Il calcio moderno è molto diverso da quello cui eravamo abituati fino a dieci anni fa. Molti club che non si distinguono per essere di proprietà di un soggetto-tifoso, il Napoli di De Laurentis o l’Atalanta di Percassi, sono soggetti a dinamiche molto diverse.

Questo avviene a maggior ragione se il proprietario è un gruppo, una cordata, un fondo stranieri.

Il City degli sceicchi è un esempio di come un brand deve produrre fatturato e, in contemporanea, gl’investimenti tecnici sono di altissimo livello per provare a vincere tutto. Questo avviene perché la base che costituisce i giocatori dei citizens è già altissima, la proprietà ha un potere di spesa enorme e gode di un occhio di tutto riguardo nelle segrete stanze dell’Uefa. 

Quello del Milan da un anno a questa parte è diventato un discorso molto simile, ma solo in apparenza. Il fondo Elliott ha si capacità economiche enormi, ma rimane un fondo che deve render conto agli azionisti. Non dimentichiamo che il Milan è un pegno escusso in stato pietoso perché non c’erano alternative: per questa ed altre ragioni la mission suprema è ingaggiare un mago della finanza aziendale come Gazidis col mandato di far recuperare molto velocemente valore al brand (che risulta molto al di sotto delle sue potenzialità e della sua storia).

Tutto questo ha poco a che vedere con acquisti stile Mbappe : scovare giovani talenti a basso prezzo per rivenderli con ottimi ricarichi, costruire uno stadio, far fruttare il marketing al 120% sono le parole d’ordine per portare il Milan ad un valore vicino al miliardo che, si vocifera, sia la cifra che il fondo vorrà realizzare. E il Milan, come seconda società più titolata al mondo, con milioni di tifosi ed un marchio che evoca un secolo di successi, ha l’appeal per produrre ricavi molto alti a medio termine.

Peccato che di pari passo non ci sia una base tecnica di alto livello. Anche tenendo i 6-7 giocatori migliori, panchina inclusa, la squadra avrà bisogno di anni per assemblare 22-26 componenti all’altezza dei competitors europei e questo è ciò che più di ogni altra cosa deve tenere sulle spine il tifo.

La strategia di Gazidis rispecchia semplicemente la volontà della proprietà: manager capaci di scovare giovani talenti a prezzi bassi, contenimento dei costi d’ingaggio e di commissioni ai procuratori, niente campioni già fatti.

Non escludo che questa sia la strategia giusta visto che il Milan dal punto di vista economico negli ultimi anni ha inanellato bilanci horror e va risollevato. Ma la storia di Gazidis all’Arsenal non lascia ben sperare per quanto riguarda i successi sportivi.