1.17 mld di Euro spesi nella sessione invernale del calciomercato dalle squadre di Serie A. Record di tutti i tempi, valore secondo solamente al Campionato di Premier League. Dopo la chiusura delle operazioni, avvenuta il 18 agosto, in molti hanno affermato come l'Italia sia tornata ai livelli degli anni a cavallo tra i 90 e i 2000. 

Indubbio come la maggior parte del clamore mediatico sia dovuto alla maxi-operazione della Juve, capace di assicurarsi le prestazioni dell'ultimo pallone d'oro, considerato come il migliore al mondo(probabilmente al pari di Messi).
L'acquisto di Cristiano Ronaldo per una cifra di poco inferiore ai 120 mln di €, ha restituito al panorama calcistico europeo un campionato da sempre considerato tra i più complicati. Inutile dire come l'effetto cascata che questa operazione ha generato, e potrà ancora generare in futuro, abbia portato tutte le squadre a provare a limare le distanze dalla superpotenza bianconera, capace di vincere per 7 volte consecutive la Serie A, e nonostante questo, capace di migliorarsi ogni anno. Dietro questa operazione di Calcio-Marketing, comunque, le condizioni del calcio italiano continuano a destare particolare preoccupazione.

La mancata qualificazione ai Mondiali di Russia, figlia di errori tecnici ma anche di mancanza di risorse importanti, ha portato il Belpaese a fare i conti con la difficoltà nel costruire una nuova generazione che si avvicini al livello delle precedenti. Sembra un lontano ricordo quello del periodo d'oro del Mondiale in Germania, con l'Italia campione del Mondo e i club capaci di imporsi in Europa con la vittoria della Champions League.

Questo mancato ricambio generazionale ha portato gli uomini, in questo momento, di Mancini a trovare difficoltà anche in Nations League. Nella nuova competizione organizzata dalla UEFA, infatti, L'Italia è al momento in condizioni critiche, con il rischio della ulteriore beffa della retrocessione in Lega B.

Sembra chiaro che questa situazione sia lo specchio naturale delle condizioni attuali del Calcio Italiano.

Escludendo dal discorso la già sopracitata Serie A, capace di tornare ad un livello di competitività abbastanza alto, quello che succede nei campionati minori ha dell'incredibile. 

La Serie B, casa di molte nobili decadute e di grandi squadre pronte a tornare in auge, ha sofferto una estate molto particolare. Il fallimento di molte società e il gioco di potere che si è instaurato tra Lega e FIGC, ha portato alla diminuzione del numero di partecipanti da 22 a 19. Inutile citare le ripercussioni che ciò ha portato anche alla Serie C, con squadre che contavano nel rispescaggio e che invece si ritrovano a dover soffrire e lottare per una promozione che per molti era un diritto conquistato.

Un'altra estate, l'ennesima, di ricorsi, decisioni di ufficio, sentenze del Tar, Tribunali fallimentari. Tutti organi che con il calcio non dovrebbero avere nulla a che spartire.

E se con attenzione guardiamo anche al massimo campionato, notiamo come la situazione del Parma, che ha rischiato la retrocessione per gli SMS di Calaiò o quella del Chievo, penalizzato per delle irregolarità su plusvalenze, o infine quella del Frosinone, ammesso in Serie A nonostante la richiesta del Palermo per i fatti della finale PlayOff, siano l'esempio che ancora ci sono molte cose da migliorare.

Fondamentale, ad esempio, è un controllo ben accurato delle situazioni finanziare delle società, che spesso facendo il passo più lungo della gamba, si indirizzano verso fallimenti annunciati. Un maggiore controllo sulle operazioni di mercato, in modo da evitare il ripetersi di situazioni simili a quella del Chievo, ed un programma di crescita per i campionati minori, che non può essere ridotto alla introduzione delle squadre under23 delle grandi di Serie A nei campionati di Serie C, ma che deve prevedere una costante crescita del movimento. 

Per avere un grande futuro, ed una Nazionale con delle individualità importanti, la parte fondamentale devono farla i club, dando spazio ai giovani, dando tempo a molti ragazzi capaci, spesso scalzati da stranieri che altrettanto spesso non sono poi di un livello migliore. 

Il coraggio delle scelte, il coraggio di imporsi. Questo è il coraggio di cui ha bisogno il nostro movimento calcistico, di certo non di quello che impone una fascia da capitano uguale per tutti.  La rinascita è possibile, le basi da cui partire ci sono, basta solo mettere ogni tassello al proprio posto e persone competenti a svolgere cariche decisionali.

Magari la prossima volta, invece di vedere CR7 in Italia a 33 anni, potremmo vedere il nuovo fenomeno crescere e svilupparsi qui da noi, in uno dei campionati che nonostante tutto, rimane tra i più belli del mondo.