Nico ha 9 anni e un sogno nel cassetto: giocare a pallone e seguire le orme del proprio idolo, Paulo Dybala. E con la viscerale passione e il coraggioso slancio, che solo i bambini e i sognatori possono rivendicare, Nino apre quel cassetto e dà voce al proprio sogno, raccontandolo in una canzone. Sulle note di “Fai rumore”, ultimo successo di Diodato, canta “Sei un campione”, una dichiarazione d’amore tenera e sincera, una dedica al numero 10 bianconero, che infondo è una dedica al calcio.

Fino a ieri non conoscevo Nico. E in realtà a parte la sua età, il suo nome e la canzone pubblicata su Facebook dal papà, di lui non so molto altro. Tuttavia, mi sembra di conoscerlo da sempre. Forse perché Nico mi ricorda Nino, il bambino della “Leva calcistica del ‘68” di De Gregori: Nino, un ragazzo dalle spalle strette che, mettendo tutto il proprio il cuore dentro ad un paio di scarpini da calcio, riesce a superare la paura di sbagliare un calcio di rigore.
Forse perché Nico mi ricorda me alla sua età. Anch’io scrissi una filastrocca riprendendo l’inconfondibile motivetto della sigla di un cartone animato, allora seguitissimo, Holly e Benjy –  chissà se Nico lo conosce – e dedicai quella canzone ai tre assi dell’attacco bianconero degli anni ’90: Del Piero, Vialli e Ravanelli. Non avevo, ahimè, le doti canore di Nico né esistevano i social in quegli anni: così quel ritornello appassionato e, anche un po’ stonato, rimase tra le pagine del mio diario di scuola. O forse perché Nico di 9 anni, ma anche Nino di 13, rappresentano il bambino, più o meno cresciuto, che c’è in ciascuno di noi.

Il bambino che si emoziona di fronte alla giocata decisiva del proprio idolo, che sogna di emularne le prodezze, e che esulta alla sua maniera, nascondendo la testa dentro la maglia o, per tornare ai giorni di Nico, coprendo il volto con la mano, a simboleggiare la maschera del gladiatore.

“Da grande voglio diventare tanto forte come te, e lo so, mi dovrò allenare con tanto impegno”. Ma è anche il bambino che della giocata del proprio campione apprezza non solo la bellezza del gesto tecnico, ma anche il sacrificio, il lavoro e l’impegno che di quel gesto sono l’essenza.“Ho capito che la numero 10 la meriti te” – canta Nico. Sì perché giocando a calcio ha imparato che è sacrosanto premiare il talento e il lavoro, per questo la maglia più pesante è sulle spalle di chi ha dimostrato sul campo di essere un campione.

La canzone di Nico è un inno al calcio, al calcio così come lo vedono gli occhi di un bambino: “Sai Paulo cosa penso, che mi fai sognare… e quando segni mi fai emozionare”. Il calcio è questo: sogno ed emozione. Due forze potentissime. Quelle stesse forze che hanno permesso ad un bambino di Laguna Larga di crescere più in fretta dei coetanei fino a vestire la 10 di una della squadre più forti d’Europa; che fanno urlare di gioia e piangere di delusione i tifosi in ogni parte del mondo; quelle stesse forze che hanno ispirato poeti e cantanti,  e i giornalisti che del calcio riescono a scrivere fiumi di parole anche dopo che il calcio si è fermato; quelle stesse forze che portano un giovane tifoso a dedicare una canzone d’amore al proprio eroe.

Poi c’è chi, al pari di un bambino troppo cresciuto o di un innamorato deluso, ha dimenticato quanto era bello, da piccoli, impazzire di gioia per un pallone che gonfia la rete. Lo ha dimenticato come si dimenticata un sogno al proprio risveglio, per il fatto stesso di destarsi e diventare adulti. Oppure lo ha dimenticato scegliendo di farlo perché nel frattempo, quella passione pura e bellissima per il bambino, agli occhi dell’adulto ha svelato un lato di sé più oscuro.
Grazie a Nico di 9 anni, ma anche a Nino di 13, e a ogni bambino che scalpita dentro ciascuno di noi, grazie, perché ci ricordate che il calcio è fatto della stessa sostanza dei sogni.
E forse anche Nico un giorno realizzerà il suo di sogno, giocare al fianco del proprio idolo.
Ma se il destino ha in serbo altro per lui, qualunque cosa questo sia, gli auguro di portare sempre dentro di sé il Nico di 9 anni, che del calcio aveva appreso la vera essenza: la forza di sognare, la capacità di emozionarsi, la tenacia nel sapersi rialzare dopo ogni caduta, la gioia folle e incontenibile che si prova dopo aver messo a segno il proprio personalissimo, e temutissimo, calcio di rigore.