C'è un destino in ognuno di noi e questo accade da sempre, evidentemente era destino che Javier Zanetti diventasse l'antidoto ideale alla pazzia dell'Inter dal 1995. Icona dell'attaccamento alla maglia e della classe in campo, ha reso il 4 qualcosa in più di un semplice numero. 

Nato il 10 agosto 1973 a Buenos Aires, da fanciullo viene chiamato "sombra de alambre" ossia "ombra di fil di ferro" dal momento che è piccolino di costituzione fisica ma dalla forza di volontà impressionante.  A partire dalle 4 del mattino, 4 ore prima dell'alba, tutti i giorni pedala e consegna latte per un anno intero.
Javier muove i primi passi verso il grande mondo del calcio con la maglia del Talleres ed è proprio nel club argentino che incontra Paula, giocatrice di basket, nasce così nel novembre del 1992 la loro lunga storia d'amore.
Quando arriva al Banfied, l'allora direttore tecnico Oscar López lo soprannomina "pupi" e si fa conoscere al mondo nel match contro l' Atlético Boca Juniors: parte da metà campo, scarta tutti e scappa, il portiere esce e Pupi tira di lato, arriva un compagno di squadra, tocca la palla e fa goal; un'azione fenomenale.
Allo stesso tempo inizia il suo cammino nella Selección Argentina, ma il giovane Zanetti ambisce ad andare in Europa.

La società interista lo nota e si innamora di questo terzino con un modo di dribblare fantastico e Moratti, rimasto stupito dal talento argentino lo acquista e lo porta a Milano. Una volta arrivato all'Inter, Javier trova una squadra nel caos primordiale con zero speranze di vittoria ma quando il club scende in campo al Parco dei Principi, in finale di coppa Uefa contro la Lazio, Zanetti sigla il gol del 2 a 0; che porta i nerazzurri alla vittoria. Per quanto riguarda la nazionale, ha siglato un record storico: l'aver giocato 145 partite rappresentando la patria, un record raggiunto in silenzio, con stile e umiltà, superando grandissimi giocatori. Fuori dal campo invece, Javier mette alla luce il suo grande cuore, creando insieme alla sua famiglia una fondazione "la Fondazione Pupi", negli anni 2000-2001, epoca in cui l'Argentina era in una situazione molto critica e difficile e l'aspetto che l'ha spinto a dare alla luce l'associazione, è stato il ricordo di quando portava da mangiare al padre muratore.
Intanto la sua carriera in nerazzurro prosegue tra vittorie e soprattutto sconfitte, ma un cavaliere non lascia mai la sua signora, proprio come Zanetti e la sua Inter. Uno dei tanti momenti in cui mostra la sua grandezza fu Il 5 maggio 2002: l’Inter disputa l’ultima partita contro la Lazio, allo Stadio Olimpico di Roma, ma i nerazzurri vengono sconfitti  per 4-2, punteggio che consegnò lo scudetto alla Juventus, a fine partita, Zanetti già pensa a come tramutare la sconfitta in una serie di vittorie; che poi sono state ottenute.

Iconica la sua felicità con la conquista del primo scudetto dopo quello a tavolino, perché concretizza quelli che sono stati tanti anni di sofferenza. El pupi è sempre devastante, mitica la sua giocata con la gamba inchiodata a terra, poi si gira su se stesso e mentre gli avversari cercano di prenderlo, scappa e va dritto; percorrendo con grande carica 30 km di campo.
Con Mourinho nasce un legame stretto e con il tecnico portoghese, il club conquista finalmente vari trofei. Nell'arco di 3 settimane, realizza il triplete, conquistando campionato, coppa Italia e Champions League. La presenza del capitano argentino si rivela sempre fondamentale ma il mondiale per club vinto ad Abu Dhabi, il 10 dicembre 2010, è l'ultimo trofeo sollevato al cielo da Zanetti e nei successivi 4 anni, infrange il record di presenze in nerazzurro (858).

Javier si ritira dal calcio giocato all'età di 40 anni, per lui sono stati tredici lunghi anni da capitano e ancora oggi il mondo dell'Inter fa parte della sua vita, è infatti vicepresidente del club. Come scriveva il filosofo cinese Lao Tzu: "I legami più profondi non sono fatti né di corde né di nodi, eppure nessuno li scioglie" e in effetti la certezza è che quella catena che lega Javier Zanetti all' Inter dal 1995 non si spezzerà mai; perché l'argentino sarà per sempre quel leader silenzioso con la fascia da capitano, che all'Inter ha dato tutto se stesso e pure qualcosa in più.