Se c'è una situazione emotiva globalmente diffusa oppure creata che non deve esistere in un ambiente oppure in un sistema dove dovrebbe essere garantito mediante forte controllo il concetto fondante della imparzialità, seppure nella logica dell'errore umano, è quella del sospetto. Il “Convitato di Pietra” delle scommesse clandestine si è nuovamente introdotto nel mondo del calcio. Questo concetto diffuso del “tutti sapevano” e che nessuno nominava, aleggia in maniera prepotente sul calcio italico, nuovamente squassato dopo la epocale crisi degli anni 80 che portarono a una delle due retrocessioni milaniste. L'altra fu decisamente meritata. Anche allora il calcio fu travolto dal clima del sospetto, dalla presenza di forze occulte esterne, alimentanti dietrologie,  capaci di intervenire e modificare la regolarità di un gioco. Il sospetto che, come allora, appare alla luce del sole, non sia altro che la punta di un iceberg dove questo Titanic che è il calcio e che in fondo tiene in piedi un intero sistema sportivo nazionale sia sul punto di farsi squarciare nella illusoria sicumera del too big to fail.

 Portare le scommesse alla luce del sole e addirittura farne la pubblicità avrebbe dovuto essere soprattutto una forma di controllo su movimenti sospetti e quindi essere garante di tenere fuori dal gioco il “Convitato”, che con la sua inquietante e soprattutto imprevedibile presenza minaccia un intero mondo di passioni ma anche di certezze che in fondo alla fine del gioco vince il migliore. E che gli errori si compensano. Perché è in fondo proprio la imprevedibilità di un fenomeno non probabilmente ridotto a viziati campioni in crisi di identità, seppur osannati e ricoperti anche di importanti responsabilità sociali di correttezza di comportamento, che è, in questo momento, davvero sconcertante e rende molto difficile parlare di calcio. E quello che mi sorprende è il buonismo diffuso di chi li giustifica da una parte e il tentativo evidente di fare presto, di “passare la nottata” da parte degli Organi Competenti, che rendono l'applicazione di pene giustamente severe una sorta di abbastanza vergognoso patteggiamento proprio con lui “Il Convitato”. Da una parte la fretta e quindi un modo di esorcizzare una situazione scabrosa, dall'altra arriva una sentenza di doping a distanza di due anni. Comportamenti sanzionatori di evidenti o presunte irregolarità che sembrano metaforicamente una barchetta in preda a marosi senza una vera direzione. Tenere sempre metaforicamente la barra diritta è essenziale e non certo tenere la testa sotto la sabbia se davvero il fenomeno è molto più diffuso. Oppure cavarsela con sanzioni ridotte. E' ovvio che in un clima di questo tipo rimontino i rancori, i vecchi sospetti, rancori mai dimenticati di disparità sanzionatorie passate, la incapacità di dare loro un valore costante nel tempo.

Sanzioni che decretarono retrocessioni, perdite di scudetti conquistati sul campo applicate a trasgressioni la cui intensità relativa, proprio per la aleatorietà dei suoi contenuti, questi sospetti non può che risvegliarli e alimentarli e il “Convitato” trova l'ambiente naturale per giustificare la sua, ripeto inquietante e purtroppo imprevedibile presenza gettando forti interrogativi sul futuro. Certo in un mondo di odio, di massacri, di cortei che inneggiano a ritornare a gasare gli ebrei, e della indefinita linea di confine tra torti e ragioni tra due popoli che non riescono a convivere, e che, a livello molto più allargato altri Convitati, hanno creato, mettendo in dubbio il vero fondante lascito culturale di millenni di civiltà e che ha resistito a barbarie politiche e religiose che è il concetto della democrazia, parlare di calcio può sembrare francamente un poco anacronistico. Ma proprio per il senso quasi ecumenico e planetario che questo gioco comporta nell'accomunare, almeno in questo, popoli diversi in culture, anche opposte, giocando su condivisi, una volta tanto, sentimenti di passione e di partecipazione e quindi in fondo di vera uguaglianza umana, tradirne il valore intrinseco, essendo pure celebre, con volgari scommesse su siti clandestini, lo considero un comportamento molto più grave di quanto lo si voglia far apparire ora e che lascia la porta aperta in un'area invalicabile al “Convitato di Pietra”.

Tornando al calcio la partita clou di ieri sera che doveva dare segnali addirittura importanti, dopo sole 9 giornate, di pretese scudettabili è stata, a mio avviso, una brutta partita, combattuta all'ombra del “Convitato”, come in altre sedi, in particolare a Roma dove le lacrime di ElSha che batte la intelligente “Maginot” del tonico Monza, fortunatamente testimoniano che esiste un'anima di gioco puro e che ventilatori mediatici cercano a proposito oppure no di infangare spargendo materiale disgustoso tesi solo a fare sorridere e a cementare la presenza del “Convitato”. La reazione di Barella e il suo ingiustificato nervosismo viste le più che opportune scelte di Inzaghi e le lacrime del “Faraone” forse possono ancora indurmi a considerare il calcio un sentimento per cui vale la pena, ricercare, dialogare, scrivere seppure dilettantisticamente di esso. La giornata di ieri che, secondo Padovan, per il quale ovviamente nutro rispetto per la sua indiscussa professionalità e competenza, avrebbe dovuto vedere il più “strutturato” centrocampo milanista avere ragione di quello, sì, molto più decisamente strutturato della Juve, ha introdotto ufficialmente la Juve pur praticamente senza la difesa titolare e senza i suoi due bombers, tra gli ufficiali pretendenti al titolo. Il deux ex machina Reijnders è stato letteralmente fagocitato dal gioco di contenimento e rimessa della Juve. Il suo ruolo di celebrato incursore si è alla fine concretizzato in un tiraccio dedicato alle tribune. Il ragazzo ha sicuramente buone qualità ma da qui, nella incessante campagna mediatica di supporto alla Società Milan, definirlo fondamentale ce ne corre ancora un poco. Il solo che ha portato incursioni degne di questo nome è stato Leao invece, che Sacchi in una uscita francamente farsesca non avrebbe fatto giocare in una sua squadra, forse ipoteticamente di ieri dove aveva attaccanti superlativi, Ieri francamente il portoghese lo ha smentito sul campo, ha dato l'anima e ha corso come raramente si è visto. Suoi gli unici duelli vincenti su Gatti aiutato da Weah in versione difensiva e suo l'unico acuto milanista con assist a Giroud per una sontuosa conclusione che purtroppo per i milanisti trova l'altrettanto sontuosa parata del portierone juventino.

Strana e decisamente in controtendenza allegriana la Juve che si schiera a San Siro, molto offensiva ma la differenza tra Allegri e Pioli e che Allegri schiera una formazione d'attacco che sa difendere, tranne nel caso in cui viene sorpresa da Leao, mentre Pioli ne schiera una simile ma che non difende. Lascia solo e sperduto il povero Thiaw contro lo scatto in ripartenza a difesa totalmente scoperta di un pimpante Kean e in fondo in quel momento di scriteriata disposizione offensiva perde la partita. Quindi vano possesso palla del pur “strutturato” centrocampo milanista che se non trova Leao oppure Giroud non trova altro. Similmente sulle ripartenze di Inzaghi Pioli minimizzava la sua propensione a scoprire una difesa che ritrova vecchie certezze ma che il suo tecnico lascia colpevolmente scoperta. Purtroppo il suo pupillo, causa anche il gol juventino e questo agisce come il fato maligno per le sue propensioni ultraoffensive, che portano pochi gol comunque e sulle quali dovrebbe forse un poco di più meditare soprattutto in vista della trasferta di Parigi e l'incontro con il Napoli. Fa comunque bene Allegri a imbufalirsi fortunatamente fermando il suo furioso spogliarello alla solo giacca e cravatta, perché l'insensata gestione del finale di partita dei suoi poteva magari portarlo a finire la partite in mutande. Questo dice tutto sulla povertà tecnica globale della partita di ieri, ma quanto può influire il “Convitato”? Garcia risorge quasi paradossalmente con un trio di attacco dove Raspadori introduce modalità di attacco non solamente concentrate su Kvara e Osimhen ma su tutto il fronte di attacco.

Rispolvera un Rui d'antan e scopre qualità seppure acerbe nel suo gioco in Cajuste. Il superlativo Napolitano da me sempre considerato un esterno destro di valore internazionale sblocca una partita resa solo inizialmente problematica per il veemente inizio del Verona che impegna severamente Meret e magari potrà indurre a meglio utilizzare il suo centravanti italiano, forte fisicamente di gran tocco e mobilissimo, letale nei suoi movimenti con baricentro basso dei grandi attaccanti di piccola statura. Il suo centrocampo è davvero eccellente e dare il Napoli prematuramente fuori dai giochi mi sembra alquanto prematuro. Ovviamente i numeri che considero, ma è comunque troppo presto perché diano un vero significato, parlano di una partenza ben diversa da quella dello scorso anno. Il mio personale indicatore, a livello della nona giornata, danno un valore di 1,11 contro il più eclatante 1,67 dello scorso anno. Analogamente quanto sia importante la funzione di un centravanti che dia movimenti di intelligenza, di presenza e di classe, si applica anche alla vittoria dell'Inter su un Torino che si arrende piuttosto inspiegabilemte denotando una natura ben diversa da quella del suo allenatore, dopo l'uscita dolorosa della sua possente torre difensiva. La squadra si squaglia letteralmente ma Thuram è davvero un grande acquisto e nella economia di squadra rimane, a mio avviso formando il nuovo acronima ThuLa, un elemento che fa dell'Inter la vera squadra da battere e per me la più seria candidata, oggi per la conquista della tanto desiderata stella.

Il suo tocco a lanciare Frattesi è un gioiello di classe e di precisione e da lì nasce il raddoppio tombale per il pur generoso Toro. Ritornando all'indicatore di cui sopra, oggi Inzaghi viaggia su uno stratosferico 4,8 contro un misero 0,22 dello scorso anno. Non dice molto, ovviamente per la esiguità del denominatore, solo nove partite, ma dice molto sulle potenzialità della squadra. La Lazio approfitta degli harakiri dell'avversario per riportarsi sotto e la Roma di un Mourinho, ormai costantemente fuori dalle righe, ha ragione di un Monza ottimamente messo in campo con uno schema difensivo perfetto e che mette in mostra un ragazzotto per me di grandi prospettive che è Vignato. Paladino insieme a Motta sono i due veri allenatori giovani emergenti non trascurando certo l'ultraoffensivista Italiano che oggi prova a portare la sua Viola a posizioni che non vede da troppo tempo. Giova sempre ricordare che la prima squadra italiana ad affrontare a viso aperto il grande Real delle cinque Champions consecutive fu proprio la Viola comandata da Bernardini che insieme a Capello, Conte, Allegri, al  mio mitico Trap e il grande Liddas, sono gli unici allenatori ad aver vinto lo scudetto dal dopoguerra a oggi, con due squadre diverse. Allegri, il disprezzato, è tra quelli, appunto.