La partita contro il Norwich che lotta per non retrocedere doveva già accendere un segnale di preoccupazione. Il Liverpool l'ha risolta a dieci minuti dalla fine con Manè. Ma i Reds faticavano ad ingranare la manovra. si vedeva che qualcosa non andava. Erano stati ingabbiati. Tre giorni dopo arriva la più importante sconfitta per i Reds, la seconda in Champions dopo quella contro il Napoli. Gli unici che potevano vantarsi di aver fermato il Liverpool. Era il 3 ottobre del 2018.

Da quel momento il Liverpool, tolte le partite di precampionato contro il Siviglia e il Dortmund, e quella contro l'Aston Villa non giocata dalla squadra titolare, non ne aveva persa una. Poi arriverà la sconfitta contro il Chelsea nella FA Cup,preceduta da quella clamorosa contro il Watford, squadra della famiglia italiana dei Pozzo. Che lotta per la salvezza. E segnali di cedimento c'erano anche contro West Ham. Vinta 3-2. Sono state le piccole a mettere in difficoltà il gigante Liverpool. L'eliminazione contro l'Atletico dalla Champions League non sorprende.

Il Liverpool è ritornato ad essere umano. Si è rotto qualcosa. Ma non si può essere immortali, perfetti, invincibili. Nessuno lo è. Prima o poi una sconfitta arriva. E la grandezza di una squadra abituata a vincere sta nel riuscire a ricostruire un nuovo ciclo. Perchè è questo che dovrà fare il Liverpool quando finirà questa stagione. Porterà a casa, coronavirus permettendo, la sua prima Premier, dopo 30 anni ritornerà a vincere il campionato inglese che ha dominato in modo senza storia. A volte è anche bello perdere, perchè le vittorie, troppe, tante, stancano.