Un campionato da tramandare ai posteri, quest'ultimo.

C'era riuscita soltanto la grande guerra a fermare il calcio, ma la ripresa non è stata meno memorabile del lungo stop, riservandoci non soltanto partite tecnicamente surreali ma anche uno show-biz che privato del suo roboante contorno, ha mostrato il suo volto più umano, confidenziale. "Casareccio", direi.

Atterrando bruscamente sul manto erboso, nulla di troppo appassionante. Il po' di rumore che fa una Juve di nuovo tricolore ma arrugginita come non mai lungo questo suo aureo decennio e divenuto terremoto dopo l'addio alla champions. E poi i mal di pancia di Conte che non riesce a digerir troppo bene i menu sotto i 100 euro, il magico inverno di una Lazio discioltasi alle sollecitazioni estive di una rosa inadeguata per resistere in vetta e infine il colorito... "rigore" usato per punire mani innocenti colpevoli di trovarsi dove natura vuole alla inevitabile mercè di fatali carambole.

Eppure, tra le pieghe di un campionato tanto modesto, i cui ritmi consentono ai "vecchi" Ibra, Ribery, Dzeko e Leiva di fregiarsi del grado di autentici uomini squadra, qualcosa di cui rallegrarci l'abbiamo pur vista. Realtà da applaudire, che la classifica non premia quanto dovrebbe ma alle quali vogliamo regalare l'ebbrezza di un podio ideale.

Un podio sul quale non c'e' posto per la Lazio di Inzaghi. Nonostante la grande cavalcata d' inverno, la sua Lazio è troppo ancorata ad un calcio "basso", verticale. Ad un calcio che conta sulle seconde palle, che ignora pressing e possesso, ma un squadra di cui va esaltata la tenacia, la classe cristallina dei suoi campioni e di cui va celebrato il proprio (euro)re dei bomber, quel Ciro nazionale entrato a pieno titolo nella storia del nostro calcio.

E' stata l'Atalanta di Gasp la vera regina del campionato. Nulla di cui stupirsi in tal caso. A Bergamo sanno fare calcio e Gasp è bravo. Il più bravo di tutti. Che sia riuscito a confermare la sua "Dea" a livelli siderali, non può sorprendere. E' conseguenza del calcio che insegna ad una truppa arruolata su misura. Un calcio di stile europeo, corale, dai ritmi forsennati, che ha nella ferocia del pressing, nel continuo movimento senza palla e nel conseguente possesso, principi imprescindibili di uno spartito recitato a memoria.

Al Sassuolo il gradino d'onore.

Di De Zerbi si è sempre parlato bene e sin dai suoi esordi nelle categorie inferiori. Un tecnico che ha fatto la gavetta vera, arrivato al grande calcio perché qualche volta applicazione e talento premiano. Un' annata che lo ha definitivamente consacrato e non è difficile immaginarlo presto sulla panchina di un top club. Gioca bene il suo Sassuolo, ti prende alla gola con un pressing ben organizzato e soprattutto ti accerchia con un possesso di grande qualità pur senza disporre di tutti i piedi educati di cui necessiterebbe questa filosofia.

C'e' un po' di Gasp anche sul terzo gradino del podio riservato al suo luogotenente in campo. Ivan Juric ha plasmato il suo Verona ispirandosi al suo maestro. Feroce in fase di non possesso nel portare un pressing altissimo che impedisce ogni comoda trama avversaria, gli scaligeri giocano un calcio corale, senza punti di riferimento in avanti, creando densità propositiva in mezzo al campo. Una salvezza in carrozza e tanto di cappello al suo Mister.

In chiusura crediamo che meriti un cenno Pioli. Un tecnico preparato che ha saputo ridare gioco e dignità ad un Milan allo sbando.