Tornare dalla trasferta di Udine senza una vittoria poteva anche essere messo in preventivo. 
La squadra del Presidente Pozzo è storicamente sempre particolarmente ostica da battere, sia al Dacia Arena che a Milano. Per conferma potete chiedere a Giampaolo che iniziò la sua breve avventura rossonera proprio con una sconfitta nei minuti finali della prima giornata.  Una squadra che il Milan soffre più di altre per molti motivi. Sarà per il colore delle maglie, per la prestanza fisica o per quel gioco di attesa che obbliga a scoprire gran parte del campo, fatto sta che anche lo scorso anno in Friuli avevamo vinto grazie ad una rovesciata di Ibra e a Milano pareggiato in prossimità del fischio finale, grazie ad una follia di un loro difensore che causava un rigore "bizzarro" alzando un braccio e intercettando un pallone innocuo.

Era quindi auspicabile affrontare la formazione friulana nel modo migliore, affidandosi ai giocatori più affidabili e cercando di proporre una prestazione all'altezza della situazione. Mister Pioli, colpito da una leggera forma influenzale, sceglie viceversa di sperimentare soluzioni alternative, cercando risposte che (purtroppo) molti tifosi milanisti conoscono da tempo e che il mercato estivo ha ulteriormente complicato. Alla solita lista di infortunati sempre pronti a rientrare alla giornata successiva, un centrocampo composto da Bennacer e Bakajoko lasciava intendere, fin troppo chiaramente, ai molti tifosi rossoneri presenti sugli spalti che la serata sarebbe stata particolarmente complicata. La scelta di utilizzare contemporaneamente, Salamandra e Krunic, posizionati sulle fasce e rinunciando, almeno inizialmente, agli spunti ed ai possibili gol di Messias, un ulteriore ridimensionamento alle già tenue speranze di vedere una partita arrembante fin dai primi minuti. 

Una precisazione è obbligatoria.
Partendo dalla considerazione che l'allenatore lavora quotidianamente con i suoi giocatori e ne conosce dettagli a noi sconosciuti, diamo per scontato che ogni scelta sia frutto di motivazioni analizzate in ogni suo aspetto, anche se per noi tifosi e per molti opinionisti, quasi illogiche.                                      Fatto sta che anche senza avere grandi doti di preveggenza l'Udinese impostava l'incontro giocando la partita che ci aspettavamo e cioè esclusivamente di rimessa, lasciando il possesso del gioco e del pallone al Milan. Il dato finale proporrà un 64% di possesso, lento e fin troppo prevedibile, per la squadra allenata da Mister Pioli. Serviva attenzione e pazienza.
Viceversa come da "copione" va in scena lo sbaglio oramai abituale, regalando il vantaggio. Cambiano solo gli interpreti.  Bennacer sbaglia un facile passaggio a Bakajoko, il quale, posizionato male e rafforzando ogni minimo rimpianto di aver spedito Pobega a Torino, mette a nudo limiti fin troppo conosciuti, 1 a 0 e palla al centro. Era il 17 minuto e c'era tutto il tempo per rimediare. Peccato che il Milan avesse troppi giocatori non all'altezza della situazione, ma specialmente che lo "splendido giocattolo" ammirato in ampi tratti delle due ultime stagioni non sia sceso in campo.

I tre cambi proposti da Pioli all'intervallo hanno il triplice effetto di bocciare la B/B, Bennacer, Baka. Velocizzare la manovra con Tonali e un Kessie sempre ben al di sotto delle prestazioni esibite lo scorso anno e correggere quella formazione iniziale, da lui proposta, dove Krunic lascia a Messias compiti e giocate a lui sconosciute. Cambiano gli interpreti e la differenza si vede, ma non il risultato, perchè come appena evidenziato il "giocattolo Milan" si è inceppato. I motivi sono fin troppo semplici da esporre, non altrettanto le soluzioni da adottare per riprendere a macinare i punti necessari per stare ai vertici del campionato e li sintetizzo in tre punti.
ASSENZE, STANCHEZZA e UN APPAGAMENTO INGIUSTIFICATO.
1 Assenze. I molti infortuni, in ogni reparto mettono in evidenza i limiti di sostituti utili per apparizioni limitate, non certo per giocare con continuità o per affidarsi per vincere le partire che sono anche minimamente complicate.
2 Stanchezza. Comprensibile per chi ha giocato quasi sempre, anche se appare più mentale che di gambe. Dove anche le soluzioni tattiche proposte sono particolarmente faticose e, a mio giudizio, poco adatte a questo particolare momento della stagione.
3 Appagamento. Il ripetersi di sbagli uguali è frutto di una superficialità fin troppo evidente e il nervosismo finale dell'Allenatore sono lo specchio di una situazione che infastidisce perchè figlia esclusivamente di sufficienza.

Il Milan coglie il pareggio grazie ad una "magia" di Ibra. Un solo tiro in porta effettuato nell'arco dei 94 minuti di gioco. Inserendo anche Casty e Maldini, levando un Diaz sempre più in difficoltà, spostando Messias al centro, quando sulla fascia stava facendo bene, per cercare anche un suo guizzo. Insomma provandole tutte, anche a caso, alzando Theo in costante proposizione offensiva, ma sempre a testa bassa, nella speranza di non tornare a casa sconfitti ed evitando di aprire la settimana che porta alla sfida contro il Napoli fra troppi problemi.                          Il gol di Ibra, salva la serata, non la prestazione. A 40 anni, alla terza partita in una settimana, si prende la squadra sulle spalle, fa a sportellate con difensori che lo raddoppiano o triplicano, riuscendo spesso a prendere la palla e smistarla ai compagni. Un Campione, con la C maiuscola, forse l'unico che può permettersi questa proprietà, con la p minuscola.

Fra le poche cose positive della serata un Florenzi in crescita, Tomori e Romagnoli, attenti, Tonali oramai una certezza, Messias e Mignan degni della maglia e logicamente l'immenso "mago" svedese.
Tutto il resto è noia, come canterebbe Califano. Preoccupano Theo, Diaz e Bennacer, giocatori sui quali poggia questo progetto rossonero, oltre a Kessie propabile partente o Baka, che dovrebbero esclusivamente supportare i compagni più forti, ma che se non ci sono, sono i primi a smarrirsi. Difficile vedere soluzioni positive, per quanto il campionato italiano sia modesto.

Udine può essere utile come campanello dall'arme per la proprietà. Questa squadra se non gioca a cento all'ora può perdere contro ogni avversario e specialmente rischia di compromettere una stagione che sembrava brillantissima. Se corre sempre è soggetta a infortuni e se non corre non c'è qualità sufficiente per vincere. Certo serve vendere, certo serve prendere atto anche di scelte sbagliate, ma senza rinforzi diventerà sempre più usuale ad affidarsi a "magie", positive quando Ibra estrae il coniglio dal cilindro, meno quando Mister Pioli certa alternative dalla panchina che a gennaio sarà ancora più corta.