Con il passare del tempo il calcio è diventato un vero e proprio entertainment, e proprio come vuole il mercato, c’è chi, sempre nel corso del tempo, ha iniziato a costruire un qualcosa che si “agganciasse” alla perfezione con un calcio sempre più “prodotto” e meno “sport puro”: per fare un esempio, una volta per seguire le partite della Serie A, bisognava per forza di cose andare allo stadio, mentre adesso basta un abbonamento alle pay-tv, o meglio ancora, si è passati dalle telecronache lineari e dirette di ScEaa“mamma Rai” a quelle sempre più enfatizzate e “gonfiate” di Sky e Dazn. Perchè i tempi cambiano, e ora “raccontarlo” il calcio, non basta più. Ora va enfatizzato, issato a qualcosa di più grande del calcio stesso. E in questo, abbiamo un grandissimo maestro: Fabio Caressa.

Il punto di rottura

Calcisticamente parlando, il 2006 è stato tante cose. È stato l’anno – nero – di calciopoli, che ha preso e rivoltato da cima a fondo la Serie A e spedito la Juventus “in punizione” nella Serie B; ma è stato anche l’anno del mondiale di Germania, in cui una nazionale data per spacciata proprio per via degli scandali interni, è riuscita ad arrivare fino in fondo e a portare a casa una Coppa del Mondo che ci ha restituito orgoglio e dignità. Ma il 2006 è stato anche l’anno in cui il modo di raccontarlo, il calcio, è definitivamente cambiato, e sopratutto è stato l’anno della consacrazione definitiva di Fabio Caressa.
È stato insomma, l’anno zero della telecronaca.

Arrivato nella redazione di Sky dopo anni di “gavetta” dalle parti di “Canale 66” prima e “Tele+” poi, Fabio porta un chiaro segnale di cambiamento grazie alla trasmissione di “Mondo gol”, nel lontano 2003, e che contribuirà a farlo spedire in Germania nel 2006, in occasione dei mondiali. È la prima volta che segue la Coppa del Mondo così da vicino, ed è anche la prima volta che un’emittente acquista tutti i diritti televisivi delle partite dell’Italia. Accompagnato dal suo fedele compagno di telecronache Beppe Bergomi, i due iniziano la scalata che li condurrà dove tutt’ora – anche se più di qualcuno non si ritiene più d’accordo – sono attualmente: sull’olimpo del calcio “parlato”, o meglio, urlato.

L’inizio della scalata

Se si esegue una piccola ricerca su Google, digitando “citazioni Fabio Caressa”, c’è un risultato che appare prima degli altri: la pagina wikipedia, o wikiquote in questo caso, che riporta tutte le introduzioni di Fabio alle partite della nazionale italiana disputate nel mondiale del 2006. Già, perchè quelle frasi, quei pensieri, sono rimaste così ancorate nei nostri cuori, che sono diventate un vero marchio di fabbrica.

Dieci minuti prima di entrare in campo, sto lì con la testa china, cerco il massimo della concentrazione, poi l’allenatore mi dice le ultime cose cose, già le so, me le ha dette cento volte, le ho pensate mille. Poi c’è il rito, ogni squadra ha il suo, un urlo forte e siamo pronti: adesso ci siamo, adesso andiamo fuori, adesso andiamo a vincere. Dallo stadio Niedersachsen di Hannover, Italia-Ghana, oggi sapremo chi siamo”.

Questa è solo una delle otto introduzioni di ogni partita, introduzioni che poi Fabio tenterà di usare anche per i mondiali del 2010, quelli del 2014 e per gli Europei del 2016 ottenendo però risultati decisamente inferiori. È in quella Germania del 2006 che nasce il vero Caressa, ed è sempre in quella Germania che tocca il picco più alto. Se quei discorsi sono ancora gelidamente conservati a memoria, parola per parola nelle menti di molti italiani, un motivo ci sarà.

Carpe diem

Se è vero che ogni occasione dev’essere colta al volo, Fabio Caressa – ma anche il suo fedele compagno Bergomi – non è stato molto fortunato. Tornati vittoriosi dalla Germania, a Sky si aprono per loro tutte le porte della redazione calcistica dell’azienda: tutti i big match mandati in onda dall’emittente, passeranno dalle loro voci; che si tratti di Champions League, Serie A, o nazionali, per l’Italia e gli italiani, la telecronaca di una partita di calcio ha solamente due volti: quelli di Fabio e Beppe. Dopo la fortuna – e la indubbia bravura – di aver assistito e commentato un mondiale vincente, la coppia più amata dagli sportivi italiani non riuscirà a ripetersi: nel mondiale 2010 in Sudafrica, gli azzurri verranno sorprendentemente eliminati ai gironi, e non è che in quello brasiliano del 2014 le cose vadano tanto meglio. Sarà proprio lui ad ammettere in un’intervista rilasciata appena un anno fa alla Gazzetta Dello Sport, che uno dei suoi più grandi rimpianti, è proprio quello di non aver – ancora – raccontato di un’altra Coppa del Mondo portata a casa.
Ma a noi Fabio, va bene anche così.