A causa delle numerose assenze, Pioli non aveva molta scelta quanto a uomini da schierare. Si trattava però di schierarli bene e dare loro le indicazioni giuste, perché quanto a gamba, si era visto già contro Roma e Udinese che le leve inferiori dei rossoneri avevano ripreso tono. Se non altro, però, la vittoria friulana contro il Sassuolo aveva reso giustizia alla prestazione dei rossoneri e a quel pareggio rocambolesco raggiunto in extremis contro gli uomini di Gotti. L'Udinese è davvero difficile da affrontare e un pari non rappresenta un passo falso, ma un risultato che si può mettere in conto, sia pure a malincuore.

Oggi il Milan faceva visita a quel Verona che, solo pochi giorni fa, aveva messo alla frusta la Juventus facendola anche tremare nel finale. I rossoneri si sono presentati al Bentegodi, stadio che evoca sempre brutti ricordi per il Diavolo, senza una caterva di giocatori importanti, costretti o tenuti prudenzialmente ai box. Ne sono usciti come meglio non si poteva sperare. A voler essere darwinisti, si potrebbe dire che il Milan è stato costretto a cambiare pelle sotto la spinta della necessità di sopravvivere in un ambiente ostile e in una situazione sfavorevole. Pioli ha schierato un 4-3-2-1 con 3 mediani (Saelemaekers, Meité e Kessié), dei quali almeno 2 salivano sempre per pressare, e 2 mezze ali (Castillejo e Krunic), delle quali almeno uno retrocedeva in copertura per rendere densi gli spazi. Al centro dell'attacco c'era Leao, cui veniva chiesto di giocare solo soletto nel folto della giungla veronese (ciò che, in fondo, avrebbe dovuto fare Mandzukic a Belgrado, ma non ci era riuscito per le insufficienti condizioni di forma). Juric avrebbe voluto ripetere il pressing dell'andata sui milanisti che uscivano costruendo dal basso, per questo i suoi uomini tenevano d'occhio i rossoneri ai lati del compagno in possesso di palla. Per tutta risposta, questa volta i diavoletti cercavano in verticale l'uomo che si smarcava 10-15 metri avanti oppure lanciavano lungo. In fondo, si è giocato così per più di un secolo di calcio moderno, anche se, da Guardiola in poi, la cosa sembra diventata poco perbene. Morale della favola, il Verona ha corso a vuoto, ma non solo. Quando provava a ripartire, si trovava a fronteggiare il pressing alto dei rossoneri, sorretto da gambe leggere ed elastiche, con il dinamismo dei 3 mediani a dar man forte alle mezze ali. In realtà, il dominio del Milan non si rivelava nel numero delle occasioni, ma nel controllo costante del match. Leao, pescato in eccellente posizione da un cross di Calabria, si preoccupava di dare forza, più che che precisione, al colpo di testa, per cui alzava la palla sulla traversa. Rispetto ad altri match, inoltre, si tirava maggiormente da fuori, altro sintomo che il Diavolo aveva mutato la pellaccia. Ed era un tiro da fuori area poco prima della mezz'ora, su calcio piazzato dal vertice sinistro, che mandava il Milan in vantaggio. Krunic si scopriva il nuovo Zico e scavalcava Silvestri, sorprendendolo in controtempo sul proprio palo.

Mezze ali e mediani rossoneri si incrociavano, sfruttando la facilità di corsa per  scambiarsi di continuo la posizione, cosa che disorientava ancora di più i già disorientati veronesi. Dalla mancina, Saelemekers faceva filtrare la sfera verso il limite dell'area di rigore, dove un velo di Leao la lasciava scorrere verso Dalot. Il portoghese, con la giocata migliore della sua stagione, si liberava del difensore e la indirizzava nell'angoletto alto a destra di Silvestri. Non era un vero e proprio tiro dalla distanza, ma  Dalot era solo un passo nell'area di rigore avversaria. A questo punto, Juric tentava i cambi della disperazione e il Verona si rendeva  pericoloso di testa, due volte con Ceccherini e una con Faraoni, sempre innescati dai cross di un indiavolato Dimarco. Si vedeva ictu oculi, comunque, che il Milan aveva rallentato e controllava il match, pensando più che altro allo United e al Napoli. Al minuto 81' i rossoneri davano un saggio di duttilità e gamba. Saelemaekers e Dalot si pestavano i piedi ai limiti dell'area scaligera, ma la ripartenza gialloblu si spegneva sulla trequarti del Diavolo, in quanto c'erano ben 9 rossoneri a difesa dell'area di rigore, grazie al rapido rientro di tutti quelli avanzati in precedenza, tranne Leao com'è ovvio.

Oggi Pioli ha dato il meglio di sé, liberando i giocatori dall'obbligo ossessivo di replicare, come spirali di un DNA, la costruzione dal basso e i cross. Non è che non si debba più manovrare in quel modo, ma non di continuo e senza vie di uscita come quando si recita un mantra. Si può ricorrere allo scambio stretto o al traversone, ma anche al lancio lungo o al tiro dalla distanza. Dipende dalle caratteristiche dell'avversario, come da quelle di chi va in campo. 
In attesa di Inter-Atalanta, il Milan può dire di essersi avvantaggiato, quantomeno, nei confronti della Lazio che, dal canto suo, ha dimostrato di essere una squadra troppo leggera. Nei recenti incontri con Inter e Juventus, gli aquilotti hanno giocato un bel calcio perdendo, tuttavia, per 6 gol complessivi al passivo e con solo 2 all'attivo. Il problema è che il Diavolo si trova in una specie di limbo insidioso. Qualunque sarà il risultato fra Inter e Atalanta, infatti, i rossoneri saranno ancora in corsa per lo scudetto, ma resteranno sfavoriti rispetto all'Inter, peraltro senza essere ragionevolmente certi di andare in Champions. L'obiettivo del primo posto potrebbe ancora mettere entusiasmo ai diavoletti, ma il lotto di squadre alle loro calcagna potrebbe innervosirli.

Se non altro, domani il Milan guadagnerà quancosa su almeno un'altra delle rivali, perché Inter e Atalanta non potranno fare entrambe 3 punti. Vedremo, quindi, su quale di loro si avvantaggerà.