Quando vedo una partita di calcio sono preso e spero sempre che la mia squadra non subisca una rete e riesca a portare a casa il risultato. Poi ci sono dei momenti che mi affaccio dal balcone e guardando giù rivedo quel ragazzino che correva e calciava il pallone contro quel muro. Sì, quando ero ragazzino giocavo a calcio con i miei amici proprio sotto casa, le porte erano disegnate con il gesso su due muri che dietro avevano la discesa del garage. Il gesso lo prendevamo su di un prato dove avevano buttato giù delle palazzine e si trovava facilmente tra le macerie. Era sul finire degli anni '80, quando ci ritrovavamo alle 16 tutti e si partiva con il "Bim, bum, bale giù" (la conta) per formare le squadre. Il mio sotto casa era su per giù un 30 metri quadri dove noi giocavamo 5 contro 5 quando eravamo tutti, oppure se dispari e di meno i più forti si dividevano e formavano due squadre. La mia passione per quella palla rotonda che correva era al pari del salire con una tavola da surf sull'onda più alta del mondo. Pazzesco!

Delle volte scendevamo con magliette bianche (avete presente quelle bianche che andavano sotto le maglie in quei periodi? Sì, le canottiere bianche), e gli avversari avevano le canottiere nere, poi c'era chi se le scambiava: all'epoca non si pensava a nulla, adesso ci farebbe schifo metterci la maglia di un'altra persona, ma da ragazzini non ci si faceva caso. Ricordo che avevamo un muro (che poi era una cantina) che divideva quel campo di mattoni, ricordo i voli e le ginocchia sbucciate al minimo contatto con il pavimento ruvido. Ricordo che un giorno mi arrivò una palla altezza spalle, non ci pensai un minuto a tentare la rovesciata, potete solo capire l'impatto tra la schiena e il pavimento, una cosa dolorosissima, ma passava subito, una pulita ai pantaloncini e si tornava ciondolanti a correre. Calci, gomitate e tirate di maglietta, non c'era mai una partita che non finiva con qualcuno malconcio. Delle volte ci sfidavamo tra zone, si giocava da noi in casa e in trasferta da loro; certo, diciamo che nel raggio di 500 metri in linea d'aria c'erano tutti i gruppi di ragazzini che giocavano con noi. Ricordo che a fine partita c'era come al solito per i perdenti l'astio della sconfitta, ma tutto finiva nello stringersi la mano e diventare tutti amici.

Così la mia infanzia è stata molto bella, ma purtroppo non si può essere ragazzini a vita: magari si fosse potuto restare ragazzini e senza pensieri di lavoro e mantenere una famiglia. Quindi si deve crescere, e quando si cresce si ricorda spesso con amici che incontri dopo tanto tempo e ci si ride su. Si ride sul taglio di capelli che portavamo, sul come ci vestivamo per giocare, e le toppe sulle tute che ogni giorno le nostre mamme dovevano rammendare. La vita di prima non è come quella di ora, si rompe una tuta se ne compra un'altra, prima le mamme rammendavano e quei pantaloni duravano anni, non giorni. Le magliette? La stessa fine, non c'era nessuno con la maglietta integra a fine partita, tira e tira e si sentiva il... stras... la maglietta che si sfilacciava o bucava. Alla fine invece che partite erano uguali alle battaglie di Braveheart, con qualcuno che usciva con graffi sulle braccia e qualche calcio, e nasi che gocciolavano sangue per palloni presi di testa ma che di contro colpo si trovavano il piede dell'avversario.

Ricordo che si scendeva alle 16 (orario dettato dai genitori, perché prima si studiava e si facevano i compiti), poi si scendeva si giocava poco, fino alle 16.30, quando in tv cominciava Holly e Benji, poi al termine della puntata si tornava in strada e si ricominciava a giocare. Tedesca o partitella. Bei tempi, già. Delle volte li rimpiango visto che c'era tanta spensieratezza  cosa che da grande non hai. Si andava a scuola e si giocava, adesso si lavora e penso che quando sono a tocchi (stanco di lavorare) e guardo dalla finestra del lavoro dove mi trovo, vedendo un prato o un sotto casa mi riviene in mente quel ragazzino che correva dietro a quel pallone.