Il nuovo regolamento degli “agenti sportivi” italiani


La stagione italiana 2017/2018 è stata all’insegna delle novità, una stagione caratterizzata dall'introduzione del VAR e dall'eliminazione della pausa natalizia: quello che non è cambiato è che la Juventus è meritatamente campionessa per la settima volta consecutiva.

A livello di novità, a fine dicembre è stata approvata la Legge di Stabilità, (legge 27 dicembre 2017 n. 205), che ha introdotto importanti riforme per il calcio italiano, come la nuova distribuzione dei diritti televisivi. All'art. 373 della suddetta legge, il regime degli intermediari italiani è stato modificato, stabilendo un nuovo esame per i candidati, diversamente da quanto stipulato nel 2015, anno in cui venne proclamata la deregulation della professione, che consentiva a tutti di ottenere il titolo con il pagamento di 500 € (vedi Wanda Nara). La nuova riforma per essere intermediario è stata recentemente implementata attraverso il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri approvato il 13 aprile 2018 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 maggio 2018[1]

Innanzitutto, quando si producono delle riforme di un sistema come quello calcistico, è logico aspettarsi che la modifica consista in qualcosa di nuovo, qualcosa al passo con i tempi, altrimenti non sarebbe una riforma. Tuttavia, già dal titolo del decreto (“Istituzione del Registro Nazionale degli agenti sportivi”), si notano differenze sostanziali con quanto richiesto dalla FIFA e con gli altri ordinamenti sportivi europei: per esempio, perché il termine "intermediario" non viene mai utilizzato nel decreto?
In questo nuovo testo legislativo infatti gli "intermediari" così come riconosciuti nella maggior parte dei paesi europei (Premier League, Liga...) e come richiesto dalla FIFA, sono definiti "agenti sportivi". Purtroppo nemmeno nell'ultimo regolamento italiano del 2015 esisteva la parola "intermediario" poiché questi ultimi erano qualificati come "procuratori sportivi". Pertanto, in Italia c'è ancora una evidente ignoranza di articoli come il 14 dello Statuto FIFA[2]o il regolamento "Working with the intermediaries[3]" della FIFA stessa.Almeno a livello terminologico, arrivare a un'uniformità non dovrebbe essere impossibile né complicato, anche perché le differenze terminologiche creano, e questo avviene abbondantemente in Italia, una profonda incertezza sulla professione di intermediario e in cosa questo mestiere consista.

In secondo luogo, la norma che si distingue maggiormente in senso negativo in questo nuovo decreto, è l'art. 2 dedicato ai "requisiti soggettivi". In questo articolo si afferma che: "Possono iscriversi al Registro nazionale degli agenti sportivi i cittadini italiani o di altro Stato membro dell'Unione europea, nel pieno godimento dei diritti civili, che non abbiano riportato condanne per delitti non colposi nell'ultimo quinquennio, che siano in possesso di diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di titolo equipollente e che abbiano validamente superato l'esame di abilitazione di cui agli articoli seguenti". Come è facile comprendere dalla lettura di questo precetto normativo, per esercitare la professione di "agente sportivo" in Italia, è sufficiente un diploma e, come se non bastasse, l'art. 2 dà la possibilità di sostenere l'esame con un titolo "equipollente", cioè un diploma ottenuto nemmeno in una scuola pubblica, nemmeno in un liceo pubblico.

Ciò che l'articolo 2 dimostra è che il calcio italiano è lontano dal migliorare e che ha perso l'opportunità di fare un passo verso la modernità e la professionalizzazione. Infatti, se il calcio italiano vuole migliorare, deve necessariamente passare attraverso professionisti del settore e raggiungere livelli mai raggiunti fino ad ora: sarebbe stato così strano e difficile nel 2018 permettere l'esame da intermediario solamente a chi possiede una laurea in giurisprudenza? Per esercitare la professione di intermediario, non è necessario semplicemente guardare alcune partite di calcio, sia in televisione o allo stadio o in un sito di streaming russo, o macinare chilometri in autostrada o fare due chiamate, ma viceversa è essenziale saper redigere un contratto, conoscere le norme del diritto sportivo e avere almeno una conoscenza basilare dell'ordinamento giuridico.
E la professionalizzazione del settore degli intermediari significherebbe più tutela per i calciatori e servirebbe anche per evitare episodi come il seguente, in cui un intermediario italiano tra i più noti a livello mondiale, tentò di realizzare un'operazione che nemmeno uno studente del primo anno di giurisprudenza avrebbe mai pensato di fare.

Lo scorso dicembre Mino Raiola comunicò al Milan di voler presentare una causa per la richiesta dell’annullamento del contratto di Gianluigi Donnarumma, considerando che la novazione del contratto firmata a luglio fosse viziata da violenza psicologica.Secondo l'intermediario, il giovane portiere italiano avrebbe firmato sotto pressione dei dirigenti del Milan una novazione del contratto con uno stipendio da 5,5 milioni e una clausola di rescissione da 70 (prima guadagnava 100.000 €). Tuttavia, se facciamo riferimento al codice civile italiano, le possibilità che il contratto venisse annullato a causa della violenza psicologica erano pochissime.

L'art. 1435 del codice civile invocato dall'agente, afferma: "La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone", motivo per cui il legislatore italiano ha deciso di proteggere la parte lesa non da ogni forma di violenza, ma solo da quelle con determinate caratteristiche.
Alla luce di questo articolo e dei fatti riguardanti il giocatore, se la violenza esisteva era quella che scaturì nella firma di un contratto da 5,5 milioni di euro più bonus, ma anche quella violenza che condusse alla firma con uno dei migliori club del mondo. Francamente la violenza psicologica e le pressioni morali subite dal giocatore e soprattutto "il male ingiusto e notevole", non sono percepibili in questo caso.

Un altro criterio che l'art. 1435 c.c stabilisce ai fini dell'annullamento del contratto è che la minaccia sia di natura tale da condizionare una persona ragionevole; in questo caso, il codice civile italiano non si riferisce semplicemente al costantissimus vir coniato dal diritto romano, ma a un uomo normale dotato di ragionevolezza e che ha la saggezza di non mettere in pericolo la sua persona e il suo patrimonio. In questo caso qualsiasi persona dotata del pur minimo raziocinio avrebbe firmato il contratto con l'A.C. Milan.

In conclusione, ciò che l'intermediario di Donnarumma ha ottenuto è stato destabilizzare un giovane giocatore, chiedendo un aumento dello stipendio ogni volta ne avesse la possibilità ed invece, chiaramente, quello che non ha ottenuto è stato l'annullamento del contratto.

Il risultato: fine stagione disastroso per Donnarumma al punto che nell'ultima partita contro l'Atalanta, il portiere ha lanciato la maglia ai tifosi del Milan e questi gliel'hanno restituita.

 

Silvio Bogliari

 

 

 

[1] http://www.sportgoverno.it/media/105870/registro_nazionale_agenti_sportivi.pdf

[2] Art. 14 Statuto FIFA, Member Associaciotons’ obbligations: “Member associations have the following obligations:a) to comply fully with the Statutes, regulations, directives and decisions of FIFA bodies at any time […]”.

La FIGC è membro della FIFA.

[3] Regolamento “Working with the intermediaries” della FIFA, in https://img.fifa.com/image/upload/cr6dquxm2adupv8q3ply.pdf