Il caso della FIGC

Dopo giorni di meritate critiche a Tavecchio e Ventura è arrivato il momento di ripartire, di provare a capire come migliorare il calcio italiano: le soluzioni sono tante, per il momento ne propongo una.
Ventura non è l’unico colpevole, anche se giocare con il 4-2-4 contro la Spagna o tenere in panchina Insigne contro la Svezia, ma anche Bernardeschi e El Sharaawy intesi come i talenti cristallini di questa nazionale non è stata una furbata, Gianpiè.
La colpa chiaramente è di chi regge il calcio, e cioè della FIGC, che dal mio punto di vista dovrebbe attualizzare tutto il sistema amministrativo del “pallone”, a partire dalle Norme Organizzative Interne.
Una delle soluzioni è migliorare i settori giovani delle squadre, ma far giocare più giovani in Serie A è soltanto l’ultima fase del cambiamento, perché per poter arrivare a giocare nella massima serie, si devono migliorare le scuole calcio che formano i giovani talenti.

Uno dei problemi è quello relativo al “premio di addestramento e formazione tecnica” (ex art. 99 NOIF), un importante mezzo di finanziamento per le scuole calcio, fondamentale nei sistemi calcistici degli altri paesi. Tale “premio” è quella somma di denaro che il club che acquista il giocatore alla stipula del primo contratto da professionista, è obbligato a pagare alla società che ha formato il giovane calciatore.

Il vero aspetto da migliorare di tale previsione federativa, è il seguente: L’importo relativo al premio di addestramento e formazione tecnica non deve essere superiore a quello di cui alla tabella “b” e può essere ridotto con accordo scritto tra le due società”. Di conseguenza, con un eventuale accordo, un grande club che acquista un giovane calciatore da una società di provincia per esempio, può forzare la mano sulla cifra da versare e nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, le squadre in causa possono intraprendere le vie legali e perdere ulteriore tempo e denaro.
Il premio di addestramento è fondamentale poiché permette di investire in personale qualificato, in strutture sportive, in materiale per i giocatori; certo, non si parla di milioni, ma in ogni caso il premio è un fattore che può aiutare lo sviluppo.

E tutti noi sappiamo quando ci sia bisogno di allenatori umanamente e tecnicamente qualificati in tutti i settori giovanili dello Stivale.
E gli altri paesi come fanno? In base al Regolamento Generale della Federazione Spagnola, il premio al cui pagamento è obbligato il club che acquista il giocatore, viene diviso tra tutte le società che hanno formato il calciatore, e non solamente l’ultima come da noi.
In Brasile, la legge Pelé prevede che il club che acquista il giocatore deve versare fino al 5% della somma pagata per il trasferimento a tutte le società che hanno formato il giocatore, e non solamente all’ultima, come da noi.
In Francia, la “indemnité de préformation” viene pagata dal nuovo club che acquista il giocatore a tutte le società che hanno partecipato alla formazione, e non solamente all’ultima, come da noi. Inoltre i cugini francesi prevedono anche un’indennità per gli stages, da pagare alla società che prestano il giovane giocatore ai grandi club qualora, dopo uno stage appunto, diventi un calciatore professionista. In più nessuno di questi paesi prevede la possibilità per le squadre di accordarsi tra di loro, poiché esiste una Federazione che stabilisce delle norme e queste vengono applicate.

In ambito internazionale la FIFA prevede accuratamente l’indennità per formazione e il meccanismo di solidarietà, quest’ultimo pagabile alle società che formarono il giocatore dai 12 ai 23 anni, per ogni trasferimento internazionale di tipo professionistico della sua carriera.
Non si lascia niente al caso, come da noi.

Silvio Bogliari