Ogni grande squadra ha alle spalle una grande società, e ogni grande società è presieduta da un grande Presidente. Ieri sera, al termine della gara persa contro l’Ajax che ha sancito l’eliminazione della Juventus dalla Champions League, Andrea Agnelli ha dimostrato, qualora ancora ce ne fosse bisogno, di essere un grande Presidente. Pur manifestando senza alcun pudore l’amarezza e la profonda delusione generata dall’ eliminazione dalla manifestazione continentale, ha annunciato prima di ogni altro commento la conferma di Massimiliano Allegri sulla panchina bianconera riguardo la prossima stagione. Questa, la sua dichiarazione ai microfoni Sky al termine della partita: "C'è la consapevolezza che sono cinque-sei anni che siamo nei quarti di Champions, è un orgoglio che ci spinge a portare avanti questo percorso. Allegri ha ancora un anno di contratto. Lui, Paratici e gli altri garantiranno il futuro della Juve".

Un Presidente “tifoso e populista”, a causa dell’amaro in bocca generato dalla deludente prestazione messa in mostra dalla squadra nella serata ieri, avrebbe con ogni probabilità annunciato un ribaltone dell’area tecnica. Ma Andrea Agnelli sa benissimo che vincere, al di là della consistenza dei budget, passa attraverso un concetto fondamentale, quello della programmazione. Il Presidente bianconero è pienamente consapevole che è proprio grazie alla progettualità e all’organizzazione del proprio club che la Juve si appresta a vincere il suo ottavo scudetto consecutivo, così come da diversi anni si trova stabilmente tra le migliori otto squadre d’Europa e dal quarantatreesimo posto nel ranking internazionale è passata alla quinta posizione. Inoltre, scaricare il tecnico dopo la gara di ieri, avrebbe significato offrire su un piatto d’argento ai propri giocatori l’alibi perfetto per sottrarsi alla responsabilità della sconfitta. Errore che una società forte non può e non deve commettere. Il presupposto di partenza è che in campo non ci vanno né il tecnico, né tanto meno i dirigenti, bensì i giocatori, che in primis dovranno quindi assumersi l’onere e la responsabilità delle prestazioni e dei risultati della squadra.

Certamente anche lo staff tecnico dovrà analizzare a fondo i motivi di questa sconfitta e soprattutto il fatto che, una volta terminata la fase a gironi la squadra su quattro partite disputate, due con l’Atletico Madrid e due con l’Ajax, solamente in un’occasione, quella della gara di ritorno a Torino contro i madrilisti, ha dimostrato di saper giocare un calcio “europeo”, fatto di aggressività, dominio e personalità. Troppo poco per un club ambizioso come la Juventus che mira a vincere la coppa dalle grandi orecchie. Inoltre, altro aspetto da non sottovalutare, è quello legato ai tanti, troppi infortuni di natura muscolare che hanno colpito a più riprese diversi giocatori bianconeri nel corso della stagione, privando il tecnico del loro apporto in partite determinanti come quella di ieri sera. Sarà molto utile studiare le cause di questo allarmante fenomeno e capirne le motivazioni, al fine di correggere il tiro a livello di preparazione atletica e sistemi di allenamento qualora se ne ravvedesse la necessità.

Dopo questa fragorosa caduta ai bianconeri non resta che rimettersi in piedi fin da subito. C’è da archiviare la pratica campionato e quindi focalizzare tutta l’attenzione sul conquistare quel punto necessario per arrivare allo scudetto. Poi, dal giorno successivo, Paratici e Allegri dovranno sedersi a tavolino per pianificare e programmare la prossima stagione nel migliore dei modi. La Juventus non ha bisogno di essere né stravolta, né tanto meno rifondata. Possiede infatti solide basi tecniche e caratteriali da cui partire su cui sarà necessario innestare qualche importante correttivo per rendere la squadra ancor più competitiva. La prossima stagione ripartirà necessariamente dalla conferma di alcuni punti fermi quali Szczęsny, Bonucci, Chiellini, Alex Sandro, Emre Can, Matuidi, Cristiano Ronaldo e Mario Mandzukic. Significative e, con ogni probabilità, dolorose decisioni dovranno invece essere assunte nei confronti di alcuni giocatori che pare essere giunti al capolinea della loro avventura in bianconero. Paulo Dybala che solo un paio di stagioni fa veniva accostato a Messi, sembra aver perso oltre che la propria identità, quello smalto e quella freschezza di gioco che avevano caratterizzato le sue prime stagioni in bianconero. Con l’arrivo di CR7 e la necessaria presenza di Mandzukic a fianco del portoghese, Allegri ha ritagliato per lui un nuovo ruolo, più lontano dalla porta, che pare avergli tolto certezze e sicurezze. Il brasiliano Douglas Costa pur facendo vedere lampi di immenso talento ha messo in mostra tutti quei limiti caratteriali che già a Monaco di Baviera, luogo dove di calcio qualcosa capiscono, lo avevano relegato ai margini del progetto tecnico del club. Anche la posizione di Miralem Pjanić, talento sopraffino di cui solo un pazzo potrebbe discuterne classe e talento, elementi che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di “professore” del centrocampo, non pare essere più così certa come pareva soltanto qualche mese or sono. Troppo spesso, soprattutto nelle partite che contano, il centrocampista bosniaco ha dimostrato pericolosi blackout soprattutto in termini di personalità, carisma e leadership, requisiti indispensabili per chi vuole porsi nel ruolo di direttore d’orchestra di un grande gruppo come quello bianconero. Infine, sembrano essere vicini i titoli di coda per due storiche bandiere bianconere: Barzagli che ha già annunciato il ritiro al termine della stagione e Sami Khedira, che a causa dei tanti problemi fisici che da tempo lo affliggono, non è più in grado di fornire quell’affidabilità che il titolare di una grande squadra deve garantire. Altri calciatori quali Bernardeschi, Bentancur, Cancelo, Rugani, Spinazzola, Kean, dovranno invece dimostrare definitivamente di “essere da Juve”, scalando quell’ultimo gradino costituito di esperienza e personalità che ancora manca loro per poter essere considerati atleti di valore internazionale.

Difesa e centrocampo saranno quindi i reparti su cui la società dovrà maggiormente intervenire in sede di mercato, sia in termini qualitativi che numerici, andando alla ricerca di calciatori con caratteristiche “europee” e quindi dotati di classe, intensità, dinamismo e personalità. Quelle peculiarità che Aaron Ramsey, il primo acquisto dei bianconeri per la prossima stagione, ha già dimostrato di possedere nella gara di Europa League disputata la scorsa settimana contro il Napoli di Carlo Ancelotti.

Il ciclo della Juve è tutt’altro che chiuso, a differenza di quanto dichiarato da qualche detrattore un po’ di parte, e senza rivoluzioni ed isterismi la Juve saprà certamente rimettersi in cammino più forte di prima ripartendo essenzialmente da se stessa, dalla propria storia e dalla propria forza.