Esercizi di cazzeggio in stile libero.

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Il buon consiglio interessato...

 

Eh, eh, eh... dai, già il titolo dovrebbe dissuadere alcuni di voi dall'andare avanti e, dato che non fumo del tutto, quindi neppure cosine strane, non vi è neppure il divertente andare incontro a esternazioni fantasiose e molto fuori le righe. Lo dico a quelli che si aspettano geniali elucubrazioni e, nonostante procedano tra pensieri con parole che ti fanno inciampare ad ogni passo, vanno avanti nella lettura fino alla fine e poi mi rimproverano di avere venduto l'illusione di qualcosa che si è rivelata irreperibile (magari prendendo per buone affermazioni ironiche, sarcastiche o, semplicemente, umoristiche, come nel mio "La foto maledetta...", per rimproverarmi di disinformazione spinta all'estremo, se non di palese falsificazione della realtà, per chissà quale malevola finalità, che non sia il solito cazzeggio sul calcio).

 

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A quei tempi!...


Sì! Sì! Sì! Come negarlo? Il calcio è davvero cambiato! È molto cambiato. Non dico irriconoscibile, rispetto agli anni '60-'70, ma quasi. Le regole, ad esempio, allora erano molto a favore dei difensori, quasi a difesa della verginità della porta, similmente a come, bigottamente, in campo sessuale si parlava di altra inviolabilità, come se fosse una questione sociale di importanza capitale se le donne, proprio loro che dovevano sottostare economicamente e gerarchicamente a famiglia e maschi in genere, padri, fratelli, mariti, dovessero essere protette, perfino da loro stesse.
Gli uomini avevano altri diritti, perfino dei quasi doveri, dal punto di vista sessuale, perché la virilità andava mostrata e dimostrata. Da qui gli uomini cacciatori e le donne puttane, per desiderare la stessa cosa derivante dalla propria esuberanza fisica, segno di buona salute, di norma, più esplosiva in certi momenti della vita, più riflessiva in altri.
Non parliamo poi di altre varianti che, per alcuni, ancora adesso sono sintomo palese di malattia devastante da curare, come quando, negli anni '50, fu imposto a Alan Turing, che contribuì in modo decisivo, con la sua genialità, a battere gli allora ancora invincibili nazisti. Questo non lo salvò dall'essere curato dal suo "male" e di essere castrato chimicamente, fino a spingerlo al suicidio. Ma questo c'entra solo di striscio a valorizzare un'affermazione.

Allora un virile difensore poteva accanirsi, doverosamente, contro le caviglie di "femminucce" come i Rivera, i Corso, i Sivori, i Mazzola, leggeri come piume svolazzanti e estrosi, come superficiali e depravati filosofi che teorizzavano la libertà sessuale, che volevano stravolgere quanto di più bello c'era nel mondo del calcio: l'immobilismo sereno di un sano 0-0: il risultato perfetto!!! Il non plus ultra del rispetto della tradizione patriarcale.
Ok, ironia a parte, l'arbitro fischiava sì le punizioni contro chi eccedeva martoriando ulteriormente caviglie gonfie e polpacci lividi e sanguinanti, ma con moderazione (nella società vi era ancora il delitto d'onore a tutelare non le vittime ma i carnefici dei precursori del femminicidio, tanto, purtroppo, attuale ai giorni nostri), perché in fin dei conti, allora come oggi, erano i più deboli ad avere paura dei cambiamenti: i maschi, tutelati da una società patriarcale in genere, per l'emancipazione femminile che si cominciava a rivendicare anche in modo palese, e i difensori delle squadre di calcio, normalmente quelli più scarsi, nei confronti dei più tecnici attaccanti. A meno di fatti di sangue non si espelleva nessuno, magari si era meno tolleranti verso i falli di reazione da parte delle "femminucce". Insomma, anche in famiglia, un buon ceffone, e anche qualcosa in più se era il caso, dato alla bella figliola promessa sposa a un buon partito, magari per unire due proprietà terriere contigue, recalcitrante perché assurdamente aveva la pretesa di scegliere chi dovesse accompagnarla in questo unico viaggio che è la vita, e seminando il futuro di foreste di corna, nel migliore dei casi, era quasi dovuto.

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The Times They Are A Changin’...

 

Con gli anni settanta, le fabbriche che avevano bisogno sempre di più sangue umano per i propri ingranaggi, da far andare a ritmi forsennati, perché il miracolo economico postbellico ci spingeva in quel senso, dopo avere strappato alla dura vita di campagna molti dei figli del meridione, cominciò ad aprire i cancelli anche alle figure femminili, aiutandole, in parte anche per i bisogni economici emergenti (l'affitto, l'utilitaria, la lavatrice...), ad assumere un ruolo meno circoscritto alle semplici mura di casa, anche lì possibilmente vicino alla culla o ai fornelli.

Ricordo le manifestazioni nella vecchia Piazza Castello a Milano, dei primi anni '70, dove anche la questione dell'emancipazione femminile toccò l'intoccabile questione sessuale e i diritti acquisiti dei maschi i quali, in modo molto basilare, anche tra le compagini studentesche rivoluzionarie, in modo molto raffinato ricordavano con slogan tipo "col cazzo, col cazzo è tutto un altro andazzo" che vi erano delle regole secolari a cui anche un rivoluzionario non si sentiva di rinunciare, avendone in pronta risposta un minaccioso, quanto altrettanto basilare "col dito, col dito, orgasmo garantito", che metteva dei grossi dubbi sulla qualità sessuale dei rapporti fin lì, ufficialmente, consolidati e dei rischi del perseverare in tal senso, egoisticamente.

Volete che non cambiasse qualcosa anche nel mondo del calcio? Iniziarono ad avere i primi diritti anche gli attaccanti: non c'era più bisogno di rivolgersi alle forze dell'ordine perché si indagasse sui fatti di sangue in campo al momento di un'espulsione!!! Si decise che si poteva cominciare ad ammonire i troppo virili difensori e ad educarli, fino ad avere anche tra le loro fila perfino gente con qualità eccelsa, magari nati a centrocampo e poi utilizzati in difesa (ne cito uno straniero che valga per tutti, per non far torto alle tante belle figure del nostro campionato: Franz Beckembauer). Il gioco ne trasse vantaggio e alcune compagini divennero mitiche per l'elevata qualità dei propri calciatori in ogni settore del campo (vedi l'Ajax e l'Olanda di Johan Cruijff e Michels, a titolo di esempio).

 

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Specialisti o generici?

 

Adesso un bel salto temporale per arrivare ai giorni nostri. Così, persi per strada quelli che si sono annoiati mentre dissodavo il terreno per seminare qualche riflessione (mi spiace per loro ma avrei fatto perdere del tempo, scrivendo magari "adesso viene il bello", perché non so ancora come scriverò quello che intendo dire, né che non modificherò, man mano che le parole sono davanti a me, quindi ferme, le valutazioni che mi verranno fuori), procediamo. Pazienza e tante scuse, a chi mi rimprovera di cazzeggiare insensatamente.

Ok, poggiamo i piedi per terra e dichiariamo convinti che, se il calcio è cambiato in tante forme, cercando di rendere più spettacolare e appetitoso quello che è diventato un prodotto da vendere e non più una contesa campanilistica estesa, con atteggiamento intriso di sano provincialismo, ad un paese intero, anziché ad una sola città, con tanto di bandiere sociali umane e mecenati dimenticabili e indimenticabili, il risultato è ancora importante e di quel risultato il goal ne è parte irrinunciabile.

Se è davvero così, però, come mai gli specialisti del goal sono un pochino caduti in disgrazia? Perché nel Milan, ad esempio, a un Carlos Bacca che l'anno precedente aveva segnato 18 goal (uno in meno di Dybala che aveva vinto il campionato con la Juve) si chiedeva di partecipare di più al gioco di squadra, allontanandolo dalla porta avversaria e cedendolo successivamente per scarso rendimento sotto porta? Perché ora si considera Piatek attaccante di poco valore, quando si pagò il suo cartellino sull'unghia per averlo a metà stagione, e lo si lascia solo e sfornito di palloni giocabili, come accadeva per lunghi tratti di partita a Icardi, sulla sponda nerazzurra, anche se con altri risultati? Perché il calcio di Sarri, coinvolgente tutta la squadra, permetteva comunque ad Higuain di segnare ben 36 reti se non riconoscendogli il ruolo di puntero e fornendo palloni su palloni in area (e non solo a lui)? Perché Inzaghi, ritenuto tecnicamente non eccelso, faceva vincere i trofei, galleggiando sulla linea del fuorigioco e diventando letale sotto porta? Perché Van Basten nel grande Milan di Sacchi non seguiva i consigli dell'allenatore, cult di quelli e dei nostri tempi, per seguire il suo istinto di impareggiabile attaccante?

 

Al Milan arriva il grande Ibra, anzi ritorna. Hanno tentennato un po' lui e Raiola e poi hanno deciso per il ritorno a Milanello. Io credo che comunque servirà, almeno per quest'anno. Accolto dagli adoratori del diavolo come una divinità, quale lui dichiara di essere, cercherà di spingere verso posizioni più consone alla maglia che va ad indossare la squadra, magari con i metodi caratterialmente poco ortodossi che gli si sanno, ma con la personalità in campo di cui la squadra, che io reputo comunque avere talenti che aspettano di essere innescati o di avere continuità. La disfatta di Bergamo, ottenuta da una squadra svogliata, quasi, e con la testa altrove, forse è servita a qualcosa, dal punto di vista decisionale. Lo shock ha spinto chi indirizza la barca a cercare una scorciatoia nel trovare un leader, adesso starà ad allenatore e società non caricare di eccessivo peso la barca finendo per rischiare il naufragio comunque. Che ne sarà di Piatek? Suso saprà diventare un buon gregario? Leao esploderà con Ibra?

È davvero finito il tempo degli specialisti e c'è solo spazio per i generici, oppure il calcio è ancora quel mistero da narrare e vedere con occhi diversi e diversi punti di vista?
L'attaccante puro è una figura in via di estinzione?
Io spero di no, perché anch'io faccio fatica ad adeguarmi ai cambiamenti, soprattutto se ne vengono coinvolti i miei beniamini, ma potrei sbagliarmi.
Anzi, visto come va di solito, diamolo per scontato.