Cercando di rispondere a me stesso a una domanda di cosa identificasse un leader nel calcio, mi sono imbattuto in un interessante articolo del Prof. Massimo Cabrini, che oltre a essere fondamentalmente uno psicologo, è stato docente per il settore tecnico FIGC ai corsi master per allenatori di prima categoria. Lo ritengo un intervento molto interessante da cui traggo spunto e ispirazione anche per considerazioni e convinzioni personali. Cabrini definisce un leader in questo modo:

" In linea generale i leader sono quelli che vengono vissuti dai compagni di squadra come COMPETENTI, ABILI, DETERMINATI, nel condurre la formazione verso la conquista del successo, ma anche CAPACI DI CREARE BUONI RAPPORTI INTERPERSONALI, con i compagni e l'allenatore.

Data la natura stessa del gioco e la valenza emotiva delle sue fasi è  necessario che il leader, tra le sue doti, proprio per il suo ruolo di primus inter pares, abbia una accettazione non solo emotiva ma  pure affettiva del gruppo. Ricorda molto in trasposizione militare il ruolo dell 'optio nella centuria romana, ossatura formidabile della più grande macchina da guerra mai creata dall'uomo, ovviamente in senso relativo ai tempi della sua formazione. Quindi, un fulcro, un trascinatore di un gruppo organizzato con il quale combatteva, nominato per meriti, personalità e carisma dimostrati sul campo al fianco dei suoi uomini.
Ne seguono tre considerazioni personali che mi vengono spontanee. Due giocatori della stessa squadra che litigano in campo non sono dei leader. Un giocatore che da' istruzioni in campo di passaggi o di movimenti e viene ignorato dai compagni, non è un leader e infine, un leader può anche essere temporaneo in certe condizioni, magari in sostituzione, oppure in particolari fasi della partita, pur non essendolo in linea continuativa. Nel linguaggio calcistico è quello che si prende la squadra sulle spalle, titano temporaneo.

L'autore si pone tre domande: il leader può identificarsi nel campione più affermato, la Stella della squadra, oppure nel capitano insignito di fascia per anzianità oppure nello stesso allenatore? La risposta è non sempre o meglio quasi mai. Un allenatore è nominato dalla società, quindi è un capo e soprattutto un gestore di risorse umane. Fa scelte che sicuramente spesso sono dolorose oppure inspiegabili a chi è in campo. È emotivamente su un piano diverso da chi gioca. Non può essere il leader. Se lo fosse sarebbero guai, primo perché i componenti di una squadra non sono tutti capaci di autogestirsi e poi perché il suo compito e' quello di tradurre, come capo, il mandato della Società. Potrebbe esserlo un ex compagno di squadra ma anche qui si verrebbero a instaurare dei rapporti diseguali, per le esperienze vissute insieme difficilmente eliminabili emotivamente. Un capitano, classicamente tale per anzianità, non è detto che abbia le doti sopra indicate. Due esempi che mi vengono in mente, magari confutabili. Handanovic è capitano ma non mi sembra un leader. Romagnoli è stato capitano, ma non mi sembrava un leader. Totti sicuramente lo era, anche se i suoi rapporti con Spalletti non fossero idilliaci. Di Lorenzo è sicuramente il leader del Napoli. Non a caso proprio con l'Inter trascina la squadra alla vittoria. Veniamo alla stella. Mi rifaccio ai tre dei del calcio,  li chiamo così, perché purtroppo non sono più tra noi. Pele', Maradona, e Di Stefano. Pele', e sono mie considerazioni personali, non è mai stato un leader nei campionati mondiali da lui vinti. Lo è  stato nel Santos. Nel 58 era un ragazzino, nel 62 era Zito, e nel 70 era Rivelino. Ma ne è stata la stella indiscussa. Come Maradona, magari leader nella sua nazionale, ma meno nel Napoli dove Ciro Ferrara era forse il vero leader. Di Stefano è sempre stato un leader naturale nel Real. Rivera nn era certo un leader nel Milan 63, benché fosse già una stella. Lo era Cesare Maldini. Lo era diventato però nel fantastico biennio 68/69. E Rocco costruì la squadra attorno a lui. Non lo era sicuramente nella nazionale circondato da stupidi dualismi, invidie e denigrazionei esterne, per sfociare addirittura nella farsa dei 7 minuti in finale nella sfortunata e molto turbolenta per tensioni in squadra e fuori,  spedizione in Messico.

L'autore identifica la maggioranza delle figure di leader in certi ruoli centrali, quindi più  spesso un centrocampista, tipicamente il centrocampista regista. Di solito chi tiene in mano il pallino del gioco. Ma anche i vecchi liberi, però, aggiungo io. Picchi era leader indiscusso nell'Inter di Helenio e Baresi pure. Scirea pure. Zoff lo era pur essendo portiere e credo pure Zenga. De Bruyne lo è nel City, visto che ha tale autostima da mandare a quel paese Guardiola che lo riprende duramente in una fase di gioco.

La ulteriore domanda che si pone l'autore è: È necessario avere un leader? La risposta è si, e personalmente concordo pienamente. Se mi rifaccio al Milan vittorioso dello scorso anno è indubitabile il ruolo di leadership di Ibra in campo, soprattutto di guida di un gruppo di giovani. Uno dei motivi dell'insuccesso del Milan di quest'anno, perché tale si tratta, inutile negarlo, perché andare in Champions su squalifica eventuale della Juve è  prestazione sportiva mediocre e poco onorevole,  è non solo dato dagli errori, un poco troppi di Pioli, ma proprio dalla mancanza di un vero leader. Leao è la classica stella che non è un leader. 

Una domanda che pongo io è leader si nasce? La risposta è sì. Ma a volte si pensa di non esserlo e comunque le doti innate prima o poi saltano fuori. È assolutamente il caso di Tonali che sta sempre più diventando il leader di questa squadra, anche se non ne è il capitano. Da "cugino" pongo una domanda ai tifosi interisti, così come in generale ai tifosi delle altre squadre. L'Inter ha un leader? Do una mia risposta. Non lo ha avuto se non a livello occasionale in tanti alti e bassi, e questo può spiegare il suo livello molto ondivago di prestazioni, ma recentemente, dal mio punto di vista ne ha trovato uno che ha permesso in campo grandi risultati: Edin Dzeko.

Purtroppo non esiste solo il leader positivo, ma in squadra a volte compaiono i leader negativi. È una figura pericolosa, perché ha carisma, doti tecniche uguali a quello positivo perché tende a infuenzare dividere e a portare al fallimento. Spesso figure di questo genere portano al licenziamento degli stessi allenatori, perché al contrario del leader positivo non traducono in campo le indicazioni dello stesso. Figure di questo genere si vedono nel loro atteggiamento, nella postura e nel modo con cui accettano o meno le ndicazioni del capo, contrapponendosi. Kjaer nel Milan, per me grande difensore e assolutamente leader carismatico pure nella sua nazionale si sta mettendo su una posizione che sta cominciando ad assomigliare, a mio avviso,  a quella del leader negativo. Pure la presenza di Ibra non più giocatore rischia di diventare un elemento di disturbo.

Possiamo, noi milanisti, non essere soddisfatti del campionato attuale e chiamare in causa chi vogliamo, Maldini, la Società dal braccino corto, gli errori di Pioli, ma di una cosa dobbiamo essere contenti: abbiamo un leader giovane e che diventerà la colonna della nostra squadra. Italiano, per giunta, come piace a me, ed è Sandro Tonali. Teniamocelo stretto.