanti bambini. A quella vista il cuore si stringe, e non sai dove girarti per trattenere le lacrime.
Su di un tavolo c'erano le creme di bellezza ed idratanti, che le povere donne portavano con loro, pensando alla cura personale, senza immaginare la brevità del loro passaggio.
Poi ho visitato la cella di Massimiliano Kolbe. Era piccola, ed a malapena si poteva stare sdraiati. Padre Kolbe era finito nel campo di concentramento a causa delle sue attività caritative, tra le quali l'aiuto ai deboli ed agli ebrei, molti di costoro massacrati nel ghetto di Varsavia. Si offrì di pagare le colpe di un padre di famiglia, destinato a morire nella camera della fame e della sete. Padre Kolbe, con le sue preghiere, resisteva, tra mille sofferenze, e non riusciva a morire, così dopo qualche tempo i Nazisti lo "freddarono" con un colpo di pistola alla testa. 
Fu anche istruttiva la visita a Birchenau, che a differenza di Auschwitz, regolare e ben costruita, era più spaziosa ed ancora da finire di costruire. Probabilmente l'arrivo dei russi frenò l'ascesa del campo di sterminio, prima che si estendesse a dismisura. C'era ancora la ferrovia, i binari con sopra alcune carrozze, e tre fabbricati enormi, adibiti ad alloggio dei prigionieri. All'interno c'erano letti a castello, a tre piani. E ci dissero che il "piano" più ambito era il più in alto. Questo perché nelle condizioni in cui stavano i prigionieri, malnutriti, infreddoliti, malati e con grossi problemi intestinali, chi dormiva di sotto era in una situazione che lascio immaginare. 

Da quel binario 21 della stazione di Milano, partirono più di seicento persone, delle quali solo ventidue tornarono a casa. In che condizioni è difficile dirlo. Pensate che quando quelle persone furono liberate, dovettero inghiottire il cibo poco alla volta, altrimenti rischiavano di morire per congestione. Molte donne dopo due anni avevano di nuovo avuto le mestruazioni, che per debolezza fisica e mentale si erano bloccate.
Ma la cosa più difficile fu fare capire agli altri cosa era successo. La stessa Segre diceva che al ritorno era ingrassata e si era anche imbruttita, e quando i parenti la rintracciarono... non le chiesero cosa aveva passato, ma perché era diventata grassa! Per decenni non tentò neanche di parlare di quello che aveva passato. Tanto nessuno le credeva, e nessuno sembrava volesse saperlo. Come se così la vergogna si potesse cancellare, perché ogni popolo è protagonista della sua storia.
Il Fascismo non si era eradicato per volontà divina, ma aveva lungamente goduto di un ampio consenso popolare. Sappiamo che il potere al Nord fu preso con la forza, picchiando ed uccidendo chi non si sottometteva al regime, ma al sud fu un plebiscito. E tra i principali sostenitori del fascismo c'erano le mafie e le logge massoniche. 

Ci sono tante storie che si possono raccontare di quegli anni, tra le quali quella raccontata da un sessantenne, invitato in una scuola superiore per spiegare cosa era la deportazione. Naturalmente era un testimone indiretto degli avvenimenti.  
Di origine ebrea, i suoi racconti provengono dai racconti dei suoi genitori, nonni e zii, naturalmente di chi si era salvato.
Tra le tante cose raccontate, viene alla luce il comportamento di un podestà, praticamente un prefetto fascista dell'epoca. Il suddetto podestà, come si arrivò all'8 settembre 1943, subodorando quanto stesse per avvenire, andò a bussare di notte alla porta della famiglia di quel testimone.
Quando gli aprirono disse loro: "E' arrivato l'ordine di imprigionare tutti gli ebrei, fate presto, scappate!".
Così quasi tutta la famiglia si salvò, ma raccontare le vicissitudini di quel racconto impiegherebbe troppo tempo, rimane però il ricordo di una persona, che seppure stesse con i cattivi, era profondamente buona.
Il mondo lo salveranno i giusti!