Ieri, 30 luglio, è morto il Milan. Quello delle 7 Champions, dei trofei, delle finali, i derby stravinti e lo stadio sempre pieno. Non è stata una morte rapida, al contrario, il Milan muore dopo un'agonia di 7 anni. Questo male inesorabile ci ha consumato, pezzo a pezzo, trascinandoci ogni anno sempre più in basso. Pensavamo di aver raggiunto il fondo quando Galliani era ormai costretto a elemosinare parametri zero mentre la squadra galleggiava a metà classifica. Poi quando i cinesi tramite Fassone e Mirabelli buttarono 250 milioni e ci fecero subire la temporanea esclusione dall'Europa, con la squadra ben lontana dai primi posti, il fondo sembrava definitivamente raggiunto. Era infine arrivato il nostro salvatore! Un fondo d'investimento appunto, Elliott. Ahimè la fine invece si avvicinava. Un'annata, il 2018-2019, che finalmente ci ha fatto palpitare fino all'ultimo minuto. Un quarto posto svanito a dieci minuti dalla fine del campionato, ci aveva fatto sperare. Il malato stava guarendo!

‌Invece ai primi di giugno la situazione precipita. Leonardo e Gattuso, ultimi alfieri del vecchio Milan, si dimettono. Fuggono a gambe levate, presagendo che il dottor Elliott stava per staccare la spina. ‌Poi è il momento della prima storica esclusione dall'Europa, come una squadretta uzbeka qualsiasi, noi, quelli delle 7 Champions League, cacciati fuori a calci dal nostro fu territorio di caccia, pardon, di vittoria.‌ Infine ieri 30 luglio, Elliott ha staccato la spina. Lo fa (s)vendendo uno dei pochi milanisti veri rimasti in squadra. Patrick Cutrone, 12 anni al Milan, lui che sognava da quando aveva 8 anni di segnare a San Siro, viene cacciato come un appestato: "Lei non fa più parte del progetto". Commovente il post dell'amico Locatelli su Instagram: "Tu rappresentavi il milanismo, ma questa è la realtà".

Con la cacciata di uno degli ultimi simbolo del milanismo, uno che comunque segnava e si faceva sempre trovare pronto, muore il vecchio Milan. Ne nasce uno nuovo, dove le parole d'ordine saranno plusvalenza, bilancio, salary cap e tutti i termini cari al mondo del padrone Elliott. La società Milan verrà gestita come un'azienda. Nello sport però non sempre oculatezza nella gestione finanziaria si traduce in successi sportivi. Senza successi il brand non cresce e neanche il famoso "fatturato". Elliott ha bisogno di successi e mancando di passione, che anzi sta facendo di tutto per uccidere, si sta buttando nelle scommesse. Piatek, Paquetà, ora Leao e forse Correa: Elliott ha bisogno disperato di scovare campioni per mettere in cassa possibili future plusvalenze. Elliott non è qui per restare ma per trovare in futuro qualcuno a cui vendere, bene possibilmente. Come fece Thohir con Suning. Sì, la tanto bistrattata Suning che la passione nell'Inter almeno ce la mette. Sono un romantico e senza passione credo che nella vita non si vada da nessuna parte. Questo nuovo Milan, senza di essa avrà vita breve, e un nuovo anno zero potrebbe essere alle porte.