Mentre il Napoli batte la Juventus in Coppa Italia, alzandola davanti agli occhi di Higuain e Sarri – “non esiste soddisfazione più grande” afferma un tifoso partenopeo – e il Liverpool dopo 30 anni torna a regalare la Premier League ai suoi tifosi, un’impresa che nemmeno Torres, Gerrard e Owen sono riusciti a compiere, in Italia, come in un universo parallelo, come in quei racconti favolistici in cui si naviga nella fantasia o come un “universo diegetico” tanto per citare un illustre sociologo e filosofo francese, Edgar Morin, Jeremy Menez è ufficialmente un nuovo calciatore della Reggina.
All’inizio – come da prassi al giorno d’oggi – il tutto cominciava ad essere vociferato nei vari social che governano il web: giornalisti che parlavano con i vari procuratori, poi il giocatore stesso con alcune storie su Instagram, una sua foto riempita di commenti da parte dei tifosi (tra chi ci credeva, tra chi rimaneva incredulo e tra chi considerava la sua carriera soltanto una mercificazione) fin quando lo stesso Jeremy pubblica una foto in aereo con scritto “Sud, j’arrive”. E così fu. Jeremy Menez “est arrivé à Reggio de Calabre”.

Jeremy Menez è un classe ’87 ed ha 33 anni. Può sembrare strano perché da tempo si sente parlare di lui, fin da quando calpestava il prato del nostro campionato. Ed è proprio alla Roma, nel 2008, che lui stesso acquisisce popolarità, anche se ne aveva già diversa sul web perché quando sbarcò nella Capitale, circolavano diversi video che lo ritraevano in giocate considerevoli, gol non banali, velocità e dribbling indiscutibili che un qualsiasi tifoso poteva benissimo chiedersi come mai non fosse stato notato da qualche big europea. Proprio sui dribbling era estremamente arcano. Non è un caso che il noto telecronista giallorosso lo soprannominava “Houdini”: un tunnel all’avversario seguito da un altro tunnel, velocità da mettere a disagio chiunque in difesa e chi lo insegue per la marcatura, un colpo di suola, di tacco. Il tutto a testa alta, senza accenno di difficoltà, ma con ostentazione verso l’avversario che rimaneva a guardare. E lo stesso lo facevamo noi. Come a Roma, quando nella rimonta storica contro il Bayern Monaco, compie una discesa sulla fascia che ha mandato in fibrillazione chiunque. In quel frangente De Michelis veniva smarcato come un birillo e probabilmente anche lui stava pensando che l’appellativo “Houdini” non era così millantato. Poi il cross in mezzo e, come se non avesse dato già abbastanza pepe alla sua giocata, ecco che trova il tunnel a Van Buyten che permette al pallone di trovare il piede di Borriello che, da terra, trova il gol che riaprirà le danze di quella notte magica. Lì la sua giocata più bella – anche quella dove dribblava il portiere dell’Udinese Prosinecki era da guardare con le pop corn in mano – perché poi, una volta approdato alla corte francese del PSG, a soli 24 anni, ecco che la parte migliore della sua carriera già volgeva al passato, incorniciata nei video, nelle giocate alla Roma e negli articoli di giornale.
Già, perché se state pensando che il miglior Menez si sia visto con il Milan, beh, non c’è nulla di più sbagliato. Ai meno attenti può sembrare così, a chi si basa sull’apparenza, ma ai più meticolosi a quelli che hanno visto la partita lì allo stadio – simple audience – e chi invece la vista da casa – mass audience – è consapevole che il francesino stava in una squadra in forte declino. La genialata è stata di Inzaghi nel portarlo prima punta, dandogli la stagione migliore con i suoi 16 gol in 34 partite. Sono tanti, impreziositi anche con quel tacco a Parma che ha mandato in visibilio la categoria “tendenza” di YouTube. Ma come affermerà anche lui, sarà un giocatore discontinuo. Una parabola discendente che aveva trovato la saturazione a Roma, ma che poi è stato un continuo scendere, scendere e scendere. Con il Milan è stata la sua miglior stagione a livello di rendimento statistico, ma non di costanza in campo. Era un Milan flebile, atterrito da una situazione economica. Insomma, era il leader di un’Armata Brancaleone.
E poi un susseguirsi di rimpianti: “avrei potuto fare di più”, “avrei potuto dare di più”, “non ho lavorato abbastanza”, etc. Una giustificazione che trova terreno fertile, o meglio, che prova a trovare terreno fertile nel difficile mondo del calcio che, stando a quanto dichiarato da lui, non è altro che un <<mondo falso dove la gente finge di esserti amica>>.
L’accoglienza da vero “Houdini” l’ha ricevuta sia all’Antalyaspor che al Club America: urla, bandiere, fumogeni, cori. Tutto per il mago Menez. La prima, di queste esperienze sopra citate, culminata con 9 presenze e nessun gol. La seconda, inizia bene, gol all’esordio per poi essere fermato dal legamento crociato e terminare la stagione con 4 gol, tutti su rigore. Non ho citato l’esperienza al Bordeaux, troppo fioca, quasi impercettibile (perché dovrei ricordarla solo perché un tackle gli è valsa la mozzatura dell’orecchio?). Poi quella al Paris FC, con un impatto sgradevole perché nemmeno lui sapeva il vero motivo della sua presenza lì. Il 2020 inizia con 4 gol in tre partite, ma poi la pandemia bussa alle porte del mondo e bisogna fermarsi.

Ora, est arrivé à Reggio de Calabre, ma non aspettatevi nulla. Perché avrà lo stesso esito delle altre; perché il declino è cominciato al PSG, poi è stato attenuato al Milan – solo per le statistiche – e poi è stato solo un tracollo fatto di pentimenti e rimpianti. L’unico attributo da mago è la popolarità al suo arrivo in una squadra, ma come ci riesca nessuno se lo spiega...
Prima lo era per i dribbling, ma quando il pubblico capisce il trucco, o si diventa tutti maghi o i maghi non esistono più.