L'ascesa del calcio femminile è sotto gli occhio di tutti ed è fuor di dubbio che è un qualcosa di eccezionale.
Ancora una volta il calcio funge da eccellente metafora sociale. I cambiamenti che, più lenti di quanto dovrebbero, ci avvicinano all'uguaglianza di genere desiderata, sebbene ancora lontana, si traducono nel mondo del calcio sotto forma di una proiezione della lega giocata dalle squadre femminili. Senza la lotta di migliaia di donne per l'equalizzazione dei salari, il riconoscimento del lavoro domestico o il diritto di disporre del proprio corpo come ritengano opportuno in una società etero-patriarcale che, sfortunatamente, minimizza ancora gli abusi, gli stupri o le molestie, non parleremmo ora della proiezione del cosiddetto calcio femminile.

Il calcio è maschio o femmina?
Quando ragazze e ragazzi iniziano a correre dietro a una palla, qualcuno nota il loro genere? Nel calcio, infatti, è comune che i bambini giochino insieme nella stessa squadra. Perché allora poi cambia il modello? Ciò non rafforza l'eternizzazione di un'assurda segregazione? Nessuno anche nel 21° secolo ha preso in considerazione la creazione di squadre in cui ragazzi e ragazze giochino insieme senza distinzioni? Il futuro è creare un campionato di calcio femminile nell'immagine e nella somiglianza degli uomini? È questo il modello da seguire? Lasciatemi dubitare. Negli ultimi mesi, e dopo aver ascoltato numerosi eventi in cui è stato discusso l'argomento, sono rimasto sorpreso dal fatto che molte giocatrici ed ex giocatrici fossero entusiaste dell'idea di una retribuzione superiore da professioniste e dell'equalizzazione dei media con i loro colleghi maschi. Hanno accolto con favore il crescente impatto della Lega femminile, incluso il pubblico televisivo.

Nel contesto attuale, con il business del calcio che spinge al massimo una passione trasformata in semplice merce, non sono molto sicuro che il futuro del calcio giocato dalle donne sia il suo confronto commerciale con quello degli uomini. Il processo, infatti, è già iniziato: molti club blasonati di Serie A si sono dotati di una squadra femminile, mettendo a disposizione strutture e know-how, di conseguenza sono aumentati gli spettatori; è iniziato il processo per uscire dallo status di calcio dilettantistico per passare al professionismo; in altri paesi europei le leghe sono anche dotate di un main-sponsor; inoltre diverse aziende alla ricerca di visibilità intravedono nel calcio femminile una barriera corallina vergine prossima ad esplodere.
Con l’approdo della nazionale femminile alla fase finale del Mondiale, disputatasi quest’estate in Francia, vi è stato un notevole ritorno di visibilità per tutto il movimento. Le ragazze di Milena Bertolini sono entrate nel cuori di un po’ tutti i tifosi o semplici appassionati di calcio, ma anche solo di sporadici curiosi che escono sempre nei grandi eventi e manifestazioni. Nomi come quello di Sara Gama o di Barbara Bonansea sono adesso noti quasi a tutti. Cosa impensabile fino a qualche anno fa. Quindi non sorprende che i media prestino attenzione anche alle donne calciatrici dopo anni in cui sono state ignorate… Un nuovo prodotto preparato per il consumo di massa.

Stiamo davvero affrontando un passo avanti positivo o è l'inizio del tramonto?
Il denaro dovrebbe essere lo stimolo proiettato dal calcio giocato da ragazze, adolescenti e donne? Ora tutto sembra bello ma se guardiamo con attenzione i referenti mondiali di questa disciplina, che sono gli Stati Uniti e il Giappone, allora ci accorgiamo che forse non è tutto così. Siamo passati da quegli eventi sporadici e, anche a volte, folk, a un calcio d'élite giocato da atlete sempre più professioniste. Alcune, tra cui la giapponese Homare Sawa, l'americana Mia Hamm o la brasiliana Marta, sono diventate eroine idolatrate nei rispettivi paesi. Ma tutto ciò che luccica non è oro. In Giappone, una società con ruoli di genere estremamente segnati dalla tradizione e dalla diffusione del confucianesimo, il calcio è uno sport relegato in scuole e università. Le discipline con il maggior seguito sono il baseball e il sumo. Pertanto, per molti studenti, il calcio è la fuga da un ambiente profondamente tradizionale in cui le donne, anche nella maggioranza, sono relegate nella sfera domestica. Negli Stati Uniti, il calcio (il soccer) è anche uno sport eminentemente universitario il cui impatto è incomparabile con quello del football americano, del baseball o della NBA. Per molti americani, giocare a calcio è sinonimo di divertimento, piacere, sport all'aria aperta, salute.

Tuttavia, la graduale professionalizzazione dei club femminili ha causato l'abbandono della pratica da parte di molti giovani. ù
Il motivo: la pressione a cui sono stati sottoposti aumentando la competitività. Questo posso dirlo con cognizione di causa, poiché di recente un’amica di mia nipote mi ha confessato come il calcio fosse la sua passione ma che ha smesso di giocare perché non era più divertente. Mi è dispiaciuto veramente, anche perché era abbastanza brava secondo me. Con la recente decisione di fare un nuovo impianto a Milano, non sarebbe poi tanto strano se San Siro, la scala del calcio, fosse usato anche per le squadre femminili di Milan ed Inter. Cosa ci può essere di più bello se non fantasticare un giorno di pestare quel prato davanti a migliaia di spettatori che ti incitano e cantano cori per te e per la squadra. Però poi ogni settimana vedi che oltre a tutto il bello che può darti il calcio c’è anche una parta malata. Il risultato ad ogni costo genera invidie e gelosie tra squadre rivali e ciò spesso sfocia nella stupidità di taluni pseudo tifosi. Invece di incitare la propria squadra, inneggiare ai propri beniamini, esaltare il proprio territorio... si sceglie di offendere calciatori avversari, spesso anche discriminati per il coloro della loro pelle, o schernire i rivali in base alla propria provenienza. Per non parlare delle polemiche generate dal var e da episodi più o meno dubbi. Questo semplicemente non ha nulla a che fare col calcio. E giustamente lei non voleva tutto questo. Voleva solo divertirsi con spensieratezza come dovrebbero fare i ragazzi e ragazze.


Spero che il calcio femminile abbia il proprio riconoscimento, giusta visibilità e pari opportunità come quello maschile, però auspico che non si perda l’autenticità e la genuinità del gioco in seguito al professionismo. Senza l’esasperazione portata agli estremi, con un lato più umano e sensibile, come sanno essere le donne, penso si ci divertirebbe di più. Inoltre posso notare come all’estero, dove appunto non si vive il calcio in maniera così viscerale come da noi, soprattutto dopo la partita, le squadre rendono meglio.
Anche se so che questo è molto difficile e quindi forse dovremmo prendere atto di un futuro non troppo lontano di tale realtà anche nel calcio femminile.