L’articolo del giovedì mattina è generalmente uno dei più difficili da scrivere per un tifoso italiano. Consiste sinteticamente nel riflettere sulla sconfitta di una squadra che se ne torna nel nostro campionato con la coda fra le gambe. E ora testa al campionato, dicono gli allenatori mentre la sala stampa si svuota mestamente. E a noi non resta che cercare di capire ancora una volta come facciano gli altri ad essere sempre migliori di noi. Perché la ruota non gira mai?
Chi scrive pensava sinceramente che l’epoca del Covid fosse come quella di Calciopoli. Se era colpa dei capitali stranieri, che foraggiano la vitalità del campionato inglese per esempio, questo poteva davvero essere un anno zero. Nella difficoltà pochi riescono a compattarsi come noi italiani.
E invece ieri mattina ho telefonato come ogni anno alla consigliera di SFR.
Vorrei disdire il mio abbonamento al vostro canale sportivo, ho detto.
Di solito a questo punto la ragazza mi chiede perché lo faccio, ma lei mi ha risposto soltanto che aveva registrato la mia richiesta, se avevo altre domande da farle. Mi sono detto che i vantaggi di essere un cliente fedele sono anche quelli di non ricevere sempre le stesse domande. O forse che sullo storico cliente c’era scritto “lo fa tutti gli anni, ma poi torna a settembre”.
Pensavo di scrivere un articolo sul misterioso segreto del calcio inglese. Gli allenatori che ci sono stati dicono che è qualcosa di completamente diverso, ma faticano a spiegare di cosa si tratti. E quando tornano nel nostro campionato è come quando qualcuno ti dice che la Svizzera è magnifica e che non ci vivrebbe mai.
Poi mi sono ricordato di Bruno Fernandez che dice che da noi i numeri 10 sono bistrattati. Noi che abbiamo avuto nell’ordine Platini, Maradona, Baggio e Zidane, sembra che adesso la disprezziamo la creatività. O forse ne desideriamo una diversa, un 10 atipico, meno tecnico ma più tranchant.
Uno come Ruud Gullit, per capirci meglio.
E poiché non mi sembra il giorno adatto per essere disfattisti, preferisco inaugurare una nuova rubrica chiamata “la Juventus che vorrei”. E la prima cosa che vorrei è comprare Gullit.
I giornali sportivi parlano di Locatelli per risolvere i problemi del centrocampo bianconero. E’ una scelta calcisticamente oculata, è un centrocampista forte e andrebbe a integrare lo zoccolo duro italiano che è sempre imprescindibile.
Ma il problema che Locatelli non potrebbe risolvere è quello della personalità. Tanti buoni giocatori in questa Juventus, ma nessun Obdulio Varela. Che nella finale del 1950 contro il Brasile, si fece una passeggiata di cinque minuti con la palla sottobraccio, tra gli insulti dei tifosi brasiliani, per spezzare il ritmo della loro cavalcata e fargli capire che non era affatto finita. E l’Uruguay poi lo vinse quel mondiale, pur essendo di gran lunga meno forte del Brasile.
Confesso che per l’erede di Obdulio devo ancora lavorarci, ma nel centrocampo della mia rubrica c’è un’altra figura imprescindibile, il Guascone.
Durante un’intervista Gullit racconta che la mattina della partita con il Real Madrid, aprì gli occhi e trovò Ancellotti che lo fissava. Gli chiese come potesse dormire come un bambino prima di una serata così importante.
Ma che te ne frega, siamo molto più forti del Real Madrid! Rispose l’olandese stropicciandosi gli occhi.
E sempre in quell’intervista diceva che è nel tunnel che ti porta sul campo che gli avversari capiscono che tu ti senti invincibile. Che fossero i giocatori dell’Avellino o del Real Madrid per lui non faceva alcuna differenza.

Quale giocatore potrebbe assomigliargli oggi? Secondo Costacurta, il Cristiano Ronaldo del Real Madrid.
In parte mi trovo d’accordo con lui, soprattutto da un punto di vista calcistico. Ma io avrei fatto anche un altro nome, che oltre al calcio abbraccia anche la personalità del giocatore. Avrei detto Pogba.
Nella classifica dei giocatori della nazionale meno amati dai francesi, il Polpo è secondo soltanto a Rabiot. E non possiamo dire che la sua esperienza in Inghilterra sia stata trascendentale.
Eppure alla Juventus servirebbe tanto la sua strafottenza, la sua fisicità imponente e persino la sua incostanza. Quella del campione che non si accende, ma se si accende con un tiro dai 30 metri mette fine a tutte le velleità.
E poi la musica, le andate e ritorno tra il Manchester e la Juve, come con il Milan e la Sampdoria per Gullit. E quel sorriso contagioso che scomponeva Sacchi e probabilmente avrebbe scomposto anche Sarri.
Forse varrebbe la pena scambiarlo con Dybala se il Manchester fosse d’accordo. Volevano darci Lukaku e noi gli abbiamo riso in faccia. Alla fine ci siamo accorti che avevamo torto, ancora una volta.
E allora va bene Locatelli, come andava bene Colombo prima di Rijkaard. Ma solo se ci sarà anche il Gullit bianconero al suo fianco, a dire a Ronaldo di stare tranquillo, che per questa volta ci penserà lui.