Quando si parla di calcio le parole d'ordine oramai sembrano essere business, doping, calciopoli, corruzione, stipendi, VAR, veleni. La passione sembra essere una cosa d’élite, o peggio ancora, come l'ago nel pagliaio. Eppure basta poco per capire che non è così nel momento in cui il calcio vive forse la sua più profonda crisi dal secondo dopoguerra. Un calcio che deve rigenerarsi e che con i problemi del coronavirus ha visto andare KO i campionati minori, spazzati via, società che verranno cancellate, e soprattutto si è assistito all'azzeramento di spese pazze. Non uno ma cento passi indietro per un calcio che deve rivedere i propri costi e ritornare più umano ed equilibrato. Con campionati equilibrati, paradossalmente, come non succedeva da tempo, dove squadre con valore di un miliardo di euro vengono piegate da rose con un valore di 800 milioni di euro in meno. Quasi una rivoluzione.

Ed è quello che è capitato in Premier. Al povero, per dire povero, Liverpool di Klopp. Certamente bersagliato da clamorosi errori arbitrali, il VAR sembra quasi essere contro il Liverpool, da infortuni, gioca senza difensori centrali naturali, da sfiga clamorosa, goal mangiati con portieri diventati super eroi, e in più ci si deve mettere che tutte le squadre che affrontano i Reds giocano a mille ed il Liverpool ultimamente non riesce ad ingranare. In tutto ciò accade che quando un mister di una squadra avversaria batte il Liverpool, si inginocchia e piange. Klopp, suo idolo, si avvicina e lo saluta con un colpetto. E Hasenhüttl che ha appena battuto il Liverpool non crede al miracolo compiuto dalla sua squadra. Quelle lacrime hanno dimostrato che nonostante tutto il calcio è ancora vivo. E questo è forse il messaggio più bello che ci regala questo inizio 2021.