Speravo de morì prima” è il titolo della nuova serie Sky su Francesco Totti ed è pure quello che ultimamente penso in maniera sempre più continua. Sia chiaro. E’ soltanto un modo di dire. Non voglio essere irrispettoso nei confronti di chi veramente subisce il peso della fine. Questa orribile emergenza mi ha presentato un conto che non mi sarei mai atteso. Non mi riferisco al covid in sé. Per carità, un evento simile è incontrollabile. Non penserei mai il contrario. Il 21 febbraio 2020, la realtà ci ha stampato in faccia una disgrazia che ancora non riusciamo a reggere. E’ il nostro problema. Non siamo in grado di accettare qualcosa di superiore alle nostre capacità. Mi scuserete ma, in un certo senso, è una forma di superbia. Servirebbe più umiltà che non significa rassegnazione. I concetti sono totalmente diversi. Basta ammettere che abbiamo dei limiti e che la scienza, intesa come chimica medica, non può superarli. Credo che ognuno di noi accetterebbe meglio la situazione e pure le misure sarebbero meno deleterie nei confronti delle altre necessità. Il delirio di onnipotenza, che troppo sovente è associato a questi uomini trattati quasi alla stregua di un dio e ascoltati senza alcun contraddittorio, è ciò che più mi ha deluso. E’ quello che maggiormente, credo, rechi danno. In sostanza, dove non è arrivato il terribile ospite, temo che siamo giunti noi infliggendoci, a tratti, un comportamento autolesionista. Ormai, lo devo constatare e dire a chiare lettere. Domando venia per la franchezza.

IL CALCIO ITALIANO E GLI ASPETTI TECNICI

Il guardiolismo imperante - Non è però solo questo il punto. La pandemia non ha fatto altro che far emergere definitivamente delle debolezze assopite nell’inconscio della società. Non le volevamo vedere? Non le conoscevamo realmente? Chi lo sa… Questa volta non mi riferisco al mondo intero, ma semplicemente all’amata Italia. Vi chiedete perché nessuna delle 4 squadre tricolore che si è qualificata ai gironi di Champions, sia riuscita a raggiungere la top 8? Vi interrogherete sui motivi per cui solo la Roma, delle 3 iniziali partecipanti, è acceduta ai quarti di Europa League? Si sono formulate parecchie ipotesi. C’è chi colpevolizza l’uscita dal basso che è il prodotto di un’ostinazione tattica verso un tipo di mentalità calcistica. In sostanza, il sarrismo e il guardiolismo avrebbero contagiato il pallone nostrano rendendoci ormai “schiavi” volontari di qualcosa che non ci appartiene. Dobbiamo essere assolutamente sinceri con noi stessi. Non abbiamo quell’approccio. Siamo figli del Trap. A proposito: auguri! So che recentemente ha compiuto 82 anni. Il mister di Chiusano Milanino faceva della difesa e del contropiede le sue frecce migliori. Il famoso “catenaccio”. Oggi sembra che a seguire quelle orme ci si dovrebbe vergognare. Lo hanno fatto Conte e Allegri. Sono coloro che, nell’ultima decade, hanno raggiunto, in Europa, i migliori risultati con le compagini del Bel Paese. Max ha disputato 2 finali di Champions con la Juve e Antonio ha conquistato l’ultimo atto di EL. Forse non è tutto frutto del caso, no? Non dico che non si debba guardare al futuro. Ci mancherebbe. Ma nemmeno rinnegare il passato. C’è un dato che proprio non riesco a digerire. Nel 2017, i piemontesi guidati dal tecnico toscano disputarono gli ottavi della massima competizione per club contro il Porto. Sapete quante reti misero a segno? Tre. E in quest’ultima occasione con Pirlo? Quattro. Dove sta la differenza? Perchè 4 anni fa passarono il turno e oggi sono out? All’epoca non ebbero nemmeno un centro al passivo. Stavolta, invece, ben 3. Mannaggia, mannaggia! Eh vabbè. Abbiamo ecceduto, signori. Abbiamo esagerato e ci siamo snaturati. La conoscete la storia della rana e dello scorpione? Quest’ultimo animale voleva guadare il fiume, ma non sapeva nuotare. Vide l’anfibio e gli chiese un passaggio. L’animale natatorio glielo negò giustificando che l’altro l’avrebbe punto. La bestia velenosa, però, lo convinse con un ragionamento assolutamente ferreo: “Se ti uccido, moriamo entrambi”. Non faceva una piega e, ammessa la mancanza di volontà autolesionista dell’ospite, la rana lo caricò sulle spalle. A metà del tragitto sentì un dolore forte provenire dalla schiena e comprese il folle gesto. Chiese, quindi, il motivo. Lo scorpione rispose: “Non potevo evitarlo. E’ la mia natura”. Non sostengo certamente che si debba giungere a tal punto, ma nemmeno la tesi contraria. Ancora una volta serve equilibrio. Ci siamo esposti troppo. E poi? Non può essere questo semplice motivo ad averci ridotto in tale stato. Sono assolutamente convinto della bontà della tesi, ma non voglio entrare troppo in meriti tattici di cui non dispongo adeguate conoscenze. Ho visto la mia Juve patire un’eliminazione anche perché Bentancur ha avuto la geniale idea di servire, da dentro la propria area e spalle alla porta, il suo estremo difensore. La bravata ci è costata una gran fetta di qualificazione. Ho ammirato le stesse gesta riproposte da Musacchio contro il Bayern Monaco e, da ultimo, ho dovuto constatare che ci ha provato pure l’atalantino Sportiello. E’ andata male.

All’estero vanno il doppio - Forse, tuttavia, se non si giocasse a ritmi così bassi, riusciremmo pure ad approcciarci meglio alla modernità calcistica. Signori, andiamo ai 2 all’ora. Siamo quasi ridicoli perché ci mangiano in testa. Se confrontata alla nostra, l’intensità mostrata dalle compagini estere è incredibile. Siamo lenti. E’ inutile negarlo. Anche in questo caso, però, non voglio entrare troppo nei meandri in quanto non sono un esperto della materia, ma ho udito le interessanti analisi di chi è stato protagonista del mondo del pallone. La serie A è molto tattica. Come sempre accade, tale situazione ha parecchi risvolti. Alcuni sono positivi. Essere attenti all’aspetto più strategico del gioco, infatti, può risultare parecchio utile. Per esempio, i migliori difensori crescono da noi. Abbiamo degli attaccanti che non corrono su tutti i palloni spremendosi sino all’osso, ma sono in grado di portare i medesimi frutti andando al risparmio energetico. Come? Utilizzando la cabeza. Non dico che oltre confine non sia così, ma noi siamo più bravi. Non è un caso, forse, se gli allenatori tricolore rappresentano delle eccellenze. Penso ad Ancelotti, a Capello, a Lippi, ma pure a Conte e Allegri. Personalità cercate fuori dall’Italia. Il contraltare, però, è tremendo. Basti osservare gli anticipi subiti, gli intercetti e la fisicità altrui per comprendere dove sta il problema. Al primo minuto o al 90’ esimo sono freschi come delle rose a maggio. Il Real Madrid ammirato contro la Dea era davvero impressionante. La sovrastavano con i loro corpi bionici, la demolivano in fase aerobica e la disintegravano nella velocità. Questo è un dilemma anche perchè i bergamaschi sono la compagine nostrana che viaggia su frequenze più elevate.

SE ATENE PIANGE, SPARTA NON RIDE
Ma non si vive di solo calcio. Anzi, il pallone non è che una componente di un sistema più grande. Quale? Prima di tutto, quello sportivo. Dando un’occhiata al tricolore delle altre discipline, non si sorride per niente. I mondiali di sci a Cortina d’Ampezzo hanno portato un solo oro. Il riferimento è quello della cuneese Marta Bassino. Nel 2026 ospiteremo le Olimpiadi invernali e il buon risultato ottenuto a Torino 15 anni fa sembra lontano anni luce. La speranza è di riprendersi. Se si guarda al ciclismo, Nibali e Ganna sono stati gli unici atleti veramente capaci di regalarci soddisfazioni importanti. La consacrazione dello Squalo al Tour de France del 2014 è risultata fortunosa, ma tanto goduta e meritata. Servirebbero, però, gli eredi che, a parte il citato cronoman, stentano a decollare. Atletica? Nì… Nuoto? Beh… esiste l’eterna e divina Federica Pellegrini. Il carpigiano Gregorio Paltrineri certamente non è male e anche giovani stelle paiono crescere. Penso a Simona Quadarella. Cerco gloria nel tennis. Sono più fortunato? Non direi. E’ vero che non siamo mai stati dei mostri. E’ altrettanto realistico che, forse, stiamo vivendo uno dei momenti migliori della nostra storia, ma non ci si può certo esaltare. Se paragonati ai top, infatti, ancora non c’è gara. Il riferimento è a Djokovic o Nadal. Il trono può essere attaccato, ma i vari Medvedev, Thiem, Tsitsipas, Zverev stanno davanti. Partono con un margine da recuperare. E come si fa? Scorrendo la classifica ATP, il primo della lista è il romano Matteo Berretini. E’ il numero 10 del ranking. Molte speranza, poi, sono riposte nell’altoatesino Sinner e nel carrarese Musetti. Ma bisogna crescere. Fognini? Ha dato tanto, ma è di un’altra generazione. Nel femminile, dopo le rare glorie portate da Schiavone, Pennetta e Vinci pare esserci un vuoto preoccupante. Passiamo al basket e, finalmente, l’Olimpia Milano sta raccogliendo i frutti di un lavoro che dura ormai da tanti anni. La sua Eurolega sembra molto buona. Ma è ancora poca cosa. Ricordo con un velo di malinconia il trionfo della Virtus Bologna. Ero solo un bambino, ma me l’ero goduta. Rimembro pure il grande successo italico all’Europeo vinto nel 1999. Avevo la maglia di Carlton Mayer, autentico eroe di quella cavalcata trionfale. Ero in vacanza in Austria e la portavo fiero. Oggi, non sappiamo neanche se riusciremo a qualificarci per l’Olimpiade di Tokyo. Mi traslo sui motori. Oddio!! Meglio di no! Dove sei Valentino? Le grandi vittorie del Dottore mancano come il pane. I duelli con Biaggi e Capirossi sono stati un autentico monopolio che tanto ci ha fatto godere. Oggi è il turno degli spagnoli. Prima Lorenzo, poi Marquez… Chissà come rosicherà Gibernau che, nei suoi anni migliori, ha dovuto sempre inchinarsi al centauro di Tavuglia. Bagnaia, Morbidelli, Dovizioso, la Ducati, l’Aprilia e spero di non dimenticare nessuno. Magari ci regalano un sogno. Al momento la vedo difficile. A proposito, domenica 28 marzo si inizia dal Qatar. Semaforo verde anche in Formula Uno, ma mi pare di avere letto distrattamente, chiedo venia, di un Leclerc che ha donato davvero poche chance di titolo alla Rossa. “Stessa spiaggia, stesso mare”. Come negli ultimi anni, i sogni Mondiali dovranno attendere? L’auspicio è che almeno non si viva il calvario della scorsa stagione. Auguri alla coppia formata dal Predestinato e Sainz Junior. Il rugby mi risulta non sia messo propriamente bene. Per trovare un po’ di respiro occorre guardare alla vela. Grazie Luna Rossa! Nonostante la sconfitta in Coppa America con la Nuova Zelanda hai trionfato in Prada Cup e ti sei giocata fino all’ultimo il trofeo più antico della storia della tua disciplina. In tutto il mondo solo 2 avversarie possono competere per il traguardo. I numeri parlano chiaro. Non si può pretendere la luna. Scusate il gioco di parole. Devo dire che pure pallanuoto e pallavolo regalano qualche soddisfazione. Ma, sinceramente, per un Paese come il nostro è un po’ pochino. Ci si aspetterebbe tanto, troppo di più.

LO SPORT E’ LA FOTOGRAFIA DEL PAESE
Lo sport, però, è a sua volta una componente di un sistema più grande. Sembra la “Fiera dell’Est”. Lo so. Non è così. E’ solo un semplice esercizio di sottoinsiemi. Calcio-tutte le discipline-società. Sì perché questi mondi, anche se d’élite, non vivono in bolle. Sono inseriti nella realtà e ne patiscono le regole così come ne subiscono l’andamento. Sarò ancora freddo e duro, ma la vedo così. Scusate. Non abbiamo eccellenze in alcun campo. Sì, siamo bravi. Ma spesso decantiamo traguardi che non abbiamo raggiunto. E’ da un anno che si sottolinea il valore della scienza medica tricolore. In realtà, molti ricercatori per lavorare devono fare saccoccia e trasferirsi oltre confine. Se si guarda ai vaccini, si hanno quelli americani, quello inglese, il russo... L’Italia, per ora, no. Eppure, dato che millantiamo tutto questo fior fiore di struttura, forse, avremmo potuto fare meglio, no? E’ vero, mi direte: “Manca il sostegno economico”. Pure questo stato non è solo responsabilità della malasorte. E’ tutta colpa di scelte politiche sbagliate? Mi fermo. Non entro in un ginepraio troppo complicato. Non credo, però, che esista un esclusivo responsabile. Servono idee nuove. Si necessita di sviluppo. Ma non basta. Questi fattori, che dovrebbero essere portati dalla gioventù, sono da amalgamare con la saggezza degli anziani. Loro inseriscono la tradizione. Il combinato disposto sarebbe un risultato magnifico. Penso si tratti di una questione di mentalità. Noi ci perdiamo in romanzate analisi che spesso conducono a una forzata emotività, ma non a risultati concreti. Ci crogioliamo nell’autoconvincimento della tragedia o nella gloria dell’apoteosi. Ah non c’è dubbio. In questo campo, non ci batte nessuno. Oddio, non prendetemi per una persona arida. Tutt’altro. Cerco solo di essere realista. Siamo bravi a fare immensi voli pindarici che non hanno una coda. Perchè? Manca l’equilibrio. Il punto è sempre quello. Abbiamo costruito il nuovo Ponte Morandi in un tempo record. Siamo stati magnifici anche grazie all’abilità del grande Renzo Piano, ma abbiamo migliaia di strutture pericolanti sparse lungo il Paese. Eppure ci ricordiamo solo dell’infrastruttura ligure. Nel momento della tragedia, improvvisamente, ci svegliamo. Piangiamo lacrime a non finire e pensiamo che sia tutto da radere al suolo. Mamma mia, che nervoso! Non è così. Serve mantenere una linea media. I drammi, purtroppo, sono parte dell’esistenza umana. Alcuni non dovrebbero esistere perché non è possibile perdere la vita a causa di un crollo, ma può accadere dappertutto. Lo stesso vale per l’opera riuscita perfettamente. Non siamo più abili o maggiormente scarsi. Non è così. Riduciamo sempre tutto a una competizione. Come se dovessimo vincere un Oscar. La vita, però, non è un’eterna gara.

CALCIO MALATO, BISOGNA INTERVENIRE

Nazionale, Europei, club, serie Asl - Tornando esclusivamente al tema calcistico. Nel 2006 abbiamo vinto il Mondiale. Quella squadra è innegabilmente stata favorita da un substrato psicosociale che l’ha aiutata. Un avvenimento come Calciopoli, unito ad altre necessità di alcuni atleti, hanno creato il contesto perfetto. Ciò, tuttavia, non deve levare nulla al lavoro svolto dagli azzurri durante quegli anni, al c.t. Lippi e ai calciatori. Tale Nazionale non è nata e cresciuta in un mese. E’ frutto di un’abnorme e lunga opera che ha raccolto i suoi meriti nella magica estate tedesca. La speranza è che lo stesso possa accadere pure a Mancini. L’Europeo è la prima grande chance. Se gli azzurri non riuscissero a ottenere il risultato auspicato, potranno contare sulla Coppa Rimet del 2022. Credo, però, che non sfigureranno nemmeno durante i prossimi mesi di giugno e luglio. Direi che la rappresentativa, al momento, non pare il nostro principale problema. Mi concentrerei, invece, sui club. Il dilemma è lì e quelli sono il vero motore del calcio. Quanto sta accadendo con le Asl è semplicemente deprimente. Attenzione! La salute prima di tutto. Ci mancherebbe. Non voglio nemmeno giudicare l’operato relativo a fatti di cui non ho competenza. Tutto, però, ha un limite. Non esiste solo l’aspetto sanitario. Nel concetto che ho considerato principale, infatti, non rientra esclusivamente la problematica relativa alla malattia. Senza giri di parole: il campionato dovrebbe finire, ma il rischio che ciò non accada è stato costantemente alto e questo non è concesso. Si parlerebbe di un bagno di sangue coinvolgente troppi lavoratori che, come ho sovente specificato, non sono soltanto ricchi sportivi. Il pericolo è quello di divenire l’unico torneo top e di livello professionistico a essere bloccato. Ancor peggio, tra le élite, potrebbe risultare una delle poche discipline ferme. In sostanza, una figura che definisco barbina per non essere volgare. La soluzione non è fregarsene e mandare i protagonisti a giocare in situazioni potenzialmente pericolose. Occorre modificare il protocollo? Come? Beh… Innanzitutto facendo in modo che chi non si presenta sia sconfitto a tavolino. Spiace, ma dev’essere così. La sentenza del Coni è stata una potenziale mannaia su un sistema e ciò è inaccettabile. La compagine quarantenata schiererà la Primavera o l’Under 23. Una clausola simile è d’obbligo e, a quel punto, si supererebbe anche l’impossibilità oggettiva perché una rappresentativa della società è libera di partecipare all’evento. Ciò è persino utile a rendere più equa la competizione. Perchè? Semplice. Non si deve consentire l’esistenza di situazioni per cui vi siano squadre costrette a molteplici assenze e altre, invece, approfittanti dello stop ordinato dalle Autorità Pubbliche. Non ne faccio solo una questione di covid. Il Milan ha giocato a Firenze con più assenze rispetto a quelle con cui l’Inter avrebbe affrontato il Sassuolo. Chiaro il concetto? E’ assurdo. Ancora: è una questione di mentalità. Durante il mese di gennaio, la Premier League ha patito la variante inglese e si è pensato pure a uno stop momentaneo. E’ stata rinviata qualche partita, davvero poche, e ci si è rimessi in riga. Ora si viaggia piuttosto bene. Certamente lockdown e vaccini hanno aiutato perché hanno abbassato la curva dei contagi. Questo ha influito positivamente pure sul pallone. Ma come sostenevo in precedenza, il calcio è solo parte di un sistema più grande che evidentemente altrove funziona meglio. Privo di parecchi giocatori importanti e a rischio stop da parte delle Istituzioni, il Bayern Monaco è venuto a Roma e ne ha piantate 4 alla Lazio. Lampante. Non si sono pianti addosso. Sono giunti all’Olimpico con un numero praticamente inesistente di riserve e Musiala, classe 2003, titolare. Sapete la novità? Questo ragazzo è stato mattatore della sfida. Ci hanno insegnato come si reagisce alle avversità senza ingigantirle.

Problemi extra covid - Anche in questo caso: serve programmazione. E’ necessario avere il coraggio di osare. Premiare, per esempio, i giovani e affidarsi a loro senza emulare pedissequamente un calcio che non è nostro risultandone così una brutta copia. E’ necessario che le Autorità e le società trovino accordi migliori per gli stadi. La Juve è diventata la dominatrice del pallone italico da quando esiste il suo impianto di proprietà. Pure il Sassuolo ha beneficiato dei frutti dati dal Mapei Stadium e, notando la curva di rendimento dell’Udinese, anche i friulani cominciano a ricalcare le impronte dei citati colleghi. Sono soltanto idee…

Come uscire dal dilemma- Usciremo dal guado, ma la prima cosa da fare è rendersi conto del problema. Urge accertarlo e non illudersi di magie durante ogni autunno per ricadere in una desolante realtà primaverile. Serve il tempo che dovrà essere concesso da tifosi stanchi e ormai giustamente impazienti. E’ necessario, soprattutto, cambiare mentalità. Bisogna risultare meno atti agli eccessi. Non esaltarsi troppo quando la situazione migliora e non infilarsi in un turbinio rimuginante nel momento in cui giungono le difficoltà. In ultima analisi, l’Italia ha l’assoluta necessità di essere meno campanilistica. A volte pare che ognuno guardi al proprio orticello non curandosi dei problemi altrui. Il dilemma è che si è parte di un unico sistema e questo atteggiamento risulta deleterio. Si pensi al duello tra chi vuole attendere i fondi e chi intende accettare immediatamente le offerte relative ai diritti tv per la prossima serie A. Ne sta uscendo un’ennesima diatriba. Si auspicava che la paura provocata dall’emergenza covid avesse modificato tale modo di agire, ma non sembra essere così. Solo cambiando atteggiamento si potranno aumentare i fatturati e tornare sulla cresta dell’onda, come agli inizi degli anni 2000.

Intanto, mi godo questo finale di Champions con compagini di livello astronomico. Il mio cuore tifa per Zidane, ma non posso che stringere un occhio anche al super Bayern. Loro hanno la mentalità vincente. Amo la filosofia, ma servono anche i fatti. Fatti che mi auguro possa portare a compimento la Roma in Europa League. Sfiderà l’Ajax e, se passerà, la vincente del duello tra Manchester United e Siviglia. E’ stata sfortunata? No, non voglio ricadere nell’errore. Non bisogna piangersi addosso. Non intendo più patire la condanna di dovermi accontentare di vedere una squadra del Bel Paese non subire un’imbarcata di Coppa. Auspico un cambiamento a partire dalla prossima stagione...