Nonostante siano passati poco più di due giorni dall'annuncio ufficiale, si deve già parlare al passato. La Super League, nata ufficialmente in una notte di aprile, in un'altra notte di aprile si sfalda con la rinuncia dei club inglesi. 
E già qui, sui club inglesi, si dovrebbe parlare di moralismo e bieco populismo. Mentre i comunicati di scuse parlano di tifosi, romanticismo calcistico e altro baggianate inventate dai loro uffici stampa, tutti sanno che la minaccia della "bomba legislativa" di Boris Johnson è la vera ed unica ragione per cui i britannici in gruppo si sono rifilati dal tavolo della Super League.

La verità è che così ci perdono tutti. Ci perdono i club che si erano inizialmente esposti aderendo all'idea. Ci perdono i tifosi che, incredibilmente, hanno iniziato a difendere un'istituzione corrotta e moralista come la UEFA. Ci perde la UEFA stessa che ha passato gli ultimi 20 anni ad arricchirsi sulle spalle dei club, leccare i piedi ai grandi finanziatori - vedi PSG e Manchester City -, distrutto una competizione come la Coppa UEFA e azzerato la competizione sportiva attraverso un FPF ridicolo che impedisce ai club in difficoltà di crescere e ha trasformato la Champions League in una competizione elitaria almeno quanto la Super League (almeno per quello che si sapeva). CI perdono anche i club che non rientravano nella selezione dei 12 + 3, perché la competizione giocata per merito sarebbe rimasta, sarebbe stata la Champions League e avrebbe avuto squadre di tutto rispetto come Lazio, Roma, Napoli, Atalanta in Italia o Bayern e PSG all'estero - ma forse qui i dubbi sulla reale competitività di questi club a livello europeo già inizia a vacillare.

Ed è proprio per queste ragioni che mi viene da parlare di falso moralismo. Mi chiedo quanto i giornali e l'opinione pubblica fossero veramente contro questa competizione o ne fossero semplicemente molto invidiosi. La Gazzetta (di proprietà del Torino, ricordiamolo), ad esempio, non mostra neanche un articolo di un opinionista minore o maggiore che sia a favore della competizione. Mi immagino le dirigenze come quelle del Napoli o dell'Atalanta strofinarsi le mani nella speranza di giocare Champions e Serie A senza Inter, Milan e Juve, mentre i loro uffici stampa parlano di sportività e competizione (ricordiamoci storie come quelle della ASL di Napoli o di Gasperini che impedisce un controllo anti-doping).
Con questo non voglio assolutamente dire che da tifoso avrei amato la Super League, ma non vederla nemmeno nascere è, dal mio punto di vista, una mancata occasione di dialogo per smussare gli angoli di un progetto nato non benissimo, ma che in un clima più sereno avrebbe potuto farci uscire dal centralismo dell'UEFA che, fino a ieri, tutti criticavamo unitariamente e che, per moralismo, è diventata, per l'opinione pubblica, l'unico baluardo della sportività e della meritocrazia.

Allora vi pongo la domanda a parte la champions 2019/20 (anno anomalo sotto tutti i punti di vista) quanto fatturavano i club in semifinale di champions gli altri anni? Non è forse anche il FPF un modo per "comprarsi" l'accesso alla Champions?