Premessa n.1: voglio bene a Gennarino Gattuso, detto Ringhio. È stato indubbiamente uno dei protagonisti degli ultimi successi del Diavolo, ha sempre dato l’anima per la maglia, il suo attaccamento ai colori rossoneri era ed è commovente.

Premessa n.2: la rosa di cui dispone è mediocre, migliore rispetto a quella della stagione precedente, ma sempre mediocre. 

Ora, detto ciò, è innegabile che l’inizio di stagione del Milan è a dir poco deludente. È pacifico che nessuno si aspettava che potesse lottare per le posizioni di vertice, né in campionato né tantomeno in Europa, ma 5 punti in 4 partite sono qualcosa di inaccettabile non solo per una squadra che ambisce al quarto posto, ma, mi spingo a dire, anche per una di metà classifica.

No, non si può tollerare che già a Settembre (Settembre!) si debba quasi abdicare l’obiettivo stagionale. Il Milan non può abbonarsi al sesto posto come una provinciale qualsiasi (o forse sì). Di chi è la colpa? Società, allenatore, giocatori o tutti insieme? La risposta più ovvia è l’ultima, ma è anche la più semplice. Avevo premesso che la rosa del Milan è mediocre. Vero, ma non è forse una squadra che può arrivare quarta? - Juve, Napoli e Inter sono di un altro livello. La rosa della Roma (che si sta auto escludendo dalla lotta) è così superiore? La Lazio (a proposito: tanto di cappello al Sig. Tare) è forte, ma così irraggiungibile per una squadra che conta tra le sue fila un certo Higuain? Non credo.

Ed ecco che arriviamo al principale colpevole - principale, non l’unico -, a mio avviso: Gennaro Gattuso. È il profilo giusto per riportare il Milan in Champions? È sufficiente che sia un “milanista vero” per meritare la panchina del Milan? Questo è il punto, signori. Spiace dirlo, ma la sua carriera - Sion; Palermo con esonero; dimissioni all’Ofi Creta; promozione, dimissioni, ritorno e retrocessione con il Pisa; Primavera Milan - non giustifica affatto il suo approdo al Diavolo. E spiace ancor di più assistere ad una mielosa indulgenza nei suoi confronti da parte di tifosi e addetti ai lavori. Una stucchevole accondiscendenza e bonarietà che non ricordo sia stata usata - giustamente - con i suoi fallimentari predecessori. Il grido: “Il Milan ai milanisti!” non mi piace, non mi è mai piaciuto, mai mi piacerà. Lo trovo un vacuo slogan e basta. Con gli slogan non si ottiene nulla, col merito e la programmazione sì - Juventus docet.

A proposito di Milan ai milanisti, nel balletto delle responsabilità, mi rendo perfettamente conto che non si può crocefiggere Gattuso senza citare la nuova dirigenza. La prosopopea estiva dell’attaccamento ai colori, naturalmente, riguarda anche i nuovi dirigenti, Leonardo (ma non era un Giuda?) e Maldini. Sono anche io contento del loro ritorno, ma incensarli prima di valutare il loro operato, non ha senso. Questa estate ho visto sui media scene da Istituto Luce per descrivere le giornate dei Nostri, un entusiasmo e un’idolatria che posso giustificare solo per la   frustrazione di tifosi umiliati per anni (ma i giornalisti?). Purtroppo, Leo e Paolo (e Rino) non scendono in campo. La loro presenza a Casa Milan e Milanello non è indice di successo. Purtroppo. E ora, possiamo - si può vero? -  anche criticare il loro operato sul mercato, anche se limitato da FFP e tempi stretti. Sia chiaro, nessuno rimpiange Fassone e Mirabelli, ma due leggende sul campo possono sbagliare dietro una scrivania, e bisogna dirlo quando accade. Non c’è automaticità di successo tra i due ruoli.

  Ultima postilla su Gattuso; egli stesso ammette che il Milan è ingenuo e ha “paura” di vincere quando passa in vantaggio, e questo è ascrivibile alla giovane età della rosa. Ora, delle due l’una:

  1. o la squadra è troppo giovane e immatura per ambire al quarto posto, e allora è stata costruita male
  2. oppure ha le potenzialità per arrivare quarta ma il suo allenatore non riesce a trasmettergli sicurezza e mentalità vincente 

Dunque, il Milan ai Milanisti? Sì, ma anche no.