"Finalmente" è la prima cosa che dissi dopo il fischio finale di Atalanta-Sassuolo. Un pareggio che ha lanciato una bomba per il mondo interista, perchè è valso la vittoria matematica dello Scudetto. Il tricolore cucito sul petto mancava da ben undici anni, e vista la mia giovane età, lo Scudetto 2009/2010 è stato l'unico che ho potuto vivere in prima persona. Finalmente posso festeggiare di nuovo.

Purtroppo la situazione non è delle migliori per festeggiare. Abbiamo una pandemia in corso, che è stata capace di fermare potenti macchine da soldi come il calcio o la Formula 1. Una pandemia che non riguarda solo un virus, ma anche la nostra quotidianità stravolta. Esattamente un anno fa si poteva mettere il naso fuori dalla nostra porta di casa solamente per fare la spesa, o a malincuore per andare in ospedale, perchè l'ossigeno non bastava più. Milioni di persone sono morte e ne moriranno ancora. Altrettante perdono e perderanno il lavoro. Milioni di medici e infermieri, o meglio eroi, hanno dato ogni loro singola energia per combattere questo mostro che non ha ancora intenzione di fermarsi.

Una pandemia di numeri che però dovremmo vedere secondo un altro punto di vista, perché dietro quei numeri si nascondono storie drammatiche o interrotte di chi ha perso tutto e non ha nemmeno la forza per inseguire le proprie passioni, che sia il calcio o qualsiasi altra cosa. Forse è per questo che a volte si sottovaluta ciò che da più di un anno ci stiamo trascinando dietro, nascondiamo la vita dietro a un numero o a una categoria. Solo con un po' di empatia potremmo immaginarci la storia dell'imprenditore costretto a chiudere l'attività, del medico costretto ad affrontare il disturbo da stress post-traumatico (disturbo che affligge persone che hanno affrontato esperienze traumatiche; i medici per gran parte della pandemia hanno dovuto abbandonare i loro pazienti alla morte, senza poter fare nulla, con conseguenze psicologiche gravi) e moltissime altre.

La storia dell'Inter durante la pandemia è sicuramente una delle storie di successo. Il lungo percorso li ha portati a vincere l'agognato Scudetto e gli ha dato il diritto di sognare qualcosa di ancora più grande, un diritto che però molte persone non hanno più. Chi avrebbe mai giovato da una situazione del genere, dove le borse crollano e i confini internazionali sono serrati? L'Inter ci è riuscita, il titolo è più che meritato. Il Covid quindi ha dovuto premiare questa grande squadra e società, e anche lui è sceso in piazza a cantare i cori. Si sa. è un importante capo ultrà, non poteva mancare a questo evento!

Festeggiare è meritato, è come la prima volta al mare dopo un'eterna quarantena. Basta rispettare le regole in vigore, soprattutto rispettare chi non ha più nulla per cui festeggiare. Ma carissimi interisti, milanesi in primis, non potete farmi vergognare di voi. Scendere in Piazza Duomo e stare come sardine senza mascherina perchè "non riuscite a respirare" (che risposta sciocca, i medici quindi sono tutti morti asfissiati!) fa capire quanto sia sbagliato aprire gli stadi. 

Alla fine era necessario l'intervento delle autorità competenti, sarebbe stato facile calmare gli animi. La politica e le decisioni che sta prendendo sono tutte un grosso paradosso. I ristoranti sono chiusi, ma una manifestazione prevedibile in piazza è possibile. Una multa a una mamma innocente che ha organizzato un picnic in famiglia al parco, ma per migliaia di persone senza mascherina e contegno nessuna conseguenza.

Avrei sperato in un po' di buon senso, per dimostrare al Governo che gli italiani sono responsabili. La mia è stata soltanto un'illusione, e non possiamo lamentarci se ancora ad oggi le chiusure e le limitazioni sono ancora molte. Che sia Nord, Centro o Sud, la storia è sempre la stessa: gli italiani sono furbi, ma allo stesso tempo si tirano la zappa sui piedi.