Il grande Milan non esiste più se non nei visi invecchiati delle vecchie glorie, oggi dirigenti mediocri e nei ricordi dei tifosi che ancora non si rassegnano a vedere il Verona passeggiare a San Siro.
Ma il presente è questo ed è affidato ad una rosa di seconde e terze linee. Ibra a parte naturalmente. In un panorama talmente desolante, fa tenerezza vedere gente come Chalanglou, Kessie, Leao etc. scontarsi quotidianamente con i propri limiti oggettivi. Una situazione che peggiora ogni volta che si avvicinano partite importanti, come il derby che ormai sembra Mission Impossible.
Sarebbe bello saltare a piè pari il derby, e in generale anche tutta le partite dove non gioca Ibra.
Dico di più, il marchio Milan andrebbe tutelato maggiormente in virtù di quello che ha significato nel corso degli anni per la Serie A e l'Europa.
Lasciare il Milan in balia di Singer e Gazidis è un po' come far gestire le sale de l'Ultima Cena di Leonardo ad un P.R. da discoteca: indegno.
Chi spera in Arnault può tranquillamente continuare a credere a Babbo Natale e alla fatina dei denti, non c'è attrattiva in un brand così svalutato...
Far esordire Daniel Maldini, in una partita fondamentale per il Milan, ha significato che qualcuno seriamente ha pensato di non dover acquistare alcun attaccante perché c'era un ragazzino dal cognome pesante. Per tutta risposta già si pensa ad un nuovo allenatore, come se il problema principali fosse Pioli.
Per di più i nomi non sono quelli di qualcuno capace di vincere (esempio Allegri) ma dell'ennesima scommessa: in questo caso del calcio tedesco Rangnick. Come se la disastrosa avventura di Giampaolo non fosse stata di per se sufficiente per capire che qui serve tantissima qualità, pronta per l'uso.