Il campionato non è finito ieri, non finirà oggi e non finirà domani.

Il campionato è finito quando l'Inter, nei momenti di crisi, è rimasta in piedi grazie a errori inspiegabili, soprattutto del VAR, ed è stata poi risospinta in avanti. E' finito nel momento in cui il Milan è stato frenato quando poteva sfruttare i momenti di crisi dei rivali. Sia il Milan che l'Inter hanno avuto momenti così e così, ma il Milan li ha scontati tutti, l'Inter li ha visti passare in cavalleria. E' naturale che i nerazzurri, ora che si sono ripresi, vadano a gonfie vele. Il problema è che la classifica avrebbe potuto essere diversa senza alcune bizzarre decisioni arbitrali, maturate per lo più grazie al VAR, cosa che le rende inspiegabili.

Del resto, quando una decisione non sta né in cielo né in terra e i vertici dell'AIA l'avallano, è un po' difficile che il trend si inverta.

Chiariamo una volta di più che queste considerazioni non riguardano la Coppa Italia la quale, del resto, è un'altra manifestazione. La finale fra Inter e Juventus vedrà le squadre che in semifinale sono state brave a massimizzare il rapporto fra occasioni e gol rasentando la perfezione. In tal senso, le decisioni di arbitro e VAR in Coppa Italia posso ormai essere archiviate con una certa serenità, sia pure con qualche rammarico rossonero, ma niente di più.

Come inciso, vorrei ricordare ciò che diceva il compianto Franco Rossi ovvero che il calcio non è la ginnastica artistica, dove c'è una giuria che valuta la prestazione. Il calcio è sport in cui contano i gol segnati e non fatti segnare. Il duo Inter-Juventus, è stato magistrale nell'interpretare le semifinali alla luce di questo principio, che dovrebbe essere scontato, ma che i più ignorano. E visto che lo ignorano, ogni tanto si può ricordarlo loro.

Tornando al campionato, si può, e a mio avviso si deve, far notare che l'Inter ha circa 820 milioni di debito e che l'ultima tranche di obbligazioni è stata emessa a un tasso molto alto. Al momento i titoli della (non da me) Beneamata sono stati declassati come B--, cioè Junk bond o titoli munnezza, e tenete conto che solo un gradino al di sotto c'è il default, termine molto fico che è sinonimo di insolvenza e fallimento.

Ora, non è normale che una società in queste condizioni faccia mercato, magari anche solo pagando laute prebende ai giocatori in scadenza di contratto presso le altre squadre o rinnovando il contratto ai propri. Lasciamo da parte Onana o Chala, ma pensiamo un attimo a Brozovic, autore ieri di un gran gol. Il croato è un gran giocatore e ha rinnovato il suo rapporto con i nerazzurri per 6 milioni netti a stagione, cifra che va raddoppiata per calcolare il lordo. E può una società così indebitata permettersi lussi di questo tipo?

Personalmente, ho molti dubbi che come concorrenza sia leale. Se volete pensatela diversamente, ma io ho molti molti molti dubbi. 

Certo, un interista potrebbe dire che Juventus e Napoli hanno pagato pochissimo per alcune discutibili scelte di bilancio, ma intanto la Juventus non sta lottando per lo scudetto, quindi non è dei bianconeri che il Milan deve lamentarsi. Ed è improbabile che il sia il Napoli a vincere lo Scudetto. Al massimo potrà togliere ai rossoneri il secondo posto, cosa che comporta qualche conseguenza economica, ma non effetti paragonabili alla perdita di un titolo. La stessa Juventus, inoltre, ha avuto il buon gusto di ricapitalizzarsi ovvero di immettere nella società centinaia di milioni come capitale di rischio. Questo ci sta.

Le vittorie dell'Inter avranno l'effetto di immettere qualche milione di qua e qualche altro di là nelle esangui casse nerazzurre, ma porteranno anche sponsor nuovi o più risorse da quelli attuali. I nerazzurri si pagheranno i lussi correnti e con i risultati sportivi sarà più facile raggranellare quanto altro serve con altri debiti. Avendo studiato qualcosa in materia, posso garantire che al sovranindebitamento si arriva anche pagando i debiti con ulteriori debiti.

Il problema è che l'Inter ne esce gloriosa con titoli e dindi, come se fossero gli avversari a tassarsi per consentirle di vivere al di sopra delle righe.

Torniamo al Milan, perché se parliamo di Scudetto, le problematiche rossonere e quelle nerazzurre non possono essere disgiunte. Il Milan persgue una politica di bilancio abbastanza attenta, quindi deve lasciar partire elementi validi che chiedono troppo in fase di rinnovo oppure deve rinunciare a giocatori i cui club chiedono troppo per il cartellino. Lo fa perché questa è la linea societaria dettata dalla proprietà, ma... lo fa. E in un calcio sempre più in crisi, questo atteggiamento dovrebbe essere incentivato. Invece, si fa di tutto per premiare le cicale e, a livello mediatico, si tratta la squadra rossonera da poveraccia che non compra giocatori. Non pensate che i poveracci siano quelli che vivono costantemente a debito?

No, a quanto parte, il poveraccio è il povero Diavolo, che a gennaio non ha comprato Caicedo (sfido chiunque a dirmi che il sudamericano abbia avuto fin qui parte rilevante nella stagione) o Gosens (eccellente giocatore, ma tutto da recuperare e da considerare un acquisto, più che altro, per la prossima stagione).

L'acquisto di Vlahovic da parte della Juventus è un discorso a parte, visto che i bianconeri hanno ricapitalizzato immettendo nuovo capitale di rischio.

Il fatto è che il Diavolo ha disputato un'annata, tutto sommato, valida e lo ha fatto con onore e lealtà, senza abusare del diritto di ricorso in sede di disciplina sportiva per evitare di giocare un recupero nel momento di maggiore difficoltà. Ha anche incassato con molta discrezione la maggior parte dei torti subiti, lamentandosi solo dopo l'inspiegabile convalida del gol di Udogie in Milan-Udinese. Forse in questo caso ha sbagliato, visto che l'Inter ha pianto per un contrasto a centrocampo dopo il derby di ritorno.

Qui possiamo anche notare certe sgradevolezze, che non incidono sulla classifica, ma che non sono belle. Inzaghi ha appena tessuto le lodi della meravigliosa classe arbitrale italica, dopo aver pianto come un vitello smarrito dalla mamma per il già citato contrasto a centrocampo nel derby di ritorno. E' un atteggiamento troppo clamorosamente sgradevole per non considerarlo come una provocazione verso il Milan. E' una provocazione che non deve essere raccolta. Farebbe il gioco di chi, dopo aver viaggiato sul velluto per una stagione, cerca anche di far passare la vittima dalla parte del torto.

E non solo il Milan deve evitare di cascare nella trappola di Inzaghi, ma deve anche evitare di ascoltare consigli che lo aiuterebbero solo a sbagliare. Il Diavolo è già bravo da sé, come tutti, a sbagliare, perché farsi rintronare da chi vorrebbe spedirlo a testa bassa nella carica di Balaklava? 

Se oggi il Diavolo andasse a Roma e affrontasse con la Lazio con l'ossessione di vincere, farebbe il gioco dei suoi avversari e non parlo della Lazio o solo della Lazio.

Il campionato si è già incanalato verso la vittoria nerazzurra e non cambierà per il risultato di stasera. Il Milan deve giocare contro gli aquilotti, un'ottima compagine, come se corresse a cronometro. Dovrà essere un ciclista che mira a fare il tempo migliore possibile e niente di più.

In ballo non c'è più lo Scudetto, ma l'onore di una società e di una squadra che hanno dato tanto, forse più di altri. L'onore può essere tutelato anche dando il massimo indipendentemente dalla vittoria.

E fate attenzione che questa non è una dichiarazione di resa. Lo sarebbe scagliarsi lancia in resta contro i mulini a vento, alla maniera di Alonso Quixano, hidalgo della Mancha detto Don Quixote, creato dalla penna magistrale di Miguel De Cervantes. Questa, anzi, è una dichiarazione di guerra, una sfida in senso sportivo e nel nome di una lealtà sempre dimostrata dai rossoneri in questa stagione.

Comunque vada, quando verranno sotto l'ideale curva dei tifosi rossoneri come Leao nella foto, gli diremo che sono stati bravi.