Che valore ha per noi tifosi questo sport?

Effettivamente è una domanda difficile alla quale rispondere, non tutti hanno un'idea precisa in testa di ciò che davvero rappresenti per se stesso. Pensateci, qual è lo scopo di tutto? Buttare la palla dentro la porta più volte dei tuoi avversari? Guadagnare marcate di soldi? Intrattenere il pubblico? Tutte domande ovvie nella loro natura, aventi una risposta nell'immediato in quanto ognuna di queste domande corrisponde ad una risposta corretta se vi togliamo il punto di domanda alla fine. Eppure tutto ciò non basta, sono troppe le domeniche, o i sabati, o i martedì e i mercoledì che abbiamo passato davanti alla tv facendo sbuffare le nostre madri, le nostre sorelle, o le nostre fidanzate. Per loro, per motivi che non dipendono direttamente da noi, ma dai nostri avi, quei 90 minuti sono insensati, sono fatti soltanto da ventidue uomini che corrono dietro ad una palla e che si possono permettere tutto ciò che più desiderano. Esiste anche il calcio femminile, o donne che amano il calcio, perché il calcio fa anche questo, non discrimina nessuno, unisce. Per troppo tempo le donne hanno subito le angherie degli uomini che ci hanno preceduto, sono state colmate d'odio verso di noi perché fatte sentire inferiori e il calcio era insegnato come uno sport puramente maschile, perché forse nessuna donna, ai tempi, si sarebbe mai immaginata che un giorno, i successori di quei misogini sarebbero stati diversi da loro e avrebbero accolto le donne come loro pari. Le persone parlano, loro siedono al bar e parlano, fumando una sigaretta e bevendo un caffè, si sentono parte di una famiglia allargata pronta ad adottare chiunque la voglia seguire, discutono apertamente con i loro amici del perché o del per come la loro squadra del cuore ha vinto o ha perso, o ha pareggiato. Si scambiano informazioni e pareri sulle prossime mosse di calciomercato, sperando di rubare i calciatori che più amano alle squadre rivali, poi si organizzano per andare allo stadio assieme magari, e da lì ecco che nascono nuove amicizie. Amicizie che, potrà sembrare strano, ma non hanno nulla a che vedere con quelle di tutti i giorni. Chi di voi fa, o quando era giovane faceva, parte di un gruppo ove non vi erano pettegolezzi e invidie sbocciate in aspri conflitti, che hanno poi portato alla rottura della medesima amicizia? Penso che un po' tutti possiamo dire di sapere cosa intendo. Beh, questi rapporti di cui vi parlo sono composti da una pasta diversa, sono composti dalla condivisione di una grande passione per un grande sport e per la stessa squadra, o meglio ancora, per la stessa nazione. In quelle amicizie nessuno, e dico nessuno, ha motivo di essere invidioso o di dubitare di un altro, si è li solo perché si vuol condividere un amore reciproco, per cui si gioisce, si spera e ci si dispera. 

La Nazionale

Ma quanto è bello scendere in piazza assieme agli amici di sempre, alla famiglia, ai concittadini o compaesani che nemmeno conoscete ma che tanto siete felici di vedere perché, come voi, sono li per dare sfogo alla propria felicità e alla propria speranza nel vedere la propria Nazione sollevare quella coppa al cielo? Non ci sono parole. Dobbiamo dirlo, oramai il 2006 è passato già da un pezzo, ma noi italiani siamo forse rimasti li quando si parla di calcio. Siamo rimasti a quel gol di Materazzi dopo il rigore segnato da Zidane a soli 7 minuti dal fischio d'inizio, siamo rimasti a quei supplementari che non volevano darcela vinta, che non volevano quella fantastica partita finisse. Siamo rimasti a quel momento, in cui Trezeguet sbagliò rigore ma Fabio Grosso no. Fabio Grosso non sbagliò quel rigore, se chiudiamo gli occhi tutti, anche noi che a quel tempo eravamo bambini possiamo rivedere Pirlo e Cannavaro vicini che si sostengono l'un l'altro, i nostri amici o parenti in silenzio per la prima volta nella loro vita, perché sì, in quel momento tutta l'Italia era in silenzio, mentre Grosso si appresta a battere quel calcio di rigore. L'Italia è campione del mondo. Quanto è bello sentire le storie dei nostri nonni, loro che ci possono raccontare i tre mondiali precedenti, o almeno non tutti. 

La nostra squadra

Tutti quelli che seguono il calcio tifano, o simpatizzano una squadra. In Serie A militano venti club, ma non vi sono solo questi venti, perché vi è anche la Serie B, la Serie C ecc ecc. Voi quale squadra tifate? È molto buffo, io sono siciliano ma non seguo affatto il Palermo o il Catania ad esempio. Chi non segue il calcio, o almeno la maggior parte, sono convinti del fatto che bisogni tifare per la squadra rappresentante la propria regione o città, ma voi tutti sapete che non è proprio così. Quanto sono belli i derby? Sono forse quell'esempio perfetto per far capire loro che si tifa per una di loro perché se ne stima la storia, o la carriera, o la politica interna o possiamo aggiungere, ci è stato trasmesso così. Quando si sfidano Milan e Inter, o Juventus e Torino, o Sampdoria e Genoa, lì capite tutto. Non tutte le squadre vincono o hanno vinto parecchio, anzi, sono sempre state tre le squadre che hanno preso la fetta più grossa del'Italia, Milan-Inter-Juventus. Questo non è un motivo per non tifare una squadra però, perché c'è chi la segue anche quando tocca il fondo retrocedendo, sperando che un giorno possa tornare a competere con le più grandi, e perché no, anche di vincere. Pensate che c'è addirittura chi sostiene una squadra in Italia e una in Europa per le competizioni internazionali come la Champions League. Ecco, la Champions è il sogno di tutti coloro che sognano in grande e ne hanno la possibilità. Parteciparvi è difficile, serve una squadra ben equipaggiata, un preparatore competente e degli atleti che vogliono mettercela tutta. Il calcio insegna che non conta essere una squadra forte, ma essere una squadra che vuol essere forte, e vi faccio un esempio. Nel 2016 Ranieri era stato ingaggiato dal Leicester, club che milita nella Premier League, così da poterne risollevare la posizione. La stagione precedente era stata un devasto per loro, i giocatori non avevano più nulla in cui credere e le loro quote nei centri scommesse erano altissime, eppure il Ct italiano non solo li risollevò ma li riportò sul tetto d'Inghilterra dopo tanto tempo e una stagione da dimenticare. Non conta quanto talento abbiano i giocatori, conta quanto ne vogliono avere. E questi insegnamenti dovremmo farli nostri e usarli anche nella vita di tutti i giorni. Ma ci sono anche ricordi che si vorrebbero cancellare, come la strage di Superga. Quel Grande Torino che, come unico sbaglio, aveva organizzato una partita di beneficenza contro il Benfica a Lisbona, e purtroppo non ne fece più ritorno, se non senza vita. Ah, spesso si confondono tifosi e ultras; la differenza, per chi non lo sapesse, è abissale. I primi seguono la propria maglia con amore e con cura del territorio, dell'immagine, e degli avversari. I secondi, non tutti ovviamente, ma spesso sono convinti che incitare il gruppo all'odio e alla violenza sia il modo più giusto per far rispettare il proprio club, per dargli la giusta spinta per la partita, dimenticandosi da cosa è composto il vero tessuto dello sport.

Perché quella squadra?

È una domanda che probabilmente non vi fa mai nessuno, ma voi ogni tanto ve lo chiedete. Beh, lasciate che vi dica perché io sono un tifoso dell'Inter. Fino all'età di quindici anni all'incirca non avevo nemmeno passione per questo sport, non lo seguivo affatto. Vedevo i miei amici parlarne, ma io ero puramente concentrato sul pugilato. Vedevo i calciatori e il calcio puramente come traffico di soldi sprecati, non che ora effettivamente non lo pensi più da una parte, ma prima non avevo altro davanti agli occhi. Un giorno, dopo il mio primo capodanno fuori con i miei amici, regalai i biglietti per Inter-Roma a mio padre, lui è un tifoso sfegatato da sempre dei nerazzurri. Mi parlava spesso di loro, guardavamo il telegiornale sportivo, le classifiche, mi raccontava delle storie dei giocatori e del club come fossero degli eroi. Era bello sentirlo parlare di Ronaldo il fenomeno, di quando Marco Tronchetti Provera lo portò a Milano nel pieno della sua carriera. Mi raccontava del triplete del 2010, della personalità e dell'onestà di Zanetti, di Julio Cesar, della potenza di Adriano l'Imperatore. Quando andammo a vedere quella partita in pieno gennaio fu qualcosa di assurdo. Per la prima volta nella mia vita misi piede al San Siro, con mio padre. Credetemi, quel giorno rappresenta uno dei più belli della mia vita. Mio padre era felice come un bambino, mi comprò una sciarpa, prendemmo un bel panino con la salamella, come da tradizione per chi va allo stadio naturalmente. Quella partita finì 1-1 con gol di Vecino ed El Shaarawy. Dentro di me però era scattato qualcosa, mi ero come innamorato. Da quel giorno iniziai a seguire questo mondo come pochi fanno, il calciomercato mi intrigava ogni giorno di più, la curiosità e l'amore si stavano incontrando. Per me quel giorno rappresenta la stretta di un legame ancora più forte con mio padre, quell'uomo che tutto mi ha dato, sempre, e quella maglia nerazzurra non ha più solo un valore sportivo ed economico, ma per me ha un valore affettivo, e questo è ciò che mi spinge ad amarla.