Io sono sempre stato fermamente convinto che il calcio non dovesse mai essere considerato come mezzo di rivalsa per una città e per un popolo, infatti io questo mondo l’ho da sempre considerato come appartenente al mondo dell’irrazionale. Si diventa tifosi perché magari da bambino ti piacevano i colori delle maglie di una squadra piuttosto che di un’altra oppure perché in quel momento il tuo idolo giocava in questa o in quella squadra. Niente a che vedere con un senso di rivalsa di un popolo su un altro, cose che evidentemente generano solo odio ed emarginazione, ma soprattutto cose che poco o nulla hanno a che vedere con il mondo del calcio. 

È difficile comprendere questa cosa se non ci sei nato e cresciuto dentro, tutt’un tratto anche il più democratico dei popoli quando incomincia a parlare di calcio si trasforma in una sorta di dittatore secondo cui la fede calcistica è e deve essere solo una. Fin qui però diciamo che sono atteggiamenti sbagliati si, ma che restano nel mondo della dialettica pallonara, accettabili fin quando non sfociano in violenza verbale e fisica, come accaduto tante volte in questi anni in diversi stadi italiani. Proprio per questo la Lega e gli organi governativi si sono mossi provando a prevenire questi episodi, provando (senza esito) ad inculcare la cultura del rispetto dell’altro nella testa di queste persone. 

Ma sappiamo come questi tentativi siano caduti nel vuoto. Naturalmente anche le società si sono mosse in tal senso con varie iniziative e sanzioni severe che però o non vengono applicate o vengono applicate male, non generando alcun effetto positivo.
Ma quello che genera stupore è l’atteggiamento a tratti razzista di alcune società che addirittura vietano ad un popolo intero di poter acquistare biglietti per un partita di calcio. 
Un qualcosa di inverosimile, a tratti assurdo, teso (se ce ne fosse bisogno) a generare ancora più odio ed astio. Ed ecco che in un attimo chi prima lottava contro il razzismo adesso si ritrova nella posizione di razzista.
Naturalmente il mio riferimento è a quello che è successo ieri con la Juventus, quando la società bianconera ha deciso di non vendere i biglietti, per la partita contro il Napoli allo Stadium, ai nati in Campania per poi tornare sui suoi passi una volta resasi conto del grave errore fatto e del clamore che aveva causato la notizia.
Nel momento in cui io ho appreso la notizia sono rimasto sbigottito, io che pur essendo nato a Napoli sono da sempre un tifoso della Juve mi sono trovato tutt’un tratto rinnegato dalla società per cui ho sempre tifato. Una scelta indifendibile, a cui è impossibile porre rimedio ma per cui sono doverose delle scuse da parte della società.

Perché da sempre il calcio è stato considerato uno sport di aggregazione in cui tutte le differenze devono sparire ed in cui tutti hanno la stessa importanza. Magari questo va ricordato a tutte queste società che invece hanno costruito un calcio ipocrita, in cui il tifoso diventa meno di zero ed in cui quanto detto ieri viene magicamente dimenticato oggi.