In principio fu Pirlo.

Il primo grande acquisto della nuova dirigenza juventina impegnata nel tentativo di smaltire le ultime scorie di calciopoli – tra pessimi piazzamenti, acquisti sbagliati e perdita di valore commerciale e prestigio internazionale – e a tal fine cercherà di ripartire proprio dal centrocampo, il reparto che sarà croce e delizia della Juventus, nel corso degli anni. Prima fulcro della manovra e fiore all'occhiello della rosa, perderà inseguito i suoi elementi migliori che non riuscirà per molto tempo a rimpiazzare in maniera adeguata.

Cercheremo quindi di analizzare la storia della linea mediana della Juve, dall'inizio del suo ciclo vincente, 8 anni fa, per capire come è cambiata e come cambierà questa squadra, quali sono stati, via via, i suoi punti forti e le sue criticità e quale futuro si prospetta per essa.

 

Gli antefatti: la rinascita

Sono le 12.30 dell'11 settembre 2011 e a Torino sta per cominciare una partita storica per il club bianconero. La Juve è al debutto nel campionato di Serie A 2011-2012 e affronta il Parma in casa. Ma non è questo l'evento memorabile e non lo sarà nemmeno la vittoria netta contro gli emiliani. Quell'incontro entrerà nella storia, invece, per essere la prima gara ufficiale disputata nel nuovo stadio della Juve, lo Juventus Stadium, in seguito ribattezzato Allianz.

I bianconeri sono reduci da un'annata disastrosa, un settimo posto che li ha condannati a una stagione senza coppe europee. Ciò nostante Andrea Agnelli, giovane presidente, ha grandi progetti per il futuro di questa squadra. Con lo scopo di ricondurre il club torinese ai vertici del calcio mondiale, ha attuato una vera e propria ristrutturazione societaria e una completa riorganizzazione dirigenziale. A capo dell'area tecnica ha infatti nominato il varesino Giuseppe Marotta, ex direttore generale della Sampdoria, capace di riportare i liguri in Serie A e addirittura, consentirne la storica qualificazione in Champions League.

Marotta, che più tardi diventerà amministratore delegato, ha portato con sé dalla Samp un giovane dirigente che si era segnalato per il suo ottimo lavoro come capo degli osservatori: il suo nome è Fabio Paratici. Ai due ex doriani si è aggiunto poco più tardi una leggenda del calcio bianconero, Pavel Nedved che, dismessi i panni del calciatore, ha deciso di indossare giacca e cravatta per intraprendere la carriera di dirigente nel club cui ha giurato amore eterno e che gli permetterà, successivamente, di divenirne il vicepresidente.

Ed è con queste tre figure a capo della struttura dirigenziale che la Juventus ha deciso, con la nuova stagione alle porte, di rivoluzionare la rosa.

 

La rosa di partenza e i primi acquisti

Ma per farlo ha bisogno di una guida tecnica all'altezza delle ambizioni. La scelta cade su Antonio Conte, giovane e promettente allenatore, ex capitano e bandiera bianconera, che si è fatto notare per aver regalato a Bari e Siena la massima serie.

Bisogna, però, mettere a disposizione del tecnico un parco giocatori adeguato, dato che quello uscente dalla stagione passata non è certo formidabile. Tolti Buffon e Del Piero, gli ultimi rimasti della vecchia guardia pre-calciopoli, non può vantare nomi di grosso calibro e giocatori di spessore. Il centrocampo faceva affidamento su Alberto Aquilani, regista dotato di buona tecnica ma fisicamente fragile e soggetto a ripetuti infortuni, Mohamed Sissoko, maliano dall'andatura dinoccolata e dalla potenza fisica dirompente, Felipe Melo, ex promessa del ruolo, che aveva dimostrato tutta la sua inaffidabilità sia sul piano tecnico che su quello caratteriale, e infine, Claudio Marchisio, giovane talento di casa, prodotto del vivaio bianconero. Dei quattro solo quest'ultimo rimane, gli altri vengono tutti ceduti.

L'attacco può contare oltre che su Del Piero, su Amauri (che verrà ceduto in inverno) Fabio Quagliarella e Alessandro Matri, come esterni Simone Pepe (che sarà impiegato assiduamente da Conte nel corso della stagione) e Milos Krasic (il serbo che ricordava tanto Nedved, ma solo per la chioma bionda). Se, però, la rosa nel complesso non risaltava per qualità, poteva fare affidamento su un ottimo reparto difensivo, composto da Giorgio Chiellini, Leonardo Bonucci e da Andrea Barzagli, quest'ultimo acquistato dal Wolfsburg per una cifra irrisoria pochi mesi prima e considerato dai più un giocatore sulla via del tramonto. Farà ricredere tutti. Marotta e Partici si mettono all'opera per rinforzare le fasce, portando a Torino il terzino della Lazio Stephan Lichsteiner e la rivelazione del Cesena della stagione appena trascorsa, Emanuele Giaccherini, fortemente voluto da Conte. Cercano, inoltre, di puntellare l'attacco con l'acquisto del montenegrino Mirko Vucinic.

Ma l'intervento più imponente viene operato senza dubbio sul centrocampo. Confermato il solo Marchisio, che Conte saprà valorizzare, approdano i due più importanti acquisti di quella sessione di mercato. Uno è il cileno Arturo Vidal; prelevato dal Bayer Leverkusen; di lui si dice un gran bene, e sembra avere tutte le caratteristiche del centrocampista che esige il calcio moderno. L'altro grande arrivo è quello di Andrea Pirlo. Sottoutilizzato nel Milan da Allegri nella stagione precedente, la società rossonera lo considera un giocatore in declino e decide di non rinnovargli il contratto. Ma non la pensano così alla Juve, dove invece lo ritengono l'uomo capace di dirigere la manovra della squadra, oltre che di portare esperienza e qualità. Così, all'età di 32 anni, dopo aver vinto di tutto, Andrea Pirlo approda a Vinovo.

 

Il primo centrocampo contiano

Si compone così il fulcro del primo centrocampo dell'era Conte, imperniato su questi tre giocatori:

  • Claudio Marchisio. Prodotto del vivaio bianconero, è stato fatto debuttare in prima squadra da Deschamps nell'anno della Serie B. La stagione successiva veniva ceduto in prestito all'Empoli per poi tornare alla Juve fino a conquistarsi la titolarità con le sue ottime prestazioni. All'arrivo di Conte ha già raggiunto la maturità necessaria per compiere un ulteriore salto in avanti e consacrarsi definitivamente come uno dei migliori centrocampisti in circolazione.

    Si può dire che Claudio rappresenti il prototipo della mezzala moderna, unisce a un'ottima tecnica una struttura fisica che gli permette di imporsi in tutte le fasi di gioco ed è in possesso di tutti i fondamentali. Non esiste una caratteristica del suo ruolo nella quale egli non si distingua: assist, tiro, dribbling, controllo, visione di gioco, recupero palla, abilità di inserimento negli spazi e facilità nell'andare a rete. Caratteristiche, soprattutto queste ultime, che hanno indotto molti a paragonarlo a Marco Tardelli.

  • Arturo Vidal. Sarebbe riduttivo definirlo un incontrista. Come Marchisio Vidal è un giocatore versatile capace di far tutto, ma con caratteristiche differenti rispetto al Principino. Può ricoprire qualsiasi zona del rettangolo di gioco e si adatta perfettamente a una visione totale del calcio, perché ama giocare a tutto campo. La sua esuberanza atletica combinata con una buona tecnica gli permette non solo di fermare le azioni avversarie e far ripartire la manovra, ma anche di proporsi in avanti e finalizzare. Non è raro vedere Vidal prima recuperare un pallone e poi, nella stessa azione, andare a concludere a rete ricevendo il suggerimento del compagno. Non è un caso se ricoprirà praticamente tutti i ruoli nella sua carriera, dal mediano al trequartista e, in alcuni casi, persino l'esterno. È l'uomo ideale per il gioco di Conte.

  • Andrea Pirlo. Non avrebbe bisogno di presentazioni. Pirlo approda alla Juve da vincente, uno dei pochi, assieme a Del Piero e Buffon, ad aver già vinto lo scudetto. Anzi, Pirlo alla Juve ci arriva con il tricolore cucito sul petto, conquistato al Milan l'anno precedente. Impiegato a inizio carriera come trequartista, ha poi trovato nella posizione di regista il suo habitat ideale. Giocatore di tecnica sopraffina, è dotato di una visione del campo da gioco praticamente illimitata, grazie alla quale è in grado di innescare i compagni da ogni posizione. Classici i suoi lanci millimetrici a scavalcare la difesa verso l'attaccante. Ma anche i suoi tocchi di prima e le sue invenzioni geniali con cui trova l'uomo smarcato. Dribblatore eccezionale, nonostante la sua lentezza, in grado di mandare fuori tempo l'avversario in qualsiasi momento con le sue finte di corpo, in virtù della sua coordinazione perfetta e del rapporto quasi simbiotico con il pallone. È uno dei migliori tiratori di punizione che la storia ricordi ed è infatti il calciatore ad aver segnato più gol su piazzato in Serie A assieme a Sinisa Mihajlovic.

 

La Juve di Conte e il primo scudetto

La Juventus di Antonio Conte si affida a un calcio offensivo incentrato sull'intensità e il pressing a tutto campo, volto a conquistare il possesso del pallone per poi innescare la manovra offensiva con rapide ripartenze, avvalendosi dell'estro di Pirlo, degli inserimenti dei centrocampisti e della spinta degli esterni. Inizialmente adotta un 4-4-2, per poi passare al 4-3-3, prima di approdare stabilmente al 3-5-2.

Si candida così come sfidante del Milan campione in carica nella corsa scudetto. La formazione rossonera, guidata da Massimiliano Allegri, sembra la favorita, potendo contare su giocatori del calibro di Thiago Silva, Alessandro Nesta, Clarence Seedorf, Zlatan Ibrahimovic e Antonio Cassano. Tuttavia i bianconeri paiono molto agguerriti e lo dimostrano subito nella sfida in casa contro i milanisti: una partita dove impongono il loro gioco e dominano il campo riuscendo, negli ultimi minuti, a sbloccare il risultato con un gol di Marchisio che poi, poco dopo, troverà anche il raddoppio.

Gli uomini di Conte sembrano trovarsi a loro agio nel dominare le partite ad alti ritmi, però mostrano qualche problema quando il gioco rallenta, incapaci spesso di gestire il risultato acquisito. Inoltre, hanno bisogno di produrre necessariamente una grande mole di gioco e di occasioni prima di andare a rete. A causa di queste difficoltà vedono sfumare molto spesso i tre punti, subendo in molti casi il gol del pareggio. Tuttavia i bianconeri non perdono mai concludendo il campionato senza subire sconfitte, guadagnando il record di imbattibilità. E dopo un testa a testa col Milan, con 84 punti, conquistano finalmente il primo scudetto dell'era post-calciopoli.

La Juventus può cucirsi la terza stella sul petto.

 

Pogba e il centrocampo ridisegnato

Nell'estate del 2012 approda a Vinovo un ragazzino sconosciuto, ma che sarà destinato a entrare nel cuore dei tifosi, il suo nome è Paul Pogba. Snobbato da Ferguson al Manchester United, arriva in bianconero, senza quasi che nessuno se ne accorga. Riesce però subito a imporsi all'attenzione generale grazie alle sue qualità fuori dal comune. Dotato di ottima tecnica, nonostante il fisico possente, mette in evidenza una grande personalità. Conte gli dà fiducia facendolo subito esordire in campionato, appena ventenne, e lui lo ripaga presto, con un gol spettacolare contro il Napoli, un tiro al volo da fuori area potente e preciso, che si insacca lambendo il palo alla sinistra del portiere. La stella di Pogba ha cominciato a brillare.

Il giovane francese dopo un primo anno di debutto, arriva a conquistarsi la maglia da titolare nella stagione 2013-2014. In quello che sarà l'ultimo anno di Conte sulla panchina della Juve va ad affiancare Vidal, giocando come mezzala nel 3-5-2 alternandosi a Marchisio, con Pirlo davanti alla difesa. Con l'ingresso di Paul la linea mediana ne guadagna sia in qualità che in fisicità. La completezza del reparto permette alla Juve di trovare diverse soluzioni e di dominare il gioco senza subire troppo quando difende.

 

Due stagioni da record

Nella stagione 2012-2013 si aggregano alla rosa Kwadwo Asamoah e il terzino Mauricio Isla, entrambi provenienti dall'Udinese. Torna Sebastian Giovinco, anche lui, come Marchisio, prodotto del vivaio, reduce da un biennio al Parma.

La Juventus si propone per la prima volta come favorita per la corsa al suo secondo scudetto. L'avversario questa volta è il Napoli di Mazzarri. Dopo la vittoria della Supercoppa, proprio contro i partenopei, la Juve impone subito un ritmo frenetico al campionato senza mai perdere per tutto il girone di andata fino alla partita contro la Sampdoria, quando incassa la prima sconfitta dopo oltre un anno di imbattibilità. Trionfa con tre giornate di anticipo, chiudendo con 9 punti di vantaggio sul Napoli.

La seconda stagione va ricordata anche per l'esordio in Champions League, dopo anni di assenza da questa competizione. Nonostante i giocatori abbiano quasi tutti poca esperienza in questo torneo, la squadra disputa ottime prestazioni. Nella fase a gironi riesce a battere il Chelsea campione in carica e lo Shaktar Donetsk di Douglas Costa e Willian senza mai perdere e si qualifica come prima nel proprio raggruppamento. Alla fase successiva supera agevolmente gli scozzesi del Celtic di Glasgow, ma deve poi arrendersi di fronte al fortissimo Bayern Monaco di Robben e Ribery destinato a vincere il titolo.

 

Nella stagione 2013-2014 il trio Marotta-Nedved-Paratici regala due importanti giocatori alla Vecchia Signora: uno è lo spagnolo Fernando Llorente, il finalizzatore che mancava in un attacco veloce e tecnico ma privo di un vero centravanti; l'altro è il fuoriclasse argentino Carlos Tevez, proveniente dal Manchester City.

Rinforzato il reparto avanzato, i bianconeri cominciano la solita cavalcata a spron battuto, vincendo quasi tutte le partite. La Roma di Rudi Garcia riesce a tenere il passo nelle prime giornate, ma poi è costretta a rallentare e la Juve prende il largo. Vincerà il campionato a mani basse con 102 punti, risultato mai raggiunto in Serie A, fregiandosi anche del record di vittorie.

In Champions League, però, non ha altrettanta fortuna; nonostante un girone sulla carta abbordabile, si complica la vita con due pareggi contro Copenaghen e Galatasaray. Contro il Real Madrid riesce a raccogliere un misero punto in due partite. Dopo la facile vittoria contro i danesi è costretta a giocarsi la qualificazione nell'ultima sfida in Turchia. Su un terreno di gioco in condizioni pessime, a causa della neve, che aveva fatto slittare la partita di un giorno, la Juve viene buttata fuori da un gol di Sneijder, tra le polemiche per l'impraticabilità del campo. Dovrà così accontentarsi di disputare l'Europa League, dove non andrà oltre le semifinali.

 

L'inizio dell'era Allegri

Nell'estate del 2014, come un fulmine a ciel sereno, giunge la notizia dell'addio di Conte. Le divergenze con la società, e in particolare con Andrea Agnelli, in merito al mercato estivo, inducono l'allenatore salentino ad abbandonare la panchina della prima squadra d'Italia.

Viene sostituito da Massimiliano Allegri, esonerato dal Milan nel corso della stagione precedente. Il tecnico toscano giunge a Torino nella freddezza generale e tra le mille perplessità dei tifosi che ancora rimpiangono Conte.

Assieme ad Allegri arrivano due francesi, il terzino del Manchester Patrice Evra e il precoce talento Kingsley Coman; dall'Udinese invece viene prelevato l'esterno Roberto Pereyra e, infine, dalla Cantera del Real Madrid il promettente attaccante Alvaro Morata, in prestito per due anni.

In campionato la Juve si conferma come la solita favorita, conquistando subito, trascinata dai gol di Tevez, la testa della classifica. La Roma insegue a distanza ravvicinata e riesce a tenere il ritmo per tutto il girone di andata. Ma nella seconda parte della stagione i giallorossi crollano e la Juve si invola verso il suo quarto scudetto consecutivo. La Vecchia Signora può tornare ad alzare anche la Coppa Italia, trofeo che le mancava da dieci anni, battendo in finale la Lazio.

In Champions League, invece, non parte benissimo. Dopo l'agevole vittoria contro il Malmo, perde contro l'Atletico Madrid di Simeone e contro l'Olympiakos. Al ritorno contro i greci vince in casa, ma non riesce ad andare oltre lo 0-0 nell'ultima contro i madrileni, riuscendo comunque a qualificarsi come seconda del gruppo. Agli ottavi di finale, però, la musica cambia. Ha facilmente ragione del Borussia Dortmund, cui infligge due gol all'andata e tre al ritorno, grazie al duo Tevez-Morata. Dopo aver superato di misura il Monaco, deve vedersela in semifinale con il temutissimo Real Madrid di Carlo Ancelotti. All'andata i bianconeri riescono tuttavia a imporsi per 2-1, grazie alle reti dei soliti Morata e Tevez. Ma il gol di Ronaldo lascia tutti nell'incertezza in vista del ritorno. Il Real Madrid è senz'altro favorito, gioca nel suo stadio, davanti al suo pubblico. Ed più forte. Sulla carta almeno. L'avvio sembra confermare i pronostici e i Galacticos partono subito alla carica assediando la metà campo juventina e portandosi subito in vantaggio, grazie a un gol del solito Ronaldo, su rigore. Rischiano presto di raddoppiare, ma le parate di Buffon mantengono in vita la squadra di Allegri. Nel secondo tempo, però, la Juve che sembrava una squadra alle corde si rianima, grazie soprattutto a un Vidal rivitalizzato e un Marchisio che sfiora il gol. È proprio il cileno che scodella una palla in mezzo, su cui si avventa Pogba che la smista di testa al centro per l'accorrente Morata, il quale, solo di fronte a Casillas, trafigge la porta dei suoi ex compagni. 1-1. A nulla valgono gli assalti disperati del Real negli ultimi minuti e i bianconeri conquistano una finale storica che mancava da tredici anni. Dovranno vedersela, però con il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez, senza dubbio la compagine più temibile e in forma della competizione. I catalani passano subito in vantaggio con Rakitic e rischiano più volte di segnare il secondo gol, ma la Juve resiste. Nel secondo tempo Morata, come col Real, pareggia. Ma questa volta Suarez riporta il Barca nuovamente in vantaggio, prima del colpo di grazia di Neymar.

La Juve conclude un'ottima stagione, nonostante le perplessità che si avevano all'inizio per il cambio di allenatore, conquistando scudetto, Coppa Italia e riuscendo ad arrivare alla finale in Champions.

 

Nella stagione 2015-2016 ci sono importanti novità per quanto riguarda il mercato. La Juve compra il terzino brasiliano Alex Sandro, che sarà autore di un'annata eccezionale, l'esterno colombiano Juan Cuadrado, che era stato il sogno, mai realizzato, di Conte, il gabonese Mario Lemina, il trequartista dell'Inter Hernanes, il centrocampista tedesco del Real Madrid Sami Khedira, il giovane attaccante del Sassuolo Simone Zaza e, per concludere in bellezza, l'asso del Palermo e grande promessa del calcio argentino Paulo Dybala e l'attaccante croato Mario Mandzukic. Ad essi però si affiancano cessioni altrettanto importanti: quelle di Tevez, Llorente, Pirlo e Vidal, e si tratta senza dubbio di perdite dolorose.

Il secondo anno della gestione Allegri non comincia certo nel migliore dei modi. La Juve conquista la Supercoppa battendo la Lazio, ma all'avvio del campionato colleziona appena 12 punti nelle prime 10 partite e il suo ciclo di vittorie, dopo ben quattro anni di trionfi, sembra destinato a terminare. L'Inter si trova in testa e per i bianconeri si profila un inseguimento impossibile. Tuttavia, dopo l'inizio stentato, la Vecchia Signora comincia a risalire la china, trascinata dal talento di Dybala e Pogba e dalla prestanza fisica di Mandzukic, ma deve vedersela col Napoli del bomber Higuain guidato dal tecnico Maurizio Sarri. Nello scontro diretto per la vetta della classifica la Juve batte i partenopei grazie a un gol di Zaza. Da quel momento il Napoli perde terreno e lo scudetto, ancora, una volta, rimane cucito sulla casacca bianconera.

La Champions League, invece, contrariamente alla Serie A, sembra partire positivamente. La Juve batte il Manchester City e il Siviglia, per poi vincere di nuovo nel ritorno contro gli inglesi e pare avviata a conquistare la testa del girone. Nell'ultima partita contro gli andalusi dà l'impressione volersi accontentare del pareggio, che le permetterebbe di classificarsi come prima, ma il gol dell'ex Llorente e le numerose occasioni sprecate, la condannano al secondo posto, rischiando così di imbattersi in un avversario complicato agli ottavi. E infatti l'urna non è benevola con i bianconeri che pescano i temibili tedeschi del Bayern Monaco di Guardiola. L'andata si conclude sul 2-2. Al ritorno i bianoneri dovranno affrontare una partita durissima in casa dei bavaresi. Eppure sembra andare tutto per il verso giusto, perché Pogba segna subito il gol del vantaggio dopo pochi minuti dal calcio di inizio e Cuadrado presto raddoppia. Il primo tempo si conclude con la Juve in vantaggio di due reti a zero. Ma nella ripresa il Bayern riconquista fiducia e si lancia in avanti alla ricerca di un gol per riaprire l'incontro. La Juve sembra reggere, ma nell'ultimo quarto d'ora, schiacciata dalla pressione del Bayern, subisce prima il l'1-2 di Lewandowski e poi, proprio all'ultimo respiro, il pareggio di Muller. La sfida prosegue ai supplementari ma ormai gli uomini di Allegri sono svuotati, sia fisicamente che psicologicamente, prostrati dalla reazione del Bayern, che così ha gioco facile nel segnare altri due gol e chiudere l'incontro.

La stagione si conclude con la conquista della Coppa Italia e il secondo double di fila.

 

Centrocampo, disposizione tattica e stile di gioco del primo Allegri

Il centrocampo, al debutto di Allegri, rimane immutato, almeno nei nomi. Inizialmente egli prosegue con il 3-5-2 contiano, per poi passare, a stagione in corso, alla difesa a 4. Altra variazione tattica: Vidal viene schierato come trequartista alle spalle delle punte, con Pogba e Marchisio a fare da mezzali e Pirlo dietro di loro a dirigere. Il gioco è molto simile a quello di Conte, potendo disporre però di alcuni elementi in più:,in particolare in avanti: Morata e Llorente infatti sono dei punti di riferimento per i centrocampisti che prima non c'erano. La Juve di Allegri, tuttavia, pur incentrando il suo gioco sul possesso, è maggiormente propensa alla gestione del risultato rispetto al passato, alternando a fasi di spinta, fasi di rallentamento del ritmo e di attesa.

Al secondo anno di Allegri il reparto mediano comincia a essere per la prima volta ristrutturato e assume una nuova fisionomia. Partono due figure centrali, come Vidal e Pirlo, che non sarà facile sostituire e la cui mancanza si sentirà anche negli anni a venire. Al loro posto subentrano giocatori con caratteristiche completamente diverse: il tedesco Khedira, una mezzala forte fisicamente e abile negli inserimenti ma tecnicamente non eccelsa, e il brasiliano Hernanes, dotato di ottima tecnica e che alla Lazio aveva mostrato qualità interessanti ma che alla Juve non saprà ripetersi sugli stessi livelli. In una prima fase Allegri propone un 4-3-3, con Marchisio a prendere il posto di Pirlo, con Khedira e Pogba liberi di muoversi su tutto il campo e Hernanes o Pereyra da trequartisti dietro le punte. In una seconda fase, però, dopo numerosi esperimenti, cerca di ritrovare un maggiore equilibrio riproponendo il vecchio 3-5-2. Con la perdita del suo giocatore tecnicamente più dotato, Pirlo, e la partenza di un trascinatore come Vidal, Allegri cerca di ridisegnare il centrocampo sulle caratteristiche dei giocatori che ha a disposizione. Ma non sembra mai riuscire a ritrovare l'armonia perfetta del passato. Pogba, inoltre, su cui Allegri fa molto affidamento (come dimostra la decisione di assegnargli la maglia numero 10) e che cerca di rendere il fulcro di tutto il centrocampo sfruttandone il dinamismo e la fisicità, non dà sul campo le stesse risposte di prima e fatica a trovare continuità.

(CONTINUA)