La giornata sembrava l'episodio di una serie televisiva da intitolare "Il sorpasso". I rossoneri giocavano per primi contro il Bologna che non ha una gran classifica, ma che vende sempre cara la pelle. E' una di quelle squadre che, quando incontra un avversario più forte, ne esce sempre con onore, ma se poi affronta una squadra in difficoltà, può fargli lo sgambetto. Il Milan, in effetti, si è presentato a Bologna nell'anonimato del pomeriggio e in un momento delicato. L'Inter, invece, aveva la cornice prestigiosa della serata contro il Benevento, squadra che manovra bene, diverte, ma che poi lascia giocare molto l'avversario, l'ideale per valorizzare il gioco di Conte. Insomma, dopo l'antipasto delle 15:00, la giornata sembrava proprio offrire per cena la pietanza forte del sorpasso.

Pioli aveva diverse gatte da pelare e, in parte le ha pelate bene. Innanzitutto doveva gestire la rabbia della squadra per il quarto di Coppa Italia, nel corso del quale non era stata data al Milan la possibilità di giocarsela ad armi pari. C'era il rischio, in sostanza, di mettere in campo giocatori isterici. In tal senso, il tecnico ha messo in campo una squadra realistica, grintosa ma non isterica e, sopra ogni cosa, concentrata nel suo complesso (Hernandez, che in settimana aveva dato segni di inquietitudine social, ha rischiato di compromettere tutto nel finale). Insomma, il tecnico è riuscito a convertire quella rabbia in energia positiva e non negativa. Pioli, inoltre, doveva (e dovrà) gestire l'ultima fase prima del rientro dei giocatori chiave del centrocampo: Bennacer e Chala. L'infortunio di Diaz e l'assetto tattico del Bologna lo hanno aiutato a trovare una soluzione rivelatasi azzeccata, con Leao schierato per quasi tutta la partita nel ruolo del turco. Dove Pioli ha rischiato di compromettere tutto (e il rischio vale anche per il futuro) è nella gestione di Ibra, comprensibilmente disorientato per la gogna mediatica di questi giorni, e nella, quasi conseguenziale, gestione dei calci di rigore e dei cambi.

Il Bologna ha una caratteristica in comune col Milan: a differenza di Atalanta e Inter, non punta sulla densità nel controllo del campo. Mihajlovic, come Pioli, punta a distribuire i giocatori in maniera equilibrata per il terreno di gioco, puntando più sulla posizione degli stessi che sul movimento continuo. A centrocampo, in particolare, Dominguez, Schouten e Soriano, non costituiscono una palude tale da inghiottire il corrispondente reparto avversario. Considerando ciò e ignorando il rientrante Krunic, Pioli ha opportunamente provato Leao nel ruolo di Chala. In effetti, il ragazzo portoghese aveva già giostrato in quella posizione nel campionato scorso, in Lazio - Milan 1-2 del girone di andata. Lo aveva fatto per un secondo tempo scarso e, poco motivato in un Milan fragile, era andato allo sbando. Ieri, invece, ha mostrato una concentrazione ferrea, prendendosi anche il lusso di ignorare con autorità Ibra un paio di volte e procurando 2 calci di rigore rivelatisi decisivi.

Prima di passare in vantaggio, i rossoneri hanno centrato una traversa con Hernandez su calcio piazzato a effetto dalla distanza. Poco dopo, Ibra ha mancato il raddoppio dando i primi segni di disagio psicologico, perché ha avuto la palla del vantaggio su una respinta corta di Skorupski. Arrivato tempestivamente sulla palla, non ha fatto ciò che andava fatto e che, in qualsiasi altro momento, avrebbe fatto. Ha spedito il pallone proprio sulle mani del portiere, che non aveva avuto il tempo di rialzarsi, senza fare quel leggero colpo a cucchiaio che aveva tutto il tempo di realizzare. Quando Leao tuttocampo aggirava Dijks costringendolo al fallo da penalty, è accaduto quello che tutti temevamo. Ibra ha preso la palla ed è andato sul dischetto, consegnando i propri attributi virili alla sorte. Lo sguardo era quello di chi è confuso e Mihajlovic lo ha capito facendo sentire allo svedese un "Tanto lo sbaglia", almeno così ha riferito la telecronaca. Ibrahimovic, quindi, ha calciato proprio dove Skorupski si aspettava che calciasse, perché ce l'aveva scritto negli occhi. Per fortuna Rebic, nella migliore versione Jekyll e non nella peggiore Mr. Hyde, ha seguito l'azione e, sulla ribattuta, ha segnato da posizione defilata con un piatto  leggermente a effetto. Male male male, però! Era stato ineccepibile Kessie nell'aver rimesso il suo ruolo di rigorista nelle mani di Pioli, evitando di passare per chi vuole fare le scarpe a un compagno di squadra, ma Pioli doveva parlare con Ibra e fargli capire che l'ivoriano, pur non essendo infallibile, al momento è più freddo e sicuro sui penalty, per cui il bene della squadra richiede che continui a batterli. Non lo ha fatto al rientro di Ibra, ma avrebbe quantomeno dovuto farlo prima del match di ieri, visto che lo svedese era in totale stato di confusione. E' andata bene, ma l'episodio ha mostrato l'evidente tendenza della squadra a comportarsi come un collettivo autogestito. Male male male!

Dopo il vantaggio, si scatenavano alcuni minuti di confusione da cui poteva scaturire il pareggio del Bologna o il raddoppio del Milan. Donnarumma chiudeva lo specchio della porta a Sansone, defilato sulla destra. Calabria, solo in area, mancava il raddoppio con un colpo di testa frettoloso e telefonato. Lo stesso Calabria, ancora contrariato per il gol mancato, lanciava Sansone in contropiede con un assist sulla mancina. Con il Bologna in superiorità numerica (3 contro 2), Barrow tagliava verso sinistra e Dominguez arrivava solo soletto dalla mezza destra. Donnarumma ci metteva un'altra pezza.

Nella ripresa, dopo che Calabria aveva impegnato Slorupski con un bel tiro dalla distanza, Soumaoro perdeva la testa su uno spiovente al bacio di Leao che avrebbe raggiunto Ibra defilato in area. Il difensore felsineo colpiva il pallone con entrambe le mani, quasi a togliere ogni dubbio a coloro che valutano l'esistenza del rigore sul numero di penalty già stati concessi alla squadra che ne fruisce e non l'azione nella sua oggettività. Trasformava Kessie per il raddoppio rossonero.

A questo punto si palesavano insicurezze che potevano costare care. Con i sostituti che si stavano già scaldando, era il momento di far uscire Ibra, in un certo senso da vincitore in una squadra che stava conducendo col doppio vantaggio. La cosa sarebbe apparsa una mossa precauzionale per evitare infortuni. Ma il clima da collettivo autogestito aveva la meglio e, poiché lo svedese non voleva uscire, rimaneva in campo a mostrare quanto fosse, comprensibilmente peraltro, scosso. Uscivano Rebic e un contrariato Leao per fare posto a Krunic e Mandzukic. Il Milan si ritrovava in contemporanea senza 2 giocatori in palla, Leao e Rebic, ma con altrettanti giocatori statuari e non velocissimi, Ibra e Mandzukic, di cui uno era in bambola e l'altro ancora alla ricerca della forma. Hernandez, per giunta, quello che in settimana aveva mostrato i segni più bellicosi nel mondo social, pensava di andare in porta da solo partendo dalla difesa. Theo, quindi, si lasciava beffare come un pollo nella propria metà campo regalando al Bologna il gol di Poli.

E' seguito un quarto d'ora infernale che avrebbe potuto rovinare la giornata, ma la squadra ha dimostrato di saper stringere i denti davanti a Gigio e a lasciare con il classico palmo di naso le jene cha si agitavano fra i cespugli della savana. Ciò dimostra la bontà del lavoro di Pioli sulla psicologia dei suoi giocatori nel complesso. Il problema, tuttavia, è l'altra faccia della medaglia, cioè il clima di autogestione che Pioli stesso sembra avallare nel gruppo. L'allenatore è il responsabile tecnico della squadra ed è a lui che tocca prendere le decisioni. Tale potere non può essere né demandato ai giocatori né avocato dagli stessi, altrimenti si crea il caos dal quale non scaturisce mai nulla di buono. Il rigore non lo batte chi se la sente, ma chi è designato dal tecnico. Il tecnico deve guardare negli occhi gli interessati e responsabilizzarli per il bene della squadra, ma qualunque cosa pensino, eh sì... gli stessi interessati devono adeguarsi.

Data la settimana di tempesta che ha preceduto il match, non va sottovalutato quanto di positivo hanno messo in piedi allenatore e giocatori. A parte un errore individuale di Calabria nella prima fase e quello di Hernandez nella ripresa, la squadra è stata concentrata e fredda, cosa che, come scritto sopra, è anche segno della bontà del lavoro di Pioli. Ma se, ripeto, si insiste nell'autogestione del gruppo o di qualche esponente illustre, non si arriverà in nessun luogo e si butterà al vento il lavoro fatto.

Piena e totale solidarietà a Ibra, che si sta cercando di far passare per il Signore delle Tenebre e non è giusto né umano. Però, con tutte le giustificazioni del caso, Zlatan non è sereno e questo non deve compromettere il cammino della squadra.