Il momento in cui si riconosce la propria mancanza di talento è un lampo di genio”. È una frase, illuminata, di Stanisław Jerzy Lec, scrittore poeta e aforisma polacco.

In questa fase della vita il sottoscritto, alias Oronzo Canà, ha riconosciuto in se stesso, con pace e serenità, l’assenza totale di talento. Vi confesso che mi sarebbe, tanto, piaciuto svolgere la professione di maestro delle scuole elementari, sempre, a contatto con giovani menti da plasmare e invece, ahimè, sono un anonimo impiegato di fantozziana memoria. Spesso mi sento come un, piccolissimo, puntino nell’universo e sul punto, da un momento all’altro, di scomparire per sempre: “nessuno, aimè, se ne accorgerebbe!”.

Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d'atroce fortuna o prender armi contro un mare d'affanni e, opponendosi, por loro fine?”. Mi rendo conto, me ne scuso, di essere un po' folcloristico, talvolta anarchico e un po' cialtrone nel mio stile di scrittura; con questa, doverosa, premessa io vorrei, appunto, motivare il ruolo, ambiguo, dell’allenatore.

Secondo Wikipedia un allenatore, sia a livello amatoriale che professionistico, si occupa di istruire l'atleta. Infonde, infatti, a quest'ultimo nozioni tecniche e tattiche, ma anche psicologiche. L'abilitazione alla carica di allenatore è conferita dalla rispettiva federazione, previa la partecipazione all'apposito corso e il superamento dell'esame finale.

Dopo un po' di cultura generale, virtuale, sei pronto per un viaggio di fantasia? Dai su, non fare il timido, proviamo insieme un piccolo esperimento! Ti va? Si? Benissimo! Caro lettore, per fare in modo che l’esperienza funzioni, chiudi per favore gli occhi coprendoli, con una benda scura, per poter essere certo di non sbirciare, barando, tra le fessure delle dita di una mano. Fatto? Bravissimo! Al mio tre, caro lettore, materializza nella tua mente un parcheggio, possibilmente di forma rettangolare, abbandonato al suo triste destino: il degrado! Uno, due e tre, pronti via: come puoi renderti conto, da solo, il parcheggio rettangolare si presenta con un asfalto deteriorato, soprattutto, a causa dall’incuria dell'uomo e dall’usura dovuta dal tempo. Ad aggravare la situazione ci si mettono, pure, i fenomeni atmosferici quali pioggia, grandine e neve. Se gradisci, caro lettore, per avere una migliore prospettiva, dall’alto, puoi utilizzare, anche, un piccolo drone. Quest’ultimo, munito di una minuscola telecamera, si trova limitrofo alla tua sinistra. Lo vedi? È adiacente all’erbaccia, selvatica, che sfida la barriera dell’asfalto. Dall’alto il parcheggio sembra, soltanto, più piccolo al tuo occhio, cambia la prospettiva, ma esso resterà, sempre, nello stesso stato di degrado e incuria. Per il sottoscritto un allenatore è un uomo “normale” tendente all’artista, dotato di talento e intelligenza, abile a trasformare un parcheggio, abbandonato, in un campo di calcio delimitato da righe bianche e costituito, almeno, da due porte: l’una all’opposto dell’altra.

Considerando lo sport come una forma d’arte, restando in tema, vorrei condividere con voi una frase, ferrata, di Pablo Picasso: “Ci sono pittori che trasformano il sole in una macchia gialla, ma ci sono altri che con l’aiuto della loro arte e della loro intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole”. È piuttosto scontato, almeno per il sottoscritto, che un allenatore deve possedere, sufficiente, talento e, innata, intelligenza soprattutto per plasmare, eventualmente, migliorare il capitale umano, seppure grezzo, a sua disposizione. Non è un compito facile, anzi per certi versi arduo assai: infatti il ruolo di allenatore prevede, tra le tante, competenze tecniche e umanistiche. Durante un processo di formazione e addestramento agiscono una serie di fattori, interni ed esterni, che possono essere attivati per via intrinseca o estrinseca. Un fattore, ad esempio, comune all’intima essenza di un individuo potrebbe essere quello anarchico che si insidia, prepotentemente, durante le prime fase di vita di un individuo. “La professoressa di inglese è malata, per questo motivo domani voi, alunni, uscirete due ore prima del previsto!”. Tripudio, generale, da fine corazzata Potëmkin da parte degli alunni e, soprattutto, per i pochi eletti che avrebbero sfruttato, a proprio vantaggio, la circostanza per organizzare la classica partitella di calcio: classe A contro classe C o istituto contro liceo. Come prassi le formazioni, ufficiali, sarebbero state incerte fino all’ultimo minuto; l’unico aspetto granitico era che, tutti, i presenti avrebbero svolto, durante la partita, il ruolo anarchico di allenatore di sé stessi. Durante l’attività di allenamento e addestramento di un individuo il compito di un allenatore è anche quello di gestire, smussare, il fattore anarchico (individuale). Mr. Arrigo Sacchi, sotto questo punto di vista, è stato un convinto sostenitore del bel gioco di squadra a discapito dell’individualità; infatti secondo il tecnico romagnolo tutti i calciatori devono agire da orchestra, nella quale tutti sono importanti e nessuno indispensabile. Lo scopo è quello di riprodurre una musica armonica, evitando possibili stonature.

A questo punto dell’elaborato, se siete d’accordo, potrei mettere a sistema un mansionario con le, principali, competenze di un allenatore che sono: intelligenza, talento, problem solving, conoscenze tecniche e tattiche, nozioni di psicologia, capacità gestionali e come plus, predisposizione artistica.

Ops! Che sbadato, mi sono appena accorto che nel mansionario non c’è una tra le competenze più importante per un allenatore: il cuore!

 

Caro Massimo 48, nonché allenatore di VXL

 

Non pensare, per nulla al mondo, di non essere un letterato e per questo, futile, motivo di non valere abbastanza come scrittore! Tu hai un grande talento che molti di noi, si sognano: il cuore! Caro Massimo, tu hai la capacità, come pochi, di emozionare attraverso racconti pieni, zeppi, di vita passata, presente e futura.

Si alzò sui pedali girò il capo, con la mano mi fece un gesto di addio e scomparve dietro una curva con il passo di un vero campione, sì un vero campione di vita (Massimo 48)”. Chi di noi, letterati e non, ha avuto così tanto, lucido, talento per scrivere  una frase, così profonda, da strapparti prima il respiro per poi prendere a pugni, per ore, ogni pezzettino del povero stomaco? Nessuno è un dato oggettivo.

Massimo tu hai, come il poeta più navigato, scaltro, la capacità di emozionare e per ciò, fattene una ragione: non potrai mai essere valutato, solo, con un semplice e volgare voto! Hai mai visto, in passato, un poeta inserito in una abulica classifica? Non scherziamo! Caro Massimo tu mi hai fatto capire, attraverso i tuoi racconti, che tutti noi dovremmo imparare, compreso il sottoscritto, ad essere un po' meno severi ed esigenti con noi stessi! Poi, Massimo, schiviamolo sottovoce per non farci sentire dalla redazione di VXL: “Chi se ne frega della grammatica e della forma, lasciamola stantia e triste nella penna degli, odiati, letterati: per un poeta e maestro di vita, quello che conta realmente è il bel sentimento!”.

Per questo motivo, caro Massimo, ritenendoti il massimo esperto in materia di sentimenti e emozioni ho ritenuto giudizioso descrivere, prendendoti ad esempio, l’ultima competenza di un allenatore: il cuore.

 

Un abbraccio
Oronzo Canà