Amo il calcio, sport che ho sempre vissuto con passione e partecipazione. Conservo ricordi ed emozioni che, con tutta sincerità, ho lasciato sfumare per eventi che probabilmente dovrebbero avere un ruolo ben più importante, ma non è stata una scelta, quanto piuttosto porte che si sono chiuse alle mie spalle, senza lasciarmi la possibilità di riaprirle, mentre il calcio ha sempre tenuto vivo, nella mia mente, un percorso chiaro e illuminato da poter visitare ogni qual volta ne senta il desiderio.

Se mi addentro in queste considerazione, dall'aspetto Kafchiano, non è certamente perchè vivo nella terra dello scrittore "tenebroso", ma piuttosto perchè questo sport, così amato e seguito, è in continuo cambiamento, al punto che mi diventa di difficile comprensione capirne la direzione o forse, più realisticamente, dover prendere in considerazione il fatto che il calcio, quello della mia infanzia, quello considerato fra le cose più importanti, oggi ha un'altra valenza. 

Effettivamente come possiamo spiegare e a chi, che il nostro calcio era quello delle partite infinite, giocate sulla strada, che quando cadevi se andava bene erano ginocchia sbucciate, ma se rompevi i pantaloni erano "gazzotti assicurati a casa", con la G, perchè l'unica parolaccia concessa era "stupidino". Ma chi lo spiega a questi calciatori che simulare è levare tempo al divertimento, oppure che se non fai un tunnel al tuo avversario non sei capace di giocare. Possibile che nessun opinionista sia in grado di dire la cosa più semplice al mondo: "era la strada, abbinata a passione e tanta pratica, a formare i calciatori". 

Tentavamo di emulare i Grandi Campioni, che erano in numero ben superiore rispetto ad oggi. Non pensavamo certamente a fare un passaggio facile o peggio, all'indietro, cosa in grande voga nel calcio moderno, perchè non era grave sbagliare, quanto piuttosto non provarci. Cosa differenzia un bambino di oggi da noi? Sicuramente un'agilità ben inferiore. Ho allenato bambini che non sapevano fare una capovolta, che non si sono mai arrampicati su un albero e che hanno pochissima domestichezza con il proprio corpo, ma che sanno palleggiare in modo perfetto. Giocare oggi, per molti di loro sembra uno sforzo, soffocati da impegni di studio che a me sembrano eccessivi o limitati dalle paure o dagli impegni sempre più gravosi dei genitori.

Quello che per noi era solo e puro divertimento, oggi è buisness, poichè qualsiasi sport si voglia fare equivale ad una spesa. Noi facevamo i provini, su campi di fango, non certamente griffati come oggi, mentre i moderni aspiranti calciatori, tutti bellissimi, con una rata mensile calcano campi ben curati, fanno la doccia calda, cosa a noi quasi sconosciuta e giocano in tornei organizzati alla perfezione. Potere del "DIO DENARO".

Quello che non si tiene in considerazione è che, non lasciando il tempo ai bambini, per imparare e migliorare le giocate, cercando scorciatoie sconosciute in altre discipline, dove solo attraverso allenamenti e sacrifici si può arrivare ai vertici, si preferisce esasperare il gioco affidandosi a soluzioni alternative, la tattica, la velocità o la prestanza fisica, per alleviare a doti tecniche sempre più rare e evidenti. Fate una prova, guardando una partita segnatevi quanti dribbling o quanti tiri vengono effettuati con l'esterno del piede, gesti atletici quasi dimenticati, oppure quante entrate in scivolata o falli per impedire il gioco all'avversario.

Chi ama il calcio, chi spera che possa essere immortale sa benissimo che l'unica strada percorribile sono le Scuole di Calcio. Formare i ragazzi e le ragazze attraverso collegi che ne curino la crescita sia culturale che sportiva. Siamo ancora nella fase in cui si cerca in tutto il mondo gli ultimi "talenti naturali", ma fra calo delle nascite ed esigenze di un numero sempre più alto di campioni, veri o presunti, questo circo mediatico necessiterà di un numero sempre maggiore di calciatori. Così come i Romani preparavano i gladiatori, per garantire gli spettacoli più belli, così il Mondo del calcio deve affrontare il futuro pieno di incognite, perchè i Messi i CR7 i Nejmar non sono certamente immortali e il consumismo spinto può portare ad altri interessi, se non alla noia.

Questi stadi così vuoti, il calcio minore abbandonato al suo destino è solo il frutto di un brutto momento da far passare in fretta, oppure l'inizio della fine di un amore che non abbiamo saputo mantenere vivo? Solo domande che forse sarebbe opportuno farsi, poichè ho la brutta sensazione che volendo giocare senza pubblico, insistendo a mettere la testa sotto la sabbia, i danni siano ben superiori di quelli che appaiono in bilancio.