E’ lunedì, i fumi dell’alcol sono svaniti nell’aria, i portafogli svuotati nel weekend da ristoranti, bar, mari e laghi sono affamati e aspettano con trepidazione venerdì, per molti giorno di San Paganino.
A proposito di fumi dell’alcol, l’alcol si beve, non si fuma, da cosa nasce questo modo di dire? Secondo gli antichi medici, dopo un’abbondante bevuta alcolica si formerebbe nello stomaco un enorme vapore che, se non espulso, arriverebbe fino al cervello offuscandolo.

Ultimamente devono aver bevuto molto anche i nostri politici, così tanto da riempirsi completamente il cervello dai pericolosi fumi alcolici. C’è chi beve per divertirsi, per inebriarsi, per socializzare, c’è chi lo fa per dimenticare, c’è chi lo fa probabilmente invece per far del male agli italiani.
Scherzi a parte, senza offesa, sembra che a Roma, alla Camera e al Senato, si siano veramente bevuti il cervello.
Quando il 13 febbraio 2021 il signor Mario Draghi ha accettato l’incarico, che io non accetterei mai, di guidare questo disastrato Paese verso la sopravvivenza, tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Noi cittadini perché fino a quel momento spaventati, terrorizzati dall’incapacità di chi ci stava governando; chi invece governava perché ormai travolto da perpetui attacchi di panico dovuti all’ansia del disastro socio-economico-sanitario che c’era in atto, di cui chi era al timone della barca alla deriva era responsabile.
Un anno e mezzo fa tutti a festeggiare uniti come forse lo eravamo stati solo l’11 luglio 1982 in occasione della vittoria della nazionale di Bearzot ai mondiali giocati in Spagna (a proposito, due settimane fa c’è stato il quarantennale di quell’impresa indimenticabile, leggendaria), settimana scorsa tutti contro l’uomo della provvidenza, reo di aver fatto troppo il saccente, il presuntuoso, il professore che con umiliante tracotanza bastona gli alunni stupidi, incapaci, che non si applicano, che non seguono le sue lezioni di economia, di strategia militare, le sue raccomandazioni su come ci si deve comportare di fronte ad una pandemia, ad una crisi geopolitica che sta mettendo in ginocchio l’Europa, il Mondo intero.
Stamattina, durante la solita coda sulla tangenziale est milanese, ho ascoltato in radio Carlo Calenda, nipote del celebre regista Luigi Comencini, nonché ex ministro dello sviluppo economico dei governi Renzi e Gentiloni.
Calenda non mi è mai stato simpaticissimo, facile per lui che viene da una famiglia bene essere riuscito a diventare giovanissimo dirigente in Ferrari, responsabile marketing a SKY, assistente del presidente di Confindustria e direttore generale di Interporto campano, ma è tra i pochi che dice cose concrete, cioè che il compito della politica non è promettere più soldi alla mamme, promettere boschi in ogni angolo di strada e ipocrite leggi che non cambierebbero nulla sulle varie discriminazioni, ma bensì saper amministrare, gestire in maniera corretta l’azienda di tutti i cittadini, cioè lo Stato. Non ho mai capito quale sia la sua ricetta per un’ottima riuscita dell’obiettivo finale, ma ha ragione.
Ha ragione quando dice che i vari politicanti di destra, centro e sinistra non hanno mai lavorato un minuto in vita loro, che non fanno altro che spararle grosse per portare a casa voti e mantenere il loro sederino sulla tanto ambita cadrega. Non so se lui sia migliore di loro, se lui sarebbe in grado di, ma ripeto, ha ragione.
Vi immaginate uno di quelli, che la settimana scorsa è uscito dal senato senza votare la fiducia al governo, andare in Algeria a contrattare la fornitura di gas per il prossimo inverno? Ve li immaginate andare in Europa a chiedere i soldini per sfamare il nostro popolo sempre più in difficoltà per le varie vicende che da qualche anno si susseguono, si accavallano?
Ve li immaginate parlare al telefono con Putin cercando di convincerlo che è meglio che la faccia finita con una guerra assurda e imponendogli di garantire il grano che serve a non far morire l’Africa?

Tra un paio di mesi voteremo il nuovo parlamento, da quel parlamento uscirà il nuovo esecutivo scelto da noi e incaricato dal presidente della Repubblica Mattarella, che alla sua età ha deciso per il martirio accettando di risiedere ancora al Quirinale.
Non so se andrò a votare, non ne ho voglia, forse lo farò per dovere, pensando con molta tristezza che gli uomini spazzati via da Tangentopoli trent’anni fa, con tutti i lori difetti che ci hanno messo in un bel pasticcio, erano tre spanne sopra quelli di oggi.

Auguri per il governo che verrà e l’Italia che sarà... in un attimo sarà di nuovo fine settimana, beviamoci sopra.