3, 2, 1...via!  Ecco il suono del tamburo che da inizio ad una nuova giornata di Serie A, la competizione simbolo del weekend vissuto da ogni tifoso d'Italia, capace di accendere di passione non solo i caldi cuori delle curve, ma anche le tiepide stoffe dei divani, ospiti abituali di lotte estenuanti di fronte alla televisione. Un immenso universo scintillante di stelle che richiamano a colpi di scena e sorprese, in cui gli uomini s'immergono nel pieno della propria radicale incoscienza, dall'elaborazione delle solite teorie dei famosi "ci avrei scommesso", ai volti attoniti di chi ancora non ci crede a quello che è appena successo.  Tra queste però, si fanno largo anche i punti fermi del firmamento, o almeno così appaiono a chi li osserva, in grado di mostrarsi come solide certezze inamovibili e certe di riuscire ad imporsi ancora una volta sull'avversario: tra le suddette realtà, inutile nominare l'indiscussa regina bianconera della Juventus, da anni un paio (forse anche più) passi avanti rispetto alle concorrenti, va ritagliandosi di volta in volta uno spazio importante, il Napoli di Carlo Ancelotti, partito in sordina con alcune prestazioni non eccellenti, ma divenuto col passare delle settimane una sorta di macchina schiaccia sassi.  L'11 partenopeo è reduce dalla chiusura di uno dei capitoli recenti più felici per la tifoseria campana, quello del celebre ciclo Sarri, iniziato con l'arrivo dell'allenatore toscano che aveva stregato il presidente De Laurentis proprio in un match contro il Napoli, e maturato negli anni con un espressione di calcio straordinaria, ricreazione perfetta del legame viscerale tra quegli interpreti e un tecnico dotato di un'idea di calcio, quanto bella quanto però rimasta incompiuta.  Con la sconfitta di Firenze, il maestro si arrese e scelse di lasciare la propria patria per dedicarsi ad una nuova sfida, quella inglese, in cui ritroverà senz'altro i propri ideali, ma diversi avversari, con i fantasmi dei precedenti sempre lì a festeggiare alle sue spalle. Il sostituto non si è fatto attendere, ed è un tipo dal palmares tutt'altro che banale: Carlo Ancelotti, l'essenza del trionfo internazione come dimostrato su più fronti nella propria carriera, ha scelto di abbracciare la complicatissima sfida con la Juventus, per sottrarle una corona che sembra le sia rimasta ormai attaccata coi capelli.  L'allenatore ex Paris Saint Germain, Real Madrid e Milan (tanto per citare 3 club con cui ha vinto più di un semplice scudetto) ha rivoluzionato l'idea del precendete maestro Sarri, introducendo nuove dinamiche di costruzione ed elaborazione delle partite: maggiore dinamismo, con ogni singolo interprete che deve sentirsi costantemente in discussione, poiché nessuno può considerarsi un titolare fisso, e proprio per qeusta ragione quegli 11 posti adesso valgono almeno il doppio che in precedenza.  Quest'oggi è proprio colui che aveva avvertito sulla propria pelle il peso di questa filosofia di calcio, che raccoglie i benevoli frutti di tale evoluzione: trattasi di Dries Mertens, autore di una tripletta fantastica nel match disputato dal Napoli nella serata di venerdì sera, nel devastante 5-1 che ha travolto un Empoli, che fino ai primi minuti del secondo tempo, al siglare del momentaneo goal della speranza messo a segno dal bomber Caputo, non aveva dispiaciuto la cronaca del San Paolo. Il belga aveva lasciato trapelare infatti una certa sofferenza per la sua assenza dalla formazione titolare scesa in campo nella partita contro la Roma della scorsa settimana, ma il tecnico romagnolo conosce profondamente le straordinarie potenzialità del proprio folletto offensivo, e questa staffetta in cui sta coinvolgendo anche il ritrovato Milik, sta servendo ad entrambi per fornire prestazioni di altissimo livello, sconvolgendo d'imprevedibilità e cattiveria le difese avversarie, impreparate a trovarsi nel bel mezzo del ciclone partenopeo. Senza ombra di dubbio il napoletano Ciro, così viene soprannominato per il suo attaccamento alla terra in cui la sua carriera è sbocciata, con il pallone della tripletta ben saldo tra le braccia farà in modo di mettere costantemente in difficoltà il proprio allenatore, il quale per il momento guidato dalla propria esperienza, è stato in grado di dosarlo con sapienza, mettendolo dentro nei momenti decisivi, che gli hanno permesso di capovolgere situazioni che sembravano scivolare verso scenari ben diversi da quelli sperati. La circostanza legata al reparto offensivo creatosi alla corte del San Paolo lascia spazio anche ad una piccola osservazione psicologica: conoscete l'illusione di Jastrow? Quella secondo cui due oggetti curvi delle stesse dimensioni sembrano essere diversi, poiché l'uno leggermente sfasato rispetto all'altro? Io credo che Ancelotti la conosco nel profondo, talmente da applicarla nel complicato ambito calcistico, in cui ogni mossa può rivelarsi piena di insidie e consegunze. L'illusione ottica scoperta dallo psicologo statunitense assomiglia a quella che vede Milik e Mertens vicini l'uno accanto all'altro, due attaccanti che per il proprio allenatore hanno pari importanza, ma di fronte all'ambiente esterno il messaggio sembra differente, poichè sebbene ci si provi non si potrà mai comprendere appieno le dinamiche di uno spogliatoio. Tra pochi giorni si torna nuovamente sul campo di una rovente Napoli vestita dell'affascinante abito della Champions League, in cui l'ospite stavolta sarà il Paris Saint German del tridente dei fenomeni Cavani-Neymar-Mbappe, una tra le favorite per la vittoria finale: sarà ancora Mertens il titolare probabilmente, ma potrà risultare determinante anche una carta pescata dalla panchina per lo stratega Carlo Ancelotti, con la presenza dell'attaccante polacco, pronto a scardinare la pretattica avversaria.