Il titolo non inganni, il ko del Napoli contro l’Empoli non è dipeso certo dal cambio di casacca, cosa che per scaramanzia in primis di De Laurentiis si cerca sempre di evitare. Determinate sconfitte mi provocano sempre un certo malessere. Mi riportano indietro nel tempo, quando bastava incontrare una cosiddetta piccola per andare sistematicamente in difficoltà o quando il ricorso al turnover metteva in mostra la brutta copia della squadra titolare. Certe sconfitte non te le aspetti più, anche solo per evidente superiorità rispetto ai rivali e, soprattutto perché, scegliere di non giocare evidenzia una mancanza di mentalità che non si addice a una squadra che punta a essere grande. La mentalità è un qualcosa che o hai o non hai, non puoi scegliere di usarla a piacimento. Non è qualcosa di automatico che si accende o si spegne in base alla propria volontà o in relazione alla sfida da affrontare e alla sua relativa importanza.

Vallo a capire cosa è successo tra Roma e Empoli a distanza di tre giorni. Magari nulla, senonché mentre contro i giallorossi è bastato andare al piccolo trotto date le condizioni disastrate dei capitolini, contro i toscani non sono state sufficienti le reazioni avute dopo i due svantaggi. Si potrebbero trovare diverse giustificazioni per la sconfitta del Napoli: le diverse motivazioni in campo delle due squadre, spazio a chi ha giocato meno, testa all’Arsenal. Ma sarebbero degli alibi non adatti e dunque non positivamente critici verso una squadra che dice di voler vincere. Giustificazioni smontabili facilmente se come paradigma di riferimento si prende una società che per mentalità e vittorie è un modello da seguire. Ovvero la Juventus.

1) MOTIVAZIONI DIVERSE – L’Empoli è in piena lotta per non retrocedere, il Napoli è certo della qualificazione in Champions. Ma non è ancora matematicamente sicuro e già questo crea fastidio per l’atteggiamento avuto ieri al Castellani. Mancano 8 giornate al termine del campionato, 24 punti in palio e dietro c’è una pazza Inter ( a meno 7) che potrebbe sempre approfittarne delle distrazioni degli azzurri se dovessero continuare. Non assicurarsi il secondo posto, dopo la stagione non certo positiva dei nerazzurri, sarebbe dura da digerire. E a proposito di motivazioni, c’è una Juventus che sa di aver vinto lo scudetto già ad agosto e tuttavia se ne va da Cagliari – con i sardi anch’essi impegnati nella lotta salvezza – con i tre punti.

2) IL TURNOVER – Una rondine non fa primavera, ragion per cui una partita non basta a stabilire se chi ha giocato meno non è all’altezza di quelli definiti titolarissimi. Anche perché è difficile rendere se un’intera squadra non gira. Inoltre alcune seconde linee in precedenti partite avevano ben figurato. Certo, la scialba prestazione di ieri potrà incidere sulla futura permanenza in azzurro di alcuni, alla luce anche delle parole di Ancelotti di qualche settimana fa: "Tutti sono sotto esame". Ma il punto è un altro, nuovamente: i bianconeri sono da tempo alle prese con infortuni, anche a Cagliari hanno giocato senza diversi titolare (su tutti Ronaldo, Dybala, Mandzukic), eppure chi gioca non fa sentire minimamente la mancanza di chi è assente. E pur nelle difficoltà e non offrendo un bel calcio riescono a sempre a imporsi.

3) TESTA ALL’ARSENAL – È evidente che la partita più importante della stagione partenopea è diventata la doppia sfida contro i Gunners in Europa League. Da tempo ormai, il giudizio sul primo anno di Ancelotti in azzurro è sub judice: tutto dipende dal cammino europeo e dal suo esito finale. Eppure non mi risulta che la Juventus sia arrivata alla sfida contro l’Atletico Madrid perdendo partite. Anzi, l’unica sconfitta è arrivata dopo la rimonta contro gli spagnoli ed è stata fisiologicamente accettabile. E anche ora, in attesa dell’Ajax, non sono ammesse distrazioni.

Ogni partita va giocata puntando alla vittoria. Poi si può perdere, nel calcio non esistono gli invincibili. Ma nulla va lasciato per strada, pur dovesse trattarsi classica partita tra scapoli e ammogliati. Senza questo atteggiamento sarà difficile mantenere il confronto per 38 giornate o contro squadre abituate a gareggiare a determinati livelli. La crescita in mentalità deve essere il primo obiettivo del Napoli di Ancelotti.