Il primo Milan di Silvio Berlusconi aveva una dirigenza giovane, compatta, ben assortita e uniforme nell’età dei suoi componenti: - Berlusconi, 49 anni, presidente; ventennale esperienza imprenditoriale. - Adriano Galliani, 42 anni, amministratore delegato; esperienza manageriale, imprenditoriale e da vice-presidente del Monza. - Ariedo Braida, 40 anni, direttore generale; ex-calciatore, da 5 anni direttore sportivo. - Silvano Ramaccioni, 47 anni, direttore sportivo. direttore sportivo del Milan da 4 anni, e con 23 anni di carriera in società sportive alle spalle. Una struttura dirigenziale semplice, logica, equilibrata. Un mix perfetto di competenze imprenditoriali e sportive, che conduce il Milan in un’era unica di successi nella storia del calcio mondiale. Le leggi della natura sono però implacabili. Dinanzi al trascorrere degli anni è necessario avere l’umiltà, l’intelligenza e il buon senso di riconoscere quando sia arrivato il momento in cui farsi da parte. Se possibile da vincitore. Ramaccioni, per sua volontà o per imposizione, è l’unico a farlo nel 2008, quando il Milan è da poco salito sul tetto del mondo per aver vinto la FIFA World Cup in finale contro il Boca Juniors. La fine di un ciclo. L’ultimo trofeo internazionale. L’anno 2007 è il canto del cigno di un’era fuori dal comune, venti anni di successi senza eguali. Le ultime vittorie non sono il frutto di una vittoria meritata sul campo, ma piuttosto meritata nella storia. Il dicembre 2007 sarebbe il momento giusto per programmare e favorire l’inizio di un nuovo ciclo a livello dirigenziale. Ma nessuno riesce a comprendere il passaggio storico. Dal 2008 ad oggi il declino è inesorabile. Braida lascia nel dicembre 2013, un mese prima dell’inizio della lunga stagione degli esoneri. Due mesi prima dell’ultima partita del Milan in una coppa europea. Statistica emblematica. La componente sportiva del mix iniziale completa la chiusura del suo ciclo, ma senza avere ancora una degna sostituzione. Il resto della truppa resiste invece in sella, violando le leggi della natura. Il Milan di oggi è come un prestigioso palazzo antico, logorato dagli anni, svalutato perché bisognoso di una forte opera di restauro. I suoi inquilini, la dirigenza, sono come nobili invecchiati e caduti in disgrazia, che restano in uno stato di passiva attesa, quasi fosse uno spreco di energie e risorse tentare di rinnovarlo. Perché pensano che la proprietà sarà comunque venduta. O forse perché nella vecchiaia la perdita di lucidità e la rassegnazione rendono ciechi.