Ieri, domenica 22/05/2022, il Milan ha conquistato il suo 19° scudetto battendo il Sassuolo nel suo stadio, per l'occasione, popolato quasi del tutto da tifosi rossoneri. Il risultato di 0-3 è maturato grazie a reti realizzate tutte nella prima fase, con una doppietta di Giroud e un tocco di classe di Kessie.

Il Sassuolo era privo di obiettivi, di fatto già in ferie. La giornata era un po' troppo calda per la stagione primaverile. Nello stadio, inoltre, c'erano quasi solo rossoneri, se escludiamo la curva nero-verde. E poi il calcio ha una serie di leggi non scritte, cui bisogna assoggettarsi, indipendentemente dal fatto che piacciano o meno. Spesso cito la legge secondo la quale, finché il risultato è in bilico, tutto può succedere e anche un solo evento negativo può decidere il match. Ieri ha trovato puntuale applicazione un'altra legge, quella per la quale, quando sei all'ultima giornata, non puoi far alcun affidamento sul rendimento delle squadre demotivate. Può darsi che giochino come se fosse la prima giornata, ma può accadere (come accade spesso), che abbiano i bagagli già pronti negli spogliatoi. La stagione va indirizzata a proprio favore prima del turno finale oppure sei in balia degli altri e ti rimetti all'esito di una specie di riffa. Il Milan aveva vinto lo scudetto nelle giornate precedenti e in Emilia ha solo formalizzato la pratica. Gli unici patemi sono derivati da mera scaramanzia.

Sulla partita di ieri non c'è molto altro da dire, perché non conta, come non contano i nomi nella Legione Straniera. Conta lo Scudetto, mentre le partite che hanno avuto senso sono quelle che hanno consentito ai rossoneri di arrivare a giocarsi l'ultimo turno con il prezioso jolly del pareggio da mettere sul tavolo.

Per tutto l'anno il Milan è stato offeso, e forse lo sarà ancora, con la storiella del miracolo. Che vincesse o perdesse o pareggiasse, non si sfuggiva, il Diavolo stava facendo il miracolo. Ed era un tam-tam offensivo, perché il miracolo è un evento inspiegabile alla luce della razionalità e delle leggi naturali. Presuppone un intervento divino e, di conseguenza, niente ha a che vedere con i meriti di coloro che ne beneficiano. Lo Scudetto del Milan, invece, è stato un capolavoro ovvero il frutto di un lavoro straordinario in cui tutti hanno dato il meglio di sé remando dalla stessa parte. 

Alla storia del miracolo, purtroppo, ci hanno creduto anche molti tifosi del Milan, quelli meno sicuri della propria squadra, ma è stato bravo tutto il resto dell'ambiente a non farsi influenzare. A fine gennaio, la società A.C. Milan è stata attaccata dai censori dei costumi per non aver fatto mercato e molti tifosi sono andati dietro a questi saggi filosofi. Ai rossoneri è stato additato come esempio quello dell'Inter, che aveva preso un 33nne quale Caicedo e Gosens, lungodegente dell'Atalanta. Ora, non si discute il valore di Gosens, ma era evidente che si trattava un elemento da recuperare e che sarebbe stato utile nella stagione a venire. Se il Milan avesse fatto acquisti come quelli dei nerazzurri, gli stessi austeri censori dei costumi avrebbero scritto che si trattava dei soliti acquisti rossoneri a base di ex-giocatori o calciatori rotti. E' stato un merito della società non aver ripetuto l'errore commesso con Madzukic lo scorso anno. Maldini e Massara si sono detti che, se non c'era nessuno da comprare, non aveva senso acquistare tanto per farlo. E' stato lanciato in via definitiva Kalulu, una sorpresa solo per chi non ha colto che Franco Baresi, alla stessa età, stava in campo nello stesso modo.

Ora, per dimostrare la forza della propria squadra, gli interisti citano il +52 nella differenza reti, che farebbe impallidire il + 38 dei rossoneri. Ma le statistiche hanno un senso solo a patto che si sappia come leggerle. Se una squadra dilaga in qualche partita facendo gli stessi punti che potrebbe fare con un risultato più contenuto, la migliore differenza reti può servire solo a farci la birra. Non è attendibile, come un palloncino che è facile sgonfiare facendo uscire l'aria.

Chi era più forte fra Milan e Inter? Direi che è irrilevante. La forza, a meno di non essere nella saga Star Wars. è concetto opinabile nel calcio, sport di risultato. Direi che ha senso nella ginnastica artistica, dove c'è una giuria che valuta la prestazione dando voti.

Il campionato lo vince chi fa più punti o, a parità di punti, chi ha fatto i risultati migliori negli scontri diretti oppure, in caso di estremo equilibrio, guardando alla differenza reti. Il Milan ha raggiunto il primo obiettivo e, in caso di arrivo a pari punti, avrebbe fatto valere anche il raggiungimento del secondo. Non so cosa si sarebbe potuto chiedere di più.

Come mai Stefano Pioli è rimasto fuori dal discorso? Be' ci arrivo subito.

Fabio Capello sostiene che un allenatore conta al massimo per il 20%. E io aggiungo che, se anche fosse il 15%, sarebbe tantissimo, visto che il tecnico è una persona sola al confronto di tutte le altre componenti societarie: giocatori, dirigenti e maestranze varie. Quindi, Pioli  può essere considerato davvero l'artefice più autorevole di questo scudetto.

E' caduto di continuo, come in una via crucis, ma se valutiamo l'operato dei suoi colleghi in corsa per il titolo, cosa dobbiamo dire? Sono caduti in continuazione anche Inzaghi e Spalletti, per non parlare di Mancini, tecnico della nazionale che, dopo un europeo perfetto, ha commesso una serie di gravi mancanze in un girone di qualificazione ai mondiali pienamente alla sua portata.

Stefano Pioli ha una caratteristica che, in diversi momenti del campionato, si è rivelata un limite, per poi costituire un punto di forza nel momento decisivo. Parlo della tendenza a perdere il controllo della situazione quando la sua squadra è sulla cresta dell'onda e a dare il meglio nei momenti difficili. Nella semifinale di Coppa Italia, gol annullato a parte, è stato battuto su tutta la linea dal collega nerazzurro.  Poi, tuttavia, quando ogni cosa sembrava andare ai cani, non ha sbagliato più nulla nella volata finale, quella che contava. E lo ha fatto a partire proprio dalla partita contro la Lazio che, per molti, doveva costituire l'appuntamento fatale. Contro gli acquilotti biancazzurri, il Diavolo doveva sprofondare nelle viscere della terra per non riemergere più.

E poi, diciamolo, Pioli è riuscito a evitare di perdere uomini per infortunio nel rush finale, a differenza di quanto era successo nella prima parte della stagione. Vuol dire che ha individuato gli errori commessi in precedenza dallo staff atletico e li ha corretti. 

La scelta di Pioli, opera di Maldini e Boban, ha prodotto un frutto dolcissimo, lo Scudetto, che per una squadra italiana è il trionfo massimo dopo la Champions. Tuttavia, è sbagliato dire che con Rangnick non sarebbe arrivato nulla, in quanto il tedesco ha creato dal niente il Red Bull Lipsia, in parte come tecnico e in parte come dirigente. Il suo percorso sarebbe stato diverso, ma non c'è motivo di ritenere che sarebbe stato un flop. Una montagna ha diversi crinali e si può arrivare in vette seguendo percorsi diversi.

Ieri un amico interista si è detto convinto che con Conte avrebbe rivinto l'Inter. Non ho obiettato nella sostanza, nel senso che Conte resta un tecnico un gradino superiore a Inzaghi. Diciamo che un Conte alla guida dell'Inter avrebbe alzato l'asticella per il Milan. Forse non avremmo visto un Inter con una differenza reti così marcata, però qualche punto in più l'avrebbe avuto. E in classifica, come già fatto notare, contano in primis i punti.

Parlando di Inzaghi, vorrei far notare che, a mio modesto avviso, si dovrebbe evitare di piangere come vitelli per un contrasto a centrocampo, per poi sperticarsi in lodi sulla classe arbitrale italica nel momento in cui le decisioni sono favorevoli. La classe arbitrale nostrana era la stessa quando Inzaghi si è lamentato e quando l'ha lodata. E' troppo facile suonare il violino quando le cose vanno bene. E' troppo facile, ribadisco, e di dubbio gusto.

Dico questo, fermo restando che, dal punto di vista puramente tecnico, Inzaghi mi piace. Se qualcuno va a rileggere ciò che sostenevo quando andò via Gattuso, troverà che lo consideravo la scelta ideale per il salto di qualità rossonero, anche se era blindato in biancazzurro da Lotito.

Salutiamo, comunque, Kessie che va a Barcellona. A differenza di Chala, che nei due mesi finali dello scorso anno fu quasi un uomo in meno, il rendimento dell'ivoriano è andato crescendo con l'avvicinarsi dell'addio. Sia Chala che Kessie hanno fatto una scelta professionale legittima per chi è a fine contratto, ma Kessie è andato via a testa alta e, se un giorno si riparlasse di lui in società, come calciatore o con altri incarichi, sarebbe il bentornato, almeno per il sottoscritto.

A proposito, Pioli nelle dichiarazioni finali ha ribadito che ama sperimentare nuove soluzioni. Ma va? Nessuno se ne era accorto, mister! Ora, il problema è che, spesso, le capita di farlo con troppa disinvoltura. Nulla di male, anzi la sperimentazione porta alle innovazioni. Cerchi, tuttavia, di non esagerare. Ha costruito un bel giocattolo, quindi tratti la sua stessa creatura con cautela.

E' una fervente preghiera, mister.