Il feuilletton, romanzo d'appendice, sulle vicende rossonere si è arricchito di nuova puntate.

Quando l'altro ieri è stato annunciato il rinvio di Juventus-Milan, semifinale di ritorno della Coppa Italia 2019-20, il mondo social rossonero si è scatenato facendo notare che la decisione è arrivata subito dopo che la mamma di Cristiano Ronaldo è stata colpita da un ictus e il figlio, giustamente, si è assentato per accorrere al suo capezzale.
In effetti, per giorni la Juventus si è messa di traverso a ogni soluzione che non fosse la disputa del match a porte aperte senza pubblico proveniente da Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Questa soluzione, che di fatto escludeva l'unica fonte di sostegno morale per il Milan ovvero gli ultras, era senza senso dal punto di vista della prevenzione del contagio. Pensate, infatti, che Novara e Alessandria sono province del Piemonte, ma sono molto legate a Milano, dal momento che parecchi abitanti di quelle zone lavorano nel capoluogo lombardo recandovisi giornalmente come pendolari (soprattutto da Novara, che è sulla linea Torino-Milano, ma anche da Alessandria, che si raggiunge con alcuni convogli diretti a Milano Porta Genova via Mortara e Vigevano). Queste persone lavorano a contatto con i Lombardi e ne usano gli affollati mezzi pubblici, quindi sarebbero stati potenziali portatori di contagio quanto i Lombardi stessi. Le modalità di afflusso allo stadio, pertanto, non davano alcuna garanzia, ma di questo, come di altri inconvenienti particolari, la Juventus ha, in effetti, preso atto proprio e solo l'altro ieri con dichiarazioni pubbliche in favore del buon senso e della prevenzione. Dal momento, comunque, che al sottoscritto interessano solo gli aspetti pratici, quando si adotta una soluzione di buon senso, lo stesso sottoscritto se ne frega delle motivazioni. Quindi, assenza di Cristiano Ronaldo o no, se il rinvio del match era opportuno (e per me lo era), tale soluzione è stata la benvenuta. Se Cristiano Ronaldo dovesse essere presente nel ritorno, non sarà io a fare polemica.

Credo, tuttavia, che vada chiarito il significato dei termini complotto e complottismo. 
I complotti esistono quando gli incappucciati si riuniscono nelle cantine o nelle segrete dei manieri abbandonati, giurando di fronte a icone sacre di raggiungere un certo perverso obiettivo e mantenere il segreto a costo della vita, pena la combustione della propria anima e di quella dei propri cari fra le fiamme eterne dell'inferno ecc. Avete quindi capito che i complotti non sono così frequenti, anche perché non è facile metterli in piedi. Quando, pertanto, si fa notare che certe decisioni sono prese solo a favore di una certa squadra e che le probabilità dei suoi avversari sono solo teoriche, non ci si riferisce agli incappucciati.
Ci sono squadre, gruppi economici e dirigenti tanto influenti, perché storicamente autorevoli e radicati nel mondo dello sport professionistico e dell'economia, da dover solo chiedere per ottenere, senza bisogno di coinvolgere gli strangolatori Thug, l'antica Setta degli Assassini (Assassin's Creed) o i Tai-Ping cinesi. Se tali squadre o gruppi economici hanno un problema, questo diventa, in modalità automatica, anche il problema delle autorità e degli arbitri. E non è complottismo denunciare questo cattivo funzionamento del sistema, ma far capire solo cosa va corretto. Se certi meccanismi fossero stati corretti prima di Calciopoli, quando si era ancora in tempo, ne avrebbero beneficiato Moggi, un grande dirigente, e la stessa Juventus, una grande società. Cose simili, per esempio, accadono a volte anche in tribunale, quando le tesi dell'avvocato di lungo corso, stimato dal giudice, fanno presa sul magistrato molto più di quelle del giovane professionista sconosciuto e fresco di abilitazione, magari più bravo del collega illustre. Non dovrebbe accadere, ma non ci sono complotti. Dovrebbe contare solo la validità oggettiva delle argomentazioni, ma quando si interagisce fra esseri umani, non bisogna trascurare il peso dell'auctoritas, del prestigio personale dei soggetti coinvolti.

Parlando poi di complotti, escluderei che ne sia stato ordito uno nella società A.C. Milan per eliminare le bandiere e dare tutto in mano a un Gazidis, come credono molti tifosi. Due figure come Boban e Maldini facevano e fanno comodo a una proprietà lontana come il fondo Elliott. In realtà. c'è stata una divergenza di vedute fra Gazidis da una parte e Boban, spalleggiato da Maldini, dall'altra su come costruire la squadra dei prossimi anni. Gazidis è fautore dell'acquisto di profili giovani, promettenti e da valorizzare. Boban e Maldini sono invece dell'opinione che occorre puntare su profili dal valore certo, anche se verso la fine della carriera, in scadenza di contratto e in grado di far crescere un gruppo di giocatori in età verde. Dire chi abbia ragione non è così facile quanto potrebbe sembrare, Ibrahimovic, super professionista e fisicamente integro, si è rivelato un profilo azzeccato, ma Ribery entra ed esce dall'infermeria della Fiorentima dopo un inizio sfolgorante. Diciamola tutta, se Thiago Silva è nelle condizioni fisiche di Ibrahimovic, lo si prenda al volo e gli si garantisca un lauto ingaggio, ma se dovesse finire come Ribery, meglio non puntarci. Il problema è che questa domanda è una variabile non risolvibile a priori, quando si parla di giocatori a fine carriera.

Per portare avanti questa strategia, Gazidis aveva bisogno di un tecnico o manager specializzato in questo genere di operazioni, il tedesco Rangnick, il quale, dopo una carriera buona anche se di medio cabotaggio, viene da qualche anno di ottimo lavoro nel mondo Red Bull (Lipsia e Salisburgo). Un profilo interessantissimo, molto simile a quello di Gasperini. Ne aveva bisogno e sapeva che, se avesse dovuto attendere l'ok di Boban e Maldini, avrebbe dovuto attendere tanto, forse troppo, magari invano. Maldini è rimasto spiazzato dalla scelta, ma dopo una prima incauta dichiarazione di scomunica verso Rangnick, ha pensato bene di non buttare benzina sul fuoco. Boban, invece, ha lanciato il grido di una canzone di Battiato, "Up patriots to arms!", con cui ha infoiato i tifosi contro l'Ad. Il morale della favola è che, dopo l'intervento della proprietà, i protagonisti, Boban compreso, tacciono e l'organigramma della società è stato oscurato sul sito ufficiale rossonero. Il tutto in attesa della prossima puntata del feuilletton.

Ora, la mia impressione è che questa mossa non serva solo a mantenere alta la suspence fra i lettori, ma risponda a una strategia di ben precisa, collegata ai seguenti punti:

1) è presumibile, anche se non certo, che cadano delle teste, ma non certo quella di Gazidis;

2) la testa di Boban, anche se nulla è ufficiale, sarebbe prossima a rotolare dal patibolo, ma il silenzio del Croato ci dice che potrebbe succedere a colpi dolorosi di mannaia o anche per un delicato e indolore colpo di spada affilata (privilegio concesso da Enrico VIII ad Anna Bolena), a seconda del suo comportamento nelle more dell'esecuzione;

3) la sorte di Maldini non è ancora decisa, perché meno coinvolto e perché il rapporto potrebbe continuare, ma non stupiamoci se, quando l'organigramma sarà disponibile, dovesse mancare anche il nome di Paolo;

4) è meno probabile che venga annunciato subito Rangnick come dirigente, se non già come tecnico al posto di Pioli, qualora il tedesco dovesse liberarsi subito dal Lipsia, ma l'ipotesi non è da scartare in senso assoluto.

Resto dell'idea che Boban, come quando tirò un calcio al petto alla Polizia Federale della Ex-Jugoslavia, abbia precipitato troppo gli eventi contando eccessivamente sulla levata di scudi dei tifosi. Per quanto anche i Singer sappiano che una società di calcio non è una che produce cioccolatini, non possono tollerare una presa di posizione pubblica come quella di Zvone. E sono dell'idea che il silenzio di Maldini non sia frutto di mancanza di spina dorsale, ma di giusta cautela e del senso di responsabilità, cosa che mi ricollega alle esternazioni di una vecchia conoscenza del Milan, Mirabelli. Questi ha affermato che Paolo Maldini, prima di fare il dirigente, avrebbe dovuto frequentare le scuole elementari. Certo, considerando la carriera di Mirabelli prima di arrivare al Milan, questo dirigente ha sì frequentato la scuola elementare, ma si è fermato lì, visto che all'Inter, vertice della carriera, ha fatto solo il capo scout. Ed è possibile che alle elementari non sia stato poi questo modello di scolaro, se ha gettato nel gabinetto fior di soldi per André Silva, il terrore dei portieri perché fa la pipì negli androni dei palazzi. Vieri, dal canto suo, molto amico di Maldini, ha esagerato nel difendere Boban, che ha comunque commesso una leggerezza, come ho scritto.

In conclusione, a pensarci bene, il rinvio della semifinale di Coppa Italia è stato un piccolo jackpot vincente anche per il Milan. Non per la qualificazione, in vista della quale il Milan era e resta una specie di dead man walking, quanto perché permetterà all'ambiente di metabolizzare il feuilletton in vista del recupero contro il Genoa.