Il calcio! Solo il nome apre un mondo di interpretazioni generali e globali, di sentimenti contrastanti, di presunzione di veridicità delle cose, di discussioni senza mai una reale fine ad un qualsiasi discorso che abbia a che fare con il calcio, semplicemente perché il calcio è di tutti. Di calcio parlano tutti, e tutti si sentono in diritto di farlo per qualsivoglia motivo. Per esaltarlo o denigrarlo, per difenderlo o attaccarlo, viene usato per svariati motivi, politici, sociali, razziali. Io oggi non sono qui per entrare in nessuno di questi "luoghi", non ne sono all'altezza e soprattutto non mi interessa, ma sono qua con la voglia e la presunzione di capire se nel calcio esiste ancora una parte cosiddetta umana.
Il modo con cui io vivo il calcio o con quale tipo di educazione sportiva sono stato educato da mio padre, ormai la conoscete bene tutti, o almeno quelli che mi conoscono e che hanno speso del proprio tempo per leggermi in passato, e quindi non vi annoi ancora con quelle storie di amarcord, ma vorrei sbirciare ancora in questo mondo in cerca di qualcosa che mi riporti ai motivi per cui, credo tutti ci siamo appassionati a questo sport.
Per molti il calcio attuale non è nemmeno più uno sport, ma una sorta di mercato mondiale, dove le società di calcio sono diventate delle industrie, dove i calciatori sono mercenari a caccia del miglior ingaggio, e dove sponsor e diritti TV dettano le regole, e per certi versi anche i risultati. La maggior parte dei tifosi passa il proprio tempo ad insultarsi a vicenda, a cercare di denigrare l'altro per qualsiasi motivo, un odio profondo che a volte sfocia in vera e propria violenza, fisica ma anche verbale, una violenza quella verbale che nel mondo attuale dei social, trova purtroppo molto spazio. Non c'è nulla che sembra poter mettere d'accordo le persone quando si trovano a discutere di calcio, ma si passa dal discutere di un post partita, e di qualche errore arbitrale, a fare conti con bilanci falsati, magagne di mercato, aiuti statali e politici e tutti parlano e tutti dicono la loro.
Io ho sempre pensato che un giocatore professionista durante gli allenamenti settimanali provi quelle sensazioni che provava nei campetti di periferia dove tutto è iniziato, e che nel tunnel che dagli spogliatoi porta al campo, di un Anfield o di un Bernabeu o Camp Nou o San Siro, tutto questo non esista e che una squadra scende in campo allo stesso modo e con la stessa unione di una squadra di amici che giocano amatoriamente. In questo periodo storico di totale assenza di calcio giocato ma anche di altri sport, stando a casa e guardando la televisione, ho seguito spesso su Sky, quelle trasmissioni dove venivano intervistati a turno ex campioni e allenatori, e gli si faceva ripercorrere le proprie carriere, con racconti e aneddoti veramente belli. Da Totti a Del Piero, da De Rossi a Zambrotta, poi Ambrosini, Crespo, Toni Cambiasso, Milito e tanti altri, poi gli allenatori come Lippi, Capello ecc... Ognuno ha ripercorso il proprio cammino e stiamo parlando di chi ha vinto tutto e più di tutti, eppure in questi racconti non ho trovato nulla o molto poco di industriale e molto di umano. Nonostante le rivalità, molti raccontano aneddoti di vera e profonda amicizia anche tra non compagni di squadra. Uno tra questi è quello tra De Rossi e Bonucci. Con il romano che racconta come tra i suoi amici giallorossi serpeggia la perplessità per questa sua vera e profonda amicizia con il rivale bianconero, eppure il "capitan futuro" è fiero e con orgoglio ha sempre difeso questa amicizia. Stesso discorso vale per Del Piero e Totti, capitani storici di due squadre rivali e molto amici fuori con grande stima reciproca. Se poi entriamo dentro le squadre, di storie di gruppi di giocatori che hanno instaurato un rapporto oltre lo sport sono tanti. L'inter del triplete è un esempio lampante. Ancora oggi i "tripletisti" sono uniti da un qualcosa di speciale e unico che avevano costruito con lo special one Mourinho e che li rendeva una squadra imbattibile perché oltre il tasso tecnico c'era quella unione formata da uomini ancor prima di giocatori pronti a tutto l'uno per l'altro. La Juve di Buffon Del Piero e altri, che da campioni del mondo sono scesi in serie B, formando poi con i Chiellini Marchisio Bonucci Barza, un qualcosa che ha fatto leggenda in Italia con gli otto scudetti consecutivi e i quattro double. Il Milan dei bei tempi, quelli delle Champions da Sacchi a Ancelotti, un gruppo tra i più forti tecnicamente mai visti e formato da uomini di uno spessore incredibile, ha incantato i tifosi non solo rossoneri ma tutti gli appassionati, a sentirli parlare e ricordare quei tempi ti rendi conto di quanta unione, quanta passione regnava in quelle squadre che dominavano il mondo.
Gli allenatori poi hanno unito spesso la loro capacità umana a quella tecnica e professionale, per creare dei gruppi formidabili di persone. Lippi prima con la Juve poi con la nazionale ha creato dei rapporti umani incredibili, e sicuramente il motivo di tanto successo abita proprio in quella capacità di instaurare un rapporto umano importante con i giocatori. Allegri, è stato congedato dopo cinque anni di Juventus, con tanto di conferenza stampa con il presidente Agnelli e tutta la squadra schierata in prima fila, momenti emozionanti con il nodo in gola. Aneddoti e racconti di vite momenti in cui l'unione andava oltre l'insegnamento tecnico. Praticamente di tutte quelle cose che noi tifosi discutiamo e crediamo di sapere, in realtà non sappiamo nulla, e probabilmente loro ci ridono dietro. La Lega, la Figc, i giochi di potere tra presidenti, in realtà spesso non sfiorano nemmeno i giocatori o gli allenatori, che sembrano far parte di mondo a sé. Un mondo dove sembra resistere quell'atmosfera di passione che tutti noi abbiamo e che rimane intatta, nonostante tutto.
Insomma, tutti noi cerchiamo il marcio, il complotto, l'odio un qualcosa di brutto sempre, ma in realtà tra calciatori e allenatori c'è molto più rispetto, amicizia e unione di quanto noi possiamo pensare. Dimenticare che alla fine si parla di ragazzi, strapagati ma pur sempre ragazzi, che giocherebbero comunque a calcio anche a livello amatoriale, e che trovano in certi allenatori una figura rassicurante, quasi paterna. Che hanno una vita normale, e che devono giocare a calcio magari quando non stanno bene, quando hanno un genitore ammalato o defunto, o un figlio che sta male. Oppure problemi di cuore per i più giovani, e si vedono insultati dai tifosi avversari o dai propri per una brutta partita. Sbattuti sui giornali da giornalisti senza dignità, magari con accuse infamanti solo per avere un po di visibilità. Allenatori criticati ogni minuto di una partita per chissà quali scelte sbagliate, senza che nessuno sappia realmente cosa c'è dietro ad una scelta. Guadagnano milioni, questa è la giustificazione per cui dovrebbero accettare qualsiasi critica. Ragazzi che per inseguire un sogno probabilmente hanno perso gran parte della normalità che tutti noi abbiamo. Uomini che per rincorre il loro sogno di insegnare calcio, stanno lontani dalla famiglia e girano l'Italia cambiando città di mese in mese, subendo le bizze di presidenti o direttori sportivi calienti e incapaci. Quindi capite che quando, per una questione di congiunzione astrale, dei ragazzi con un allenatore arrivano a costruire qualcosa di speciale e unico, i soldi, gli sponsor, i diritti TV, la politica del calcio e le malignità dei tifosi, non scalfiscono un solo millimetro di una corazzata del genere. Quel legame è vero, è umano ed è reale, e solo chi lo vive può capire di cosa si tratta. Chi lo vive o chi ha ancora una passione pura per questo sport e lo rispetta.