Nel pezzo precedente ho affermato che in futuro avrei trattato di un’eventuale riforma del calcio. In effetti, prima che se ne discuta ai vertici, mi pare corretto risolvere la vicenda relativa a questa stagione. Diventa altrimenti impossibile riuscire a parlare del futuro. Goethe affermava: “Non è abbastanza fare dei passi che un giorno ci condurranno alla meta, ogni passo deve essere lui stesso uno meta, nello stesso momento in cui ci porta avanti”. Non si può pensare al domani senza prima avere risolto i problemi dell’oggi. Chi ha letto i miei recenti scritti potrà sostenere che mi contraddico.
Non è così. Mi spiego.
Trattando della pandemia che ci coinvolge ho spesso affermato come urga guardare non soltanto al dilemma attuale, ma anche a ciò che potrà accadere. Sono ancora pienamente convinto di tale parere. Gli scienziati, infatti, hanno il compito di risolvere il problema sanitario. Altre categorie, però, vantano la corretta e assoluta necessità di salvaguardare il loro avvenire. Le situazioni, quindi, sono decisamente differenti. Il calcio è unica entità e cerca di approcciarsi alle vicende in ordine cronologico. La realtà è un sistema formato da più componenti che devono viaggiare in equilibrio altrimenti rischiano di distruggere l’intera struttura. Per mantenere un simile bilanciamento, alcune sue parti hanno il dovere di gettare lo sguardo oltre l’ostacolo.

Chiarito il punto, non mi dilungo in ulteriori preamboli e mi concentro subito sulla tematica principale di questo pezzo. Non ho alcun potere decisionale né all’interno del mondo del calcio e nemmeno in relazione a quello politico sportivo quindi posso tranquillamente viaggiare con la mente pensando al futuro non immediato del pallone e a una sua eventuale riforma. In un’intervista rilasciata recentemente a Repubblica e riportata da Calciomercato.com, Gravina ha rimarcato come potrebbero esserci novità già relative alla prossima stagione. Una cosa è certa: il calcio è sopravvissuto a guerre e catastrofi quindi supererà pure la pandemia. Le Leghe che non ritroveremo in estete, saranno sul proscenio il prossimo autunno. Ci si può chiedere, invece, quale sia l’intento della Figc ancora piuttosto nascosto in ottica di trasformazione del prodotto. Per quanto concerne la prossima stagione, i tempi sono relativamente stretti e non saprei proprio rispondervi. Se si guarda a un futuro anteriore, invece, qualcosa si potrebbe intuire anche se non mi permetterei mai di anticipare situazioni di cui non ho la benché minima certezza. Quelle che mi accingo a scrivere sono piuttosto idee personali relative al calcio di domani.

Soprattutto nei giorni scorsi, sui media si è trattato sovente l’argomento legato al futuro del “Meazza”. E’ un tema molto interessante e non deve essere sottovalutato. Per giornalisti, social o blogger, quando gli atleti scendono in campo, alcune questioni passano leggermente in secondo piano. Ora è diverso e urge approfittarne per portarle alla luce e discuterne. Il nuovo stadio è fondamentale per le milanesi e indirettamente per la città nel suo complesso. Si badi a quanto accaduto alla Juve dopo la nascita dell’attuale “Allianz Stadium”. I bianconeri hanno creato un impianto di proprietà e questo non è di certo un dettaglio. Non so quali siano le intenzioni di Milan e Inter in tal senso, ma mi par di capire che l’idea conduca alla realizzazione di un’unica arena per ambo le società. In ogni caso, la Sovrintendenza ha risposto alla domanda avanzata dal Sindaco Meneghino Sala concedendo la possibilità di “demolire” San Siro perché non avrebbe un rilievo storico. Le motivazioni potrebbero pure essere connesse alle varie modifiche subite dalla “Scala del Calcio” durante la sua esistenza. Queste avrebbero fatto perdere all’opera lo status iniziale. Filosoficamente, ciò rappresenta una situazione piuttosto triste. Il “Meazza” ha visto giocare le più grandi glorie del pallone mondiale ed è stato teatro di epiche battaglie. Dal punto di vista più concreto, però, architetti e ingegneri agiranno senza troppi vincoli. E’ chiaro che dispiacerebbe vedere distruggere le note torri come non è personalmente apprezzabile osservare tanti nuovi stadi molto simili l’uno con l’altro. Sembra che, in nome del confort, si sia perso quel pizzico di fantasia che li rendeva unici nella loro estetica, gradevole o meno che fosse. Non voglio dilungarmi. L’Italia ha necessità di nuove strutture calcistiche sulla base di quanto accaduto a Torino, Reggio Emilia, Udine o Frosinone. Ne hanno beneficiato anche le località. Si pensi alla notorietà o al turismo portato dagli eventi che sono stati lì organizzati. Questi rappresentano solo alcuni esempi, ma penso pure a centri sportivi come Novarello o la Continassa dotati di complessi all’avanguardia e foresterie. Stiamo apprezzando ora quanto queste possano risultare importanti. Gli stadi devono rappresentare luoghi dove non si vive soltanto l’evento sportivo, ma si possono svolgere pure altre attività come shopping, cene, assistere a un film o diversi generi di divertimento. In questo modo le famiglie intere sono incentivate a recarvisi evitando sgradite separazioni durante il finesettimana e facilitando l’avvicinamento al pallone. A proposito, la situazione attuale può essere pure la chance per eliminare alcuni comportamenti dal calcio. Questa disciplina senza i tifosi non è la stessa. Rappresentano l’essenza del gioco e ne sono consapevole. Non tutti, però. Alcuni potrebbero esserne la rovina. Si pensi a quanto successo prima e durante Inter-Napoli del 26 dicembre 2018 o nel pomeriggio antecedente la finale di Coppa Italia 2014. Certi individui, non catalogabili tra i supporter, devono restare distanti dagli impianti per sempre. Chissà che questo momento di forzata lontananza non possa contribuire anche a far scemare becere tendenze. Finalmente, poi, non avremo più stadi con le piste d’atletica intorno. Il concetto di polivalenza pare ormai fortunatamente superato da quello di confort e, ripeto, il fruitore è sacro. Tali innovazioni sono necessarie per riportare in Italia un Europeo o un Mondiale per Nazionali maggiori che mancano dal 1990. E’ trascorso troppo tempo.

Passerei a trattare del discorso relativo al mondo dei media. La distribuzione del prodotto è fondamentale e lo sarà soprattutto nel futuro prossimo in cui non ci si potrà recare allo stadio. Il racconto dell’emozione contribuisce esso stesso a formarla. Jim Morrison diceva che “chiunque controlla i media, controlla le menti”. Non voglio entrare in questo sentiero lastricato di insidie, ma è chiaro che la comunicazione è determinante. Il modo di raccontare un fatto può indirizzare l’accadimento medesimo nella mente di chi lo osserva. Si pensi ai vari titoli dei siti web o dei giornali relativi a un’intervista. Se ci si sofferma solo su quelli, si potrebbe avere una visione pure diametralmente opposta delle stesse parole pronunciate dalla medesima persona. Anche il taglio che si fornisce all’articolo è determinante. Ho assunto le ipotesi di maggiore oggettività possibile. Si immaginino persino situazioni più arbitrarie e si capirà ancor meglio quanto la descrizione dell’evento possa fare la differenza… Questo vale anche per il pallone. Chi ha il grande privilegio di raccontarlo lo deve sfruttare nel miglior dei modi. Di certo gli abbonamenti alle pay tv non sono propriamente economici, ma il servizio fornito mi sembra di buon livello con ampia copertura data pure dal web e dalla carta stampata. Il calcio, in Italia, vanta 32 milioni di appassionati e circa 300mila lavoratori. E’ una delle imprese più importanti del Paese e il trattamento riservatogli dai media lo dimostra. Penso, però, si potrebbe migliorare la fruizione sia a livello di costi che di potenziamento di determinate strutture, soprattutto legate alla rete internet. L’ultimo periodo dove lo smart working ha regnato sovrano potrebbe spingere in questa direzione agevolando pure il mondo del pallone. Qualche giorno fa si è discusso della possibilità che il fondo CVC, già impegnato nella Formula Uno e nel Sei Nazioni di Rugby, acquisti i diritti di ritrasmissione della serie A per la stagione 2021-2022 e quelle successive. A quanto si è letto, questo li rivenderebbe ai broadcaster. Prima dell’attuale divisione tra Sky e Dazn, si era parlato parecchio della possibilità di creare un canale della Lega. In tal caso, sarebbe potuta intervenire Mediapro. Vedremo cosa accadrà. Come detto, certe innovazioni devono essere viste nella prospettiva di facilitare la situazione ai fruitori. In tale ottica urge considerare che molti anziani sono appassionati di questo sport e non tutti risultano abili “smacchinatori” della tecnologia.

Un discorso importante si dovrebbe effettuare anche riguardo al potenziamento dei settori giovanili, degli ingaggi faraonici di alcuni giocatori e del valore che si concede agli atleti italiani. In effetti, per sviscerare questa tematica servirebbero intere pagine. Provo, per questioni di spazio, a riassumere al massimo. Tornerò sull’argomento in futuro. In linea di principio, credo sia utile valorizzare sia i ragazzi che si approcciano a questo mondo, sia quelli già pronti per entrare nei club piuttosto che il campione formato. E’ chiaro, però, che in una simile ottica si necessita di un tempo di cui molti top team non dispongono. Relativamente ai “lauti” stipendi, ho sempre affermato che non riesco a elaborare disamine fondate sulla morale perché è soggettiva. Semplicemente credo che valga “la legge del mercato”. Se una società ha le disponibilità economiche per effettuare determinate scelte, probabilmente è nelle potenzialità di farlo. Deve restare comunque nel perimetro di bilanci sani che non determinino il rischio di un default del sistema ed è chiaro che, se confrontati alle normali “busta paga”, alcuni guadagni dei giocatori appaiono davvero esagerati e sproporzionati. Sarebbe interessante pure snellire le procedure decisionali degli organi di comando, ma tornerò pure su tale argomento che si è dimostrato importante soprattutto in un periodo come questo.

Tratterei, poi, dei format. Penso che debbano essere rivisti, ma non mi riferisco soltanto all’Italia. E’ chiaro che il modello dei tornei interni deve essere bilanciato con quelli internazionali. Non mi piacerebbe una SuperLega Europea bloccata con white card che donano l’accesso sempre ai medesimi club. Sono un fervente sostenitore del merito sportivo. Deve partecipare ai tornei internazionali chi dimostra particolari capacità all’interno del proprio campionato. Ritengo che si potrebbero originare kermesse con un minor numero di gironi e una maggiore quantità di compagini all’interno dei medesimi. Procederei sempre con sfide di andata e ritorno. Da questi raggruppamenti emergerebbero 4 team per le semifinali, disputate al meglio dei 2 match, e la finale in gara secca. Ciò renderebbe riguardo ai reali valori in campo. Non voglio sostenere che oggi non sia così ma, con sfide dirette già dagli ottavi o dai sedicesimi, il rischio è che una svista arbitrale e la dea bendata giochino un ruolo predominante. Sarebbe utile ridurre l’importanza di tali fattori esterni per aumentare quella relativa ai meriti effettivi di un gruppo che si valutano su più giornate. Un campionato rende sicuramente maggior onore alla realtà rispetto a una competizione con un diverso format. Nella proposta avanzata si garantirebbero comunque adrenalinici scontri senza un domani che tanto piacciono a parecchi tifosi. E’ chiaro che una simile struttura potrebbe ampliare la stagione internazionale riducendo di conseguenza il tempo a disposizione delle varie federazioni per i propri tornei. Non è per forza un male. Capisco che alcune realtà difficilmente riuscirebbero a militare nelle massime categorie. Detto questo, bando alla retorica. Alzi la mano chi pensa che sia uno spettacolo accattivante assistere a determinati testacoda magari in casa della squadra più quotata. L’esito del match è praticamente scontato e a volte per il supporter diventa solo una routine quasi obbligata. Pongo pure l’esempio delle ultime giornate di serie A che sovente vedono sfide tra compagini con obiettivi già raggiunti. Scende l’appeal del prodotto e quindi il suo valore. Con meno iscritti, invece, ogni società dovrebbe costantemente lottare per un obiettivo perché ogni posizione di graduatoria porterebbe a conseguenze. Si eliminerebbe quel fastidioso limbo di centro classifica. Tenderei, invece, a escludere l’ipotesi spareggi in serie A anche se Repubblica sottolinea come potrebbe essere una maniera di accorciare la prossima stagione in vista di un inizio ai primi di ottobre e una conclusione entro le tempistiche dell'Europeo. Non è detto che la possibile, ma difficile occasione di vederli durante quest’annata non sia uno stimolo per modificare il mio parere. A proposito: nel pezzo che ho scritto venerdì scorso, ho sottolineato come la loro introduzione a stagione in corso rappresenti una modifica alle regole inizialmente previste. Questo è oggettivo. Lo stesso, però, vale per il “Piano C” della Federazione cioè il congelamento della graduatoria. A quel punto, playoff e playout divengono un’ipotesi preferibile perché quantomeno il risultato finale giunge da una decisione presa preventivamente alla competizione e non a posteriori.

Allo stato dell’arte, il calcio ha altri pensieri. Presto, però, tornerà alla solita routine con la speranza che il periodo attuale possa quantomeno essere stato utile a testare determinate situazioni e a valutare riforme che incombevano già prima della terribile emergenza nella quale siamo piombati.