Storie di calcio - III stagione - II episodio

'Gianni Rivera era il mio idolo. A Perugia mio papà gestiva un bar che era anche la sede di un Milan Club, squadra dove da ragazzino sognavo di giocare'.
Per anni ha vestito la maglia della Fiorentina diventando un simbolo indimenticabile, ma anche invincibile. Il calcio italiano ebbe l'onore di conoscere un grande protagonista che ha vissuto due infortuni gravi e un rimpianto dolorante: lo scudetto e il mondiale.

Nella seconda puntata della terza stagione di "Storie di calcio", ho il piacere di raccontare la storia di Giancarlo Antognoni 'Il ragazzo che gioca guardando le stelle'. 
Nato il primo aprile del 1954 a Marsciano in provincia di Perugia, il giovane è cresciuto nel mito di Gianni Rivera. A soli quindici anni viene acquistato dal Torino dove riesce solamente a giocare un'amichevole prima di trasferirsi all'Asti MaCoBi, in Serie D.
Un giorno la Fiorentina, capitanata dal presidente Ugolino Ugolini, decise a tutti i costi di acquistare questo giovane promettente per una bellezza di 435 milioni di lire. A soli diciotto anni esordisce in Serie A nella partita vinta contro il Verona, indossando la maglia numero otto. Il giorno dopo, il Corriere dello Sport elogia la prestazione di Antognoni definendolo "un giovanissimo Rivera" autore di un buon primo tempo.
Per decenni ha indossato la fascia da capitano e divenne il leader di una rosa giovanile e nel 1975 vinse la Coppa Italia e la Coppa di Lega Italo-Inglese contro il West Ham.
Negli ottanta, i Pontello riportarono i Viola a competere nello scudetto, sfiorando il titolo durante l'annata 1981-82 quando, all'ultima partita, la Fiorentina pareggiò contro il Cagliari e la Juventus vinse a Catanzaro con la rete di Liam Brady. I bianconeri conquistarono la seconda stella, mentre i Viola pagano a caro prezzo il grave infortunio di Antognoni e l'amarezza si fa sentire ancora nei nostri giorni:
"Quel campionato perduto grida ancora vendetta. Arrivammo a un punto dalla Juve: all'ultima giornata a Cagliari ci annullarono un gol regolare di Graziani, mentre la Juve vinse a Catanzaro con un rigore, che c'era... Forse non doveva finire con uno spareggio perché c'era il Mondiale che incombeva e in nazionale eravamo in cinque della Fiorentina e in sette-otto della Juve."

Già, quei maledetti infortunii. Il 22 novembre del 1981, il centrocampista ebbe uno scontro di gioco con il portiere del Genoa Silvano Martina. L'esito era sconcertante: riportò una frattura alle ossa craniche e una temporanea interruzione del battito cardiaco. Il pronto intervento del medico sociale dei rossoblù Pierluigi Gatto e il massaggiatore dei viola Ennio Raveggi, aiutarono il giovane a riattivare le funzioni respiratorie e il battito del giocatore.
Tre anni più tardi, avviene lo stesso infortunio, questa volta nel match contro la Sampdoria. Giancarlo si scontrò con Luca Pellegrini dei blucerchiati. Il centrocampista riportò la frattura scomposta di tibia e perone della gamba destra e ad allontanarlo per molti mesi dai rettangoli di gioco. Saltò così l'intera stagione 1984-85, tornando soltanto a novembre.
Con la Fiorentina ha disputato quindici stagioni, ottenendo trecentoquarantuno presenze e sessantuno goal fatti, conquistando solamente due trofei. Si trasferisce agli svizzeri del Losanna dove vi rimase per due annate.

Il 25 aprile 1989 annunciò così l'addio al calcio giocato. Alla sua gara di addio, che si giocò in uno stadio Comunale (perchè era in fase di ristrutturazione per i mondiali italiani del 1990), quaranta mila tifosi salutarono il grande Antognoni, ai quali la bandiera viola regalò un giro di campo.
Anche con la nazionale si è rivelato un vero protagonista. Partecipò ai mondiali argentini del 1978 e agli Europei del 1980, dove gli Azzurri chiusero entrambe le rispettive manifestazioni al quarto posto. Nel 1982 disputò anche la rassegna mondiale in Spagna e l'Italia si laurea campione del mondo per la terza volta della sua storia. Antognoni nella partita contro il Brasile segnò la rete del quattro a due, poi annullata per un fuorigioco inesistente. 
Nella semifinale contro la Polonia, Matysik commette un fallo al centrocampista azzurro, costringendolo a saltare la finale vittoriosa contro la Germania Ovest. Un'altro rimpianto per il povero Giancarlo che un giorno dirà:
"A parte quella partita di Cagliari che ci costò lo scudetto, la finale del Mundial spagnolo che non mi fu possibile giocare, quella volta mi girarono parecchio le scatole. Vidi Italia-Germania dalla tribuna stampa."

In seguito ha ricoperto alcune cariche dirigenziali della Fiorentina e della Federcalcio. Assunse insieme a Luciano Chiarugi la panchina dei Viola sul finire dell'annata 1992-93, che coincide con la drammatica retrocessione in Serie B dopo oltre mezzo secolo.
Nel 2001 all'indomani dell'esonero di Fatih Terim, Antognoni entrò in contrasto con il presidente dei Viola Vittorio Cecchi Gori: "Ero molto legato all'allenatore turco e quando apparve chiaro che lui sarebbe andato ad allenare il Milan, dissi al numero uno del club:  se va via Terim vado via anch'io".
Mi rispose:
"Prego".
Tornato alla Fiorentina come club manager, mantenne l'incarico fino al 2021 a causa di alcune divergenze con la società della Viola.
Un centrocampista che a Firenze non ha vinto quasi nulla. Sognava di giocare la Coppa dei Campioni e il mundial 1982. Purtroppo questi sogni si sono frantumati, ma Antognoni ha saputo scrivere un capitolo affascinante della sua carriera, con una città che lo ha adottato e oggi rimane ancora una leggenda del calcio italiano:
"A distanza di tanti anni, ogni giorno qualcuno si complimenta con me per quella scelta. Purtroppo con la Fiorentina ho vinto troppo poco, ma l’affetto di un’intera città non mi ha mai abbandonato. Poche vittorie sul campo, ma una, forse più grande, al di fuori. La gratitudine nella vita è importante. Ti torna indietro, solo se sei entrato nel cuore della gente. L’acquisisci negli anni, non la puoi comprare una volta per tutte." 

Un abbraccio Pasqui