Mai ci saremmo immaginati di doverci trovare a commentare uno scenario simile.
Tanto per la situazione di pericolo che sta paralizzando l’Italia, quanto per il caos che essa ha generato.

Un ciclone che avrà conseguenze e strascichi sportivi e culturali destinati a durare nel tempo e a riempire le chiacchiere dei tutti i Bar Sport.

Tanto tuonò che alla fine piovve.

Juventus – Milan, semifinale di ritorno di Coppa Italia, è rimandata a data da destinarsi.
“Accetteremo tutto” ha dichiarato Claudio Albanese, capo della comunicazione bianconera, prima della sentenza definitiva.
Ed ora, appunto, accetteremo.
A non accettarlo però, guarda caso, sembrano essere tifosi ed esponenti più o meno pittoreschi di quelle squadre che da quasi un decennio ormai guardano la Juve dal basso verso l’alto.
Vedendola minuscola, per la distanza intergalattica che le ha separate nell'ultima decade.

La partita è stata rinviata e, per i non juventini, sarebbe stata la scelta imposta da Agnelli per non perdere l’incasso.
O per la ancor più assurda teoria legata alla probabile assenza di CR7.

Di certo, qualora la partita non fosse stata rinviata e fosse stata giocata a porte aperte, la folla sarebbe insorta verso l’oscuro potere del giovin Andrea in grado di dettare legge anche su organi governativi permettendo -per mero interesse- la diffusione di quella che ormai è già più che una psicosi. E di intascarsi l’incasso, naturalmente.

Se la partita si fosse giocata a porte aperte solo per i non provenienti dalle zone “a rischio”, come esposto dai magistrati (non da Agnelli), sarebbe stato un vantaggio per la Juve perché “i Piemontesi sarebbero potuti entrare, quindi avreste voluto giocare solo col pubblico a favore”.
Poi però fanno i cori sulla scarsa presenza di supporter bianconeri a Torino.
Se la partita si fosse giocata a porte chiuse, sarebbe stata la manifestazione del broglio bianconero, che a quel punto avrebbe potuto e dovuto disputare nella medesima condizione anche il match con l’Inter.

Insomma, qualunque fosse stata la scelta, la Juve ed Agnelli ne sarebbero usciti come i padroni di questo sistema calcio ormai quasi al collasso.
Perché l’unica, vera, soluzione che accontenterebbe tutti, virus o no, sarebbe l’esclusione della Juventus FC da qualsivoglia competizione sportiva.

Far scomparire la Juve per sempre, perfino dagli almanacchi.
Bandire il Black & White dai filtri Instagram.

Il rischio contagio, ormai, sembra solo un pretesto, la miccia per aizzare lo stesso mostro che nel 2006 spedì la Juve, e solo la Juve, in Serie B.
Lo stesso mostro che da ormai inizio anno viene più volte pungolato in maniera strategicamente dogmatica da chi non ha che queste armi per provare a vincere qualcosa.
Come se il calcio fosse più importante dell’intelligenza e della vita umana.

Abbiamo assistito alla qualunque: le accuse di Marotta, smentite da Dal Pino (Agnelli fu uno dei pochi a non votarlo) prima e da Cellino poi, l’ostracismo nerazzurro per qualunque proposta di recupero dopo aver precedentemente affermato la “bontà della soluzione” di almeno una di esse, lo sfogo incauto, maldestro, fuori luogo di un presidente-ragazzino arrivato da lontano per giudicare il sistema, la minaccia di Marotta con la lettera.

“O come vogliamo noi, o saremo vittime designate. E allora sarà guerra.”

Un atteggiamento disteso che di certo conduce ad una pacifica conciliazione in un momento già troppo delicato.
Chiaro come fosse interesse di Agnelli e della Lega giocarle a porte aperte per interessi propri, chiaro che l’Inter pregustasse il vantaggio di una partita “con l’handicap”.

Perlopiù in un momento di stanca della Juve.
Troppa ghiotta l’occasione.

Quando il giocattolo si è rotto, l’interista medio ha attuato la strategia che conosce meglio: infangare nascondendosi dietro ad una finta quanto stucchevole retorica morale.
L’Inter non ha accettato di giocare lunedì 2 marzo quando ha capito che il decreto sicurezza per il Piemonte sarebbe terminato il giorno precedente. E quindi tifosi bianconeri al seguito. A maggio si sono rifiutati di giocare, perché avrebbero troppe partite concentrate in pochi giorni.

Come se le avessero solo loro.

Ora, non sapendo più che pesci prendere per giustificare l’isteria, si aggrappano al “vogliamo giocare prima con la Sampdoria”. Ma quando con la Samp venne rimandata, non ci fu la stessa pressione per garantire la regolarità del campionato e giocarla comunque a porte chiuse. Naturalmente.

Un po’ di riposo in più prima del big match ed un Handanovic regolarmente in campo nel recupero doriano non hanno di certo influito.

Anche in questo caso l’unica -sacrosanta- verità, è che gli interisti avrebbero voluto un ingiusto vantaggio consapevoli della propria inferiorità (leggasi lo Scudetto da terzi in classifica con “smoking bianco”) e che vedendolo sfumare stiano cercando ogni appiglio per giustificare senza addossarsi alcun demerito quella che sembra già una stagione destinata a concludersi come le ultime 10 e molte della loro storia.

Perché quest’anno ci credevano veramente.
Mandare tutto all’aria sbraitando di quanto il movimento sia succube della Juve e di come il campionato sia falsato e lo sia sempre stato.
Tranne negli anni in cui hanno dominato loro, naturalmente.

Dettare legge accusando gli altri di farlo.
Il tentativo è tanto evidente quanto grottesco.
Per modi, toni, tempistiche, mezzi, circostanze.

Per il momento l’unico virus che affligge queste persone ha un solo nome: Juventus.
Che siano interisti, milanisti, napoletani, romanisti, laziali, fiorentini e tifosi di qualsiasi squadra, ci auguriamo ovviamente che questo sia l’unica malattia di cui sentiranno parlare da vicino.
E che magari un giorno, con pazienza e sforzo civile, guarirà anch’esso grazie all’antidoto della sportività.


“Discutere con certe persone è come giocare a scacchi con un piccione.

Puoi anche essere il campione del mondo ma il piccione farà cadere tutti i pezzi, c*****à sulla scacchiera e poi se ne andrà camminando impettito come se avesse vinto lui.

 

PS: siamo un Paese in difficoltà, il calcio dovrebbe essere gioia, condivisione, un tramite per mandare messaggi postivi e fare del bene a chi sta peggio di noi.
Questo calcio genera odio e violenza, esclusione, accusa, infamia, spergiuro.
Questo calcio “politicizzato” non ci piace.

Questo calcio non è calcio.

 

#RIDATECIILCALCIOCHECIPIACE

 

Juventino col Papillon