Ieri sera il Milan ha sospreso l'Inter con un terribile uno-due di Ibrahimovic, che prima ha ribadito in gol il rigore parato da un grande Handanovic e poi ha chiuso un'azione molto bella di Leao, largo sulla mancina. L'Inter ha reagito già dal primo tempo, bucando la fascia di Calabria per mandare in gol Lukaku, sfiorando anche il pareggio nel finale del primo tempo. Nella seconda metà di gara, Pioli ha tenuto dietro la squadra per far avanzare l'Inter e colpirla di rimessa, mentre Conte ha allungato la squadra per attaccare senza scoprire la difesa. A metà del tempo, Hakimi ha aggirato la difesa del Milan con un movimento da manuale, proponendosi su un lancio dalla trequarti, ma poi ha fallito di testa un gol elementare. Per quanto l'Inter si sia resa ancora pericolosa, la sensazione è che l'Inter abbia detto addio al derby con questo errore. Ci sono, comunque, alcune cose di questo match che vanno scandagliate con attenzione, per evitare i comprensibili, ma facili trionfalismi, che a lungo andare possono compromettere il tantissimo di buono che c'è in questa squadra.

Il gol preso dal Milan è stata l'esatta fotocopia di altri due sui quattro subiti nelle precedenti gare ufficiali. Un avversario galleggia sulla trequarti destra della difesa rossonera, mentre un compagno si sovrappone e fa l'elastico partendo alle sue spalle. Calabria viene bucato senza possibilità di scampo e la palla, tesa rasoterra, perfora come un laser la difesa milanista verso un attaccante che, in qualche maniera, è libero. Nella precedenti occasioni c'era Gabbia, mentre ieri sera no e quindi dobbiamo assolvere il giovane difensore. Forse non è colpa di Calabria, che viene a trovarsi in mezzo a due attaccanti avversari i quali si ritrovano a giocare quasi discesa, però se non ci capisce che questo è un problema cronico, non episodico, prima o poi costerà caro. Va risolto.

Nel secondo tempo, giocatori e tecnico del Milan hanno dato l'impressione di vivere una specie di "Canto di Natale" del grande Dickens, alle prese, come Scrooge, con i propri spettri più che con i giocatori dell'Inter. Erano attenti, di sicuro, ma anche molto tesi, forse troppo rispetto a un avversario forte, che tuttavia nel primo tempo avevano dimostrato di poter affrontare alla pari. E' chiaro, certo, che se non vinci da otto derby di campionato e hai perso gli ultimi quattro, facendoti rimontare da 0-2 nel precedente con un palo con Ibra allo scadere del match, alla fine subentri un certo timore. Come già scritto, il Milan della ripresa è stato visitato dagli spettri del recente passato contro cui ha dovuto combattere per 45' più recupero. Ed è comprensibile che tali spettri abbiano un po' rattrappito le gambe dei giocatori e innervosito Pioli, per cui i rossoneri si sentivano come quel tennista che, lì lì per cogliere una vittoria importante, sente il braccio irrigidirsi. In tal senso, per quanto Conte fosse stato attento a non offrire spazi al contropiede, in diverse occasioni il Milan si è comunque ritrovato in possesso di palla 3 contro 3 o 4 contro 4, sbagliando sempre l'ultima giocata che avrebbe chiuso il derby. Questi fantasmi molesti del recente passato milanista, fatto di sconfitte, hanno pertanto contribuito a tenere in partita i nerazzurri. Ora però che il Milan ha attraversato le sue paure, deve imparare a non averne più, perché per vincere occorre comportarsi come chi si arrampica su una scala altissima e deve evitare di guardare in basso. Nel secondo tempo, invece, il Milan non ha resistito alla tentazione di farlo.

A mio avviso, il Milan ha un potenziale enorme, del quale ancora non si rende del tutto conto, pur con alcuni difetti da sistemare, quali la panchina corta in difesa, qualche dubbio su Calabria e la non totale consapevolezza dei propri punti di forza. A mio avviso l'Inter resta più forte, ma almeno questa formazione, non ha ulteriori margini di miglioramento, mentre i rossoneri ne hanno. L'Inter, poi, è uno schiacciasassi, come tutte le squadre di Conte, capace di macinare anche i massi più grossi. Come ogni schiacciasassi, però, può vincere facile proprio contro le pietre, che se ne stanno lì ferme ad aspettarla. Per metà partita, la prima parte del secondo tempo e la seconda della ripresa, quando l'Inter appariva un po' demoralizzata dopo l'errore di Hakimi, il Milan è stato molto mobile e ha fatto spesso correre a vuoto i nerazzurri.

L'Inter recrimina su un secondo cartellimo giallo non estratto nei confronti di Kessie e ha  ragione, perché l'intervento dell'ivoriano era da ammonizione e ne avrebbe causato l'espulsione. Va detto pure che, nel primo tempo, il direttore di gara ha lasciato giocare troppo e che c'è stata una ginocchiata nella schiena di Hernandez, spintosi in attacco sulla linea di fondo, che non è stata sanzionata come avrebbe dovuto. E si sa che, se lasci giocare troppo, autorizzi i giocatori a ritenere che il tuo metro resti quello per tutta la partita. Vidal e Lautaro Martinez, poi, hanno provato a simulare per tutto il match e, quindi, non hanno di certo aiutato l'arbitro. Se guardiamo solo all'episodio di Kessie, tuttavia, il secondo cartellino c'era e le lamentele nerazzurre sono fondate.

Il Milan non è ancora da scudetto, ma è forte e deve credere in se stesso, perché se non sei il primo a farlo, di certo non saranno gli avversari a temerti. Ricordiamolo.