George Orwell in una sua massima disse: Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario.

Questo concetto può essere trasceso e usato anche per parlare, o meglio, per scrivere di calcio e nello specifico di Milan, andando ad analizzare la crisi del diavolo rossonero, che può essere vista come una doppia crisi, non solo di risultati e di gioco quindi, ma anche d'identità, perché le cose vanno dette per quelle che sono, anche se può essere una verità scomoda.
Questo Milan è irriconoscibile.
Dove è finito il club che dominava in Italia e in Europa e che vinceva 7 Champions, e che non deve mai scordare di avere vinto questi trofei, perché quella è la vera identità del Milan? Ora quel club sembra avere avuto una crisi d'identità a tal punto da arrivare a festeggiare un sesto posto. Mentalità da provinciale che cerca di salvare solo la pellaccia, una mentalità da 'pecora' e non da 'tigre', che invece cerca di dominare la preda e non di scappare da essa.

Il Milan deve tornare ad essere una 'tigre' e non un club che si accontenta di un sesto posto. Si può anche dare l'attenuante del fatto che questa nuova società è al primo anno, e allora lo si considera come un apprendistato, come un 'dover ancora farci il callo' nel mondo Milan. Ma non bisogna puntare al minimo indispensabile e soprattutto bisogna sempre metterci la faccia quando le cose vanno male, senza mai nascondersi.

Il Milan deve tornare ad essere il Milan, superare questa crisi d'identità, e tornare ad essere un club che punta a vincere. Ci vorrà il suo tempo, ma già dalla nuova stagione, il Milan deve assolutamente puntare al quarto posto come obbiettivo minimo e non come obbiettivo massimo, per poi successivamente almeno tornare a competere in Italia per lo scudetto. Per quanto riguarda il tornare competitivi in Europa, in quel caso è difficile da decifrare la tempistica, ci vorrà sicuramente più tempo.  
A Yonghong Li o ad Elliott e a chi rilevera' il Milan dal fondo americano, il compito di fare in modo che il Milan ritrovi se stesso
e la sua vera identità, quella mentalità vincente che ha reso il Milan rispettato e stimato in tutto il mondo.

Il Milan, inoltre, oltre alla crisi d'identità, ha avuto anche una crisi di gioco e soprattutto di finalizzazione di esso. Il Milan ha un problema del gol dovuto alla poca verve delle punte. Un problema che dovrà essere risolto nel prossimo calciomercato, comprando uno o due bomber da doppia cifra. Crea ma non concretizza. L'anno prossimo dovrà fare anche questo salto di qualità.

Ma c'è un giocatore del Milan che sta avendo anch'esso, a sua volta, una crisi d'identità ed è Gigio Donnarumma. Il portiere rossonero classe 1999 sta avendo una involuzione preoccupante, dovuto ad uno stress e a delle critiche che non riesce a sopportare sotto il profilo mentale, e che non lo fanno stare sereno, portandolo ad incappare in una serie di prestazioni negative.
Nessuno mette in discussione il suo talento, siamo di fronte ad uno dei migliori prospetti mondiali nel suo ruolo, ma che è gestito malissimo dal suo entourage, tanto bravo a fargli guadagnare alti ingaggi, un po' meno quando si tratta di lasciarlo tranquillo senza creargli pressioni di nessun tipo.
Lascera' il Milan.
Il fatto che i tifosi non abbiamo voluto in regalo la sua maglia dallo stesso Gigio, e' solo l'ultima goccia di un vaso che e' ormai stracolmo. Gigio non ha ancora fatto quel salto di qualità mentale che gli permette di lasciarsi scivolare addosso tutte le critiche senza soffrirne troppo. Ci si arriva con l'esperienza e con i giusti tempi, perché come dice Gattuso, non basta il talento per giocare a calcio, bisogna essere anche sereni sotto il profilo mentale. Gigio non deve essere 'obbligato' a fare il passo più lungo della gamba, perché sennò rischia di bruciarsi. Gli deve essere dato il tempo di formarsi, di migliorare sotto il profilo tecnico, ma anche caratterialmente, diventare più forte, per sopportare senza patirle, critiche e pressioni varie, perché come dice lo scrittore inglese David Icke: 'la più grande prigione in cui le persone vivono e' la paura di ciò che pensano gli altri'.