Ieri il Milan è uscito da Dortmund con un pari, frettolosamente bollato come negativo, ma che non è poi così malaccio, alla luce del grande equilibrio nel girone e della classifica corta. Il Newcastle, infatti, è primo con 4 punti e il Borussia è ultimo a 1 punto. Certo, non c'è da fregarsi le mani nella convinzione di aver conseguito un proficuo bottino. Si tratta di un risultato discreto, comunque, un pari a reti bianche che non pregiudica nulla, visto che ci sono ancora 4 partite con 12 punti complessivi da conquistare e da togliere agli avversari. Come diceva Totò, in fondo... è la somma che fa il totale e occorrerà essere primi o secondi al termine del girone, non ora.
E poi si sapeva che era un girone rognoso.
Se mai si può notare che, per larghi tratti, quella di ieri non è stata una partita di calcio, ma una partita di pallone. Per certi versi mi ha ricordato quelle interminabili sgambate in spiaggia dell'infanzia e dell'adolescenza, quelle che, dopo un paio d'ore, sfociavano nel più classico dei chi segna vince.
E per certi versi, Borussia-Milan ha riportato alla mente quegli incontri di pugliato fra pugili sconosciuti dei sotto-clou, in cui i combattenti vanno avanti a forza di un pugno a me e uno a te, un pugno a te e uno a me.
Il Borussia, in realtà, era entrato in campo con un 4-2-3-1 che, alla bisogna, era destinato a trasformarsi in un 2-4-3-1, nel quale gli esterni di difesa affiancavano i centrocampisti bassi per formare una maginot avanzata e tale da attenuare la spinta dei rossoneri. Tutto questo, però, deve essere rimasto nelle pie intenzioni di Terzic, perché il Borussia, con il passare dei minuti, si è trasformato in un casino autentico che non ha aiutato i tedeschi a impostare palle gol pulite. Di contro, però, questo lupanare calcistico ha mandato in confusione il Milan, abituato a manovrare pulito.
Immaginate Cicerone che arringa i colleghi senatori, i quali però continuano a chiacchierare fra di loro. Ecco, il Milan ha sofferto la non linearità del Borussia come Cicerone avrebbe sofferto di dover tenere l'orazione in un'aula scolastica.
In realtà i rossoneri si sono complicati la vita senza che ce ne fosse davvero bisogno. Reijnders, infatti, è un giocatore che vede il compagno negli spazi per il lancio filtrante e coglie lo spiraglio fra gli avversari per il proprio inserimento. Ieri però è stato schierato come vertice basso del centrocampo, in cabina di regia, con Musah e Pobega ai lati . Lo schema di ieri era stato provato nel finale di Milan-Lazio ed era stato evidente che Reijnders con i due muscolari ai lati poteva anche svolgere quel ruolo. Contro la Lazio, però, si era visto che quella soluzione era solo un ripiego. Tale ripiego, confinando lontano dalla porta avversaria un giocatore decisamente offensivo, ha tolto allo stesso Reijnders il 50% del proprio potenziale. Il compito di fornire assist è finito tutto sulle spalle di Leao, oltre che di Pobega e Musah, meno adatti del portoghese e dell'olandese.
Almeno nel primo tempo, talvolta Pobega e Musah finivano per scambiarsi di posizione per cui il primo finiva a destra e il secondo a sinistra. Era una mossa di Pioli? O era il caos tedesco che li costringeva ad accentrarsi e a sconfinare? Difficile dirlo, ma nel complesso la cosa non ha facilitato la regia di Reijnders. Questi ha anche provato a verticalizzare, ma si è spento dopo un lancio filtrante a Pobega sul filo del fuorigioco, mentre al 12° esauriva il furor guerriero con un abbozzo di azione personale da lontano che si spegneva fra gli avversari. Forse sarebbe stato più utile Musah in posizione di centromediano metodista, alla Desailly, con Pobega pronto a dargli una mano facendo su e giù.
Bisogna ricordare che, ai tempi dello scudetto, due del trio Bennacer-Tonali-Kessie si alternavano ai vertici del centrocampo, con quello al vertice alto che attendeva di spalle alla porta avversaria pronto a girarsi, nonché a fare da elastico per il commilitone del vertice basso, che si sarebbe proiettato in avanti.
Per come era organizzato ieri il settore centrale, Reijnders ha fatto una grande fatica. E quando Adli è subentrato in quel ruolo, liberando proprio Reijnders per l'attacco, l'olandese era quasi groggy.
Possiamo far notare che Pulisic si è accentrato pochissimo, continuando a battere quella maledetta fascia destra che a volte rischia di diventare un feticcio da adorare più che una soluzione. Nel finale ha giocato Chukwu al sui posto, facendo ancora meno e mangiandosi un'occasione clamorosa. Forse il povero Saelemaekers, con tutti i suoi limiti tecnici, riusciva a essere meno prevedibile per la freneticità con cui rubava il tempo agli avversari.
Nel gioco di darsi un pugno a vicenda, il Dortmund non ha mai avuto l'occasione clamorosa, limitandosi a essere spessissimo lì al limite o in area, ma trovando sempre un milanista davanti o un piede galeotto o una testa vagante che interrompeva le azioni.
Più pericoloso il Milan, che ha spesso sfruttato gli spazi concessi dai caotici tedestchi. Però le palle gol clamorose sono state solo 2. La prima è arrivata verso la fine del primo tempo, quando il complessivamente pessimo Calabria ha rimandato un pallone vagante e Giroud l'ha toccata alta da meno di 2 metri con un inutile scavetto. Sarebbe bastato un appoggio di punta o di esterno. Il francese era convinto, sia pure a torto, di essere in fuorigioco?
Nel finale del secondo tempo, tuttavia. Chukwu si presentava solo di fronte all'estremo difensore avversario. Era leggermente defilato, ma non in maniera scandalosa. Sulla conclusione timida, la palla veniva respinta, ma la conclusione dal limite dello stanco Reijnders finiva fuori di poco, nonostante il portiere non avesse riguadagnato del tutto la posizione.
Forse queste due occasioni giustificano qualche rimpianto, ma non sono tali da legittimare un lugete o veneres cupidinesque. Anche perché sarebbe bastato un piede più corto di qualche difensore rossonero, per rendere palle gol le ammuine dei tedeschi.
Quanto al problema del centravanti (Giroud arranca... si vede...), ormai lo abbiamo capito tutti che Furlani era convinto di avere Taremi a poco negli ultimi giorni di mercato, i famosi giorni del condor Galliani.
Di Galliani ce n'è uno solo, tuttavia, lo ricordi Furlani.
o