I ritiri punitivi mi hanno sempre lasciato perplesso e soprattutto non li condivido quando i problemi di una squadra non dipendono dalla mancanza di impegno dei giocatori. Personalmente, nelle ultime partite ho riscontrato un eccesso di carica nervosa, più che uno stato di disarmo psicologico.
Contro il Torino, in particolare, mi è parso che la squadra fosse frustrata da un senso di impotenza. Le gambe non vanno, perchè la preparazione è stata sbagliata in toto e quello che è più grave è che già nel girone di andata si era constatato che i metodi di allenamento usati non prevedevano la lunga durata del carburante. Se poi il gioco prevede, come quello del Milan, il possesso di palla fin dall'area del proprio portiere, allora quando le gambe vanno, la squadra può essere anche entusiasmante, ma quando non c'è più birra, allora si mette in scena una parodia oscena di gioco, cioè una forma di masochistico onanismo calcistico.

In un contesto come questo, almeno in linea di massima, il ritiro punitivo ricorda molto la decimazione in uso presso le legioni romane. Quando una di esse si ribellava, si prendeva un legionario a caso su dieci e lo si giustiziava, anche se in tal modo potevano essere risparmiati i colpevoli e macellati gli innocenti. Bakayoko, per esempio, a Torino mi è sembrato quello che ci stava meno a perdere, ma presentarsi in ritardo all'allenamento (e pare sia una sua caratteristica) in un momento così non è stato bello. Perchè, tuttavia, non sanzionare solo lui? E' vero, c'è il solito ritornello stile "Full Metal Jacket" secondo cui si deve punire tutta la camerata, perchè siano i commilitoni a isolare l'autore delle mancanze. Viviamo nella realtà, però, e non nei film.

La scelta del ritiro punitivo può ritenersi giustificata, in una situazione come questa, dal fatto che mancano quattro partite e possiamo filosofare quanto si vuole sull'utilità di certe misure, però dal momento che la squadra oggi sarebbe fuori anche dall'Europa League, si deve tentare il tutto per tutto. Si decima la legione, sperando che i legionari sopravvissuti, magari proprio gli organizzatori dell'ammutinamento, combattano con la forza della disperazione. Contro avversarie non affamate di punti, in effetti, la cosa qualche risultato potrebbe produrlo. In fondo  il peggio che potrebbe capitare sarebbe proprio rimanere fuori dall'Europa e il Milan virtualmente lo è.

Mettiamola su questo piano, per quanto la tecnica del "tutti in ritiro, bamboli!", non si sposi con le vere cause del tracollo, è anche vero che, a questo punto, potrebbe al massimo accelerare il decesso delle ambizioni rossonere, che non erano ingiustificate, ma al momento non sembrano destinate a realizzarsi.

Negli ultimi giorni, in tal senso, sono stati messi in evidenza gli errori della società e della dirigenza, nonchè le manchevolezze di alcuni elementi della rosa. E si è trattato di critiche fondate, di cui va tenuto conto per il futuro, anche se non modificano di una virgola le responsabilità del tecnico. Sì, perchè Gattuso, non solo non è una vittima di nessuno, se non dei propri limiti, ma ha anche fruito, per merito del suo prestigio, di una benevolenza che alla fine del girone di andata era già da classificarsi come eccessiva. Solo a un mostro sacro come Rino si potevano perdonare l'eliminazione sconcia contro una squadra di scamorze autentiche come l'Olympiakos del Pireo (che fine ha fatto in Europa League?) o la sconfitta casalinga contro l'altrettando modesta Fiorentina.

Si proceda, quindi, con questo ritiro, che alla fine potrebbe rivelarsi una scelta produttiva, date le circostanze specifiche. E non si scusino gli errori di società e dirigenti con le limitate capacità dell'allenatore, perchè sarebbe dannoso oltre che ingiusto. Ma non ci si dimentichi che la pessima conduzione della stagione da parte del tecnico è del tutto indipendente dagli errori degli altri, il cui errore principale, paradossalmente, è stato proprio quello di non aver accompagnato alla porta Gattuso a fine 2018, come invece era stato fatto con Montella.

Il Milan è sceso così in basso che il suo ex-tecnico, Mihajlovic, lo sfida apertamente ipotizzando una salvezza anticipata a San Siro. Con tutta la simpatia che provo per Sinisa, facciamogli capire che lo stadio del Milan non è ancora diventato terra di conquista. E lo stesso si faccia con Montella, che ha motivi ancora più recenti per cercare vendetta.

Poi, si sa che, come dicono gli Arabi, il destino è un libro aperto in cui può leggero soltanto Allah.