Ebbene sì: un popolo abituato ad essere colonizzato, evidentemente, a volte soffre in maniera ancora più marcata di quella odiosa quanto patetica sindrome che fa vedere l’erba del vicino sempre più verde, anche per temi apparentemente frivoli come il calcio.

Vedi il “caso Atalanta”, divenuta a quanto sembra un top club europeo da quando (per caso) ha superato i gironi di Champions e, sempre per puro caso fortuito, ha preso la squadra più scarsa possibile agli ottavi, tra l’altro falcidiata da infortuni. Sembra che i bergamaschi siano già ai quarti, per soli ed eccezionali meriti sportivi e non per una dose incredibile di buona sorte. Bravissimi gli orobici, esempio e modello da seguire e guardare con invidia, anche e soprattutto dai malcontenti tifosi del Napoli, oramai annoiati dalla Champions League fissa e pronti a disertare lo stadio per 20 euro di differenza sul “prezzo giusto per le curve” (quello giusto per ingaggi dei calciatori e commissioni ai procuratori, invece, non pare dover esistere).

Ebbene, a Napoli, città che ha una squadra (unica in Italia) ad essere andata in Europa per 10 anni di fila, la seconda come punti conquistati in Serie A dopo la Juve, l’unica insieme alla Juve ad aver raggiunto una semifinale di Europa League; l’unica ad aver totalizzato 91 punti senza vincere il campionato, quella che in 10 anni è riuscita a lanciare e rilanciare giocatori come Lavezzi, Cavani, Hamsik, Higuain, Callejon, Insigne, Mertens, Allan, Ruiz, Meret, Di Lorenzo ecc. Beh… a Napoli si guarda con invidia l’Atalanta. Un solo, singolo anno di declino su 15 ed il tifoso napoletano medio è andato nel panico, guardando con ammirazione e devastante invidia ora gli orobici, ora i laziali; ora l'Arzanese.

IL SETTORE GIOVANILE ECCELSO ESISTE SUL SERIO?

Il modello invidiabile, dunque, è divenuto quello della squadra bergamasca che “ha lo stadio di proprietà”. Sarà, ma intanto per giocare un ottavo di Champions deve andare a Milano. “Eh, ma il settore giovanile. Hanno dato calciatori a mezza serie A”. Appunto: l’Atalanta scopre giovani talenti e li VENDE appena può, per fare cassa, solitamente ed esclusivamente a squadre italiane, perché in tutta evidenza non sforna talenti di qualità abbastanza elevata.
E questi giovani li fa giocare proprio perché non ha l’ossessione del risultato che viene imposto in piazze come Torino o (da quando c’è ADL) Napoli. Poi, appena “esplodono”, scatta subito la plusvalenza e si vendono. Del resto, a tutti gli agiografici del "settore giovanile dell'Atalanta" che sarebbe alla base del momentaneo successo bergamasco, vorrei chiedere di elencarmi quanti e quali elementi del vivaio oggi militino in prima squadra e siano stati cruciali per le vittorie ottenute in Serie A ed Europa. La risposta è: praticamente nessuno. 

Tra l’altro, a voler essere onesti, considerando i top player scoperti (o rilanciati) dal Napoli nell’ultimo decennio, ci si potrebbe chiedere quali giovani atalantini abbiano militato o militino al momento in nazionali e/o top club europei. Quanti e quali siano diventati campioni veri ed abbiano contribuito ai successi sportivi dei bergamaschi. 

E, proprio a proposito di risultati e trofei: i malati di risultatismo perché “vincere è l’unica cosa che conta” dove sono? Sanno dirci cosa ha vinto l’Atalanta del settore giovanile, delle strutture e dello stadio di proprietà? Trovandosi, sanno dirci quali mirabolanti risultati lo stadio di proprietà ha portato in realtà come Udine e Novara?

PERCASSI E LE CONTINUE PLUSVALENZE

E Percassi? Infinitamente più ricco di De Laurentiis, esattamente come Pozzo, Preziosi e tutti gli altri “presidentissimi” delle provinciali italiane (perché questo è e resta l’Atalanta: un provinciale), come mai non “caccia i soldi”? Come mai non trattiene mai i suoi talenti e non spende mai 50-60 milioni di euro + 12 di ingaggio per un De Ligt? Dipende dal rispetto del Fair Play finanziario? E perché non si chiede anche a lui ciò che si esige da Adl? Ovvero “Strutture, merchandising, internazionalizzazione, giovani di talento dal vivaio ma al contempo giocatori già pronti per vincere”. Perché l’Atalanta non lavora per aumentare il fatturato? O, come fa la Juve, per rischiare sanzioni e penalizzazioni in stile Man City, finanziandosi con sponsor connessi direttamente alla proprietà?

Il grande mistero di questa “atalantamania” dunque resta e conferma, ancora una volta, che molti tifosi napoletani non sono pronti e forse mai lo saranno per tifare una grande squadra. Provinciali sono e provinciali moriranno, mentre applaudono squadre provinciali, che agiscono da provinciali e nella provincia del calcio restano.